Se nelle ultime settimane non abbiamo assistito a una proliferazione di articoli e discussioni con oggetto la fantascienza di The Orville è solo perché la serie non è una produzione Netflix, HBO, o qualunque altro network che richiami l’attenzione e metta in allerta le penne della critica prima ancora di essere entrati nel merito.

The Orville è una serie Fox fortemente voluta da Seth MacFarlane appassionato di fantascienza, fan di Star Trek, science nerd a tutto tondo e gallina dalle uova d’oro della FOX: suoi sono infatti Family Guy, American Dad! e The Cleveland Show, ed è sempre (anche) grazie a MacFarlane che si è reso possibile il ritorno di Cosmos.

Nel 2017 si è verificata la curiosa coincidenza per la quale da una parte abbiamo avuto The Orville nata come un omaggio scanzonato alla fantascienza in generale e a Star Trek nello specifico, dall’altra Star Trek Discovey che come dichiara esplicitamente il nome è uno Star Trek a tutti gli effetti. Alla resa dei conti, però, tra le due è stata proprio The Orville la serie maggiormente in grado di cogliere lo spirito che ha animato le avventure dell’Enterprise mentre Discovery doveva ricordarci a ogni pie’ sospinto, e spesso in modo pretestuoso, di far parte del franchise a cui assomigliava pochissimo, il che è stato quasi un peccato perché se la serie non fosse stata concepita per far parte del nuovo universo espanso trekkiano sarebbe stata un ottimo prodotto originale. In ogni caso entrambe le serie sono migliorate nettamente durante la seconda stagione con The Orville che ha mostrato una rara intelligenza e padronanza nel gestire i canoni classici del sci-fi, rivisitarli con personalità, e farli stare comodi in uno show che nasce quasi come una comedy.

The Orville

Il limite registrato da The Orville nella prima stagione è stato nel suo creatore: Seth McFarlane si è talmente ritagliato addosso il ruolo del capitano Ed Mercer che più che all’introduzione di un personaggio abbiamo assistito alla messa in scena della sua personale fanfiction con il risultato di vedere le evidenti potenzialità dello show soffocate dall’ego del suo creatore che ha zavorrato la serie con un discreto carico di maschilismo.

I fatti pregressi. Nella prima stagione di The Orville Ed Mercer (MacFarlane), una volta scoperta la moglie Kelly (Adrianne Palicki) a letto con un alieno, è alla deriva finché non viene richiamato in servizio come capitano della Orville. A procurargli il lavoro e garantire per lui è, a sua insaputa, proprio la ex moglie che ne diventa primo ufficiale mettendo da parte le proprie ambizioni personali. Iniziare una serie con il povero uomo tradito e distrutto da una donna fedifraga non è il miglior biglietto da visita in fatto di apertura mentale soprattutto se l’intento è quello di esplorare nuovi mondi e confrontarsi senza pregiudizi con civiltà diverse dalla propria. Naturalmente oltre al cosa conta il come, e il come in questa dinamica si sviluppa con Kelly perennemente con il capo cosparso di cenere mentre la parte maschile di equipaggio non si risparmia in battute sulla condotta morale di lei. In tutto questo il capitano si riserva il diritto di alternare frecciate a lezioni di superiorità: Ed Mercer nelle intenzioni avrebbe dovuto rievocare il capitano Kirk, ma all’atto pratico nel corso della prima stagione ricorda una versione edulcorata del capitano visto nell’episodio Uss Callister di Black Mirror.

La seconda stagione, per fortuna, riparte dai punti forti – l’esplorazione dello spazio, il confronto con culture aliene – lima l’egomania di Mcfarlane, abbassa il volume del casual maschilism, e si concentra sulla trattazione dei topoi del genere fantascientifico. Il season finale è a un passo dal diventare un concentrato di tutti gli errori fino a quel momento evitati, senza neanche rendersene conto MacFarlane rende il capitano colpevole di un evidente caso di molestia sul lavoro, ma nell’ultima mezz’ora l’episodio volta pagina per approdare a un finale inaspettato.

The Orville

Da qui in avanti SPOILER.

I primi episodi della seconda stagione, seppur godibili, possono trarre in inganno e far pensare a una virata verso i toni e le situazioni da rom-com, ma la linea scelta è un mezzo per approfondire la conoscenza dell’equipaggio e nel mentre trattare argomenti quali la dipendenza da porno, i conflitti all’interno di un matrimonio, e l’identità di genere. L’arco narrativo centrale si sviluppa però su due temi imprenscindibili dalla letteratura sci-fi: la possibilità per una macchina di provare sentimenti (esempi recenti Her, Ex Machina, Blade Runner) e il rapporto macchina-uomo (I, Robot, Terminator, Ghost in the Shel, Westworld, Person of Interest). In The Orville i due argomenti sono interconnessi e quello che parte come una situazione bizzarra, la dottoressa Claire Finn (Penny Johnson Jerald) inizia a provare sentimenti per Isaac una forma di vita artificiale, diventa a sua volta il mezzo per approdare a un altro classico della fantascienza: la rivolta delle macchine contro l’uomo.

Claire si sorprende nel provare sentimenti per Isaac, l’ufficiale scientifico della Orville, una forma di vita artificiale che reputa se stessa e la sua specie di appartenenza superiore a qualsiasi altra forma di vita biologica. Isaac è un ottimo insegnante per i figli dei quali ha conquistato la fiducia e perfino l’affetto, si produce in gesti frutto di calcoli logici ma recepiti da Claire come premure verso la sua persona e, quando le circostanze lo permettono, Isaac si rivela perfino un ottimo ascoltatore e un altrettanto ottimo partner dialettico.

Ma a questo punto dovremmo cercare di ragionare su cos’è l’amore e a quale tipo di bisogni risponde. In Lady Bird alla protagonista viene detto che l’amore è una forma di attenzione, e vice versa – “Don’t you think maybe they are the same thing? Love and attention?”- e se interpretiamo l’episodio con questa chiave di lettura ecco che le fantasie romantiche della dottoressa diventano facilmente comprensibili, mentre resta da esplorare il perché Isaac acconsenta di impegnarsi nel far funzionare un rapporto che poggia su una necessità solo umana, per giunta con tutto il corredo di convenzioni sociali che comporta. Ma una storia d’amore è anche, spesso, la sua fine ed è proprio nel mostrare in che modo la conclusione dell’esperienza incide su Isaac che l’episodio sfoggia un acume inconsueto e a suo modo quasi poetico, discostandosi contestualmente da un episodio a tema analogo di Star Trek Genereation  (In Theory 4×25) a cui questa  puntata di The Orville è stata accostata ma con la quale condivide solo gli elementi più superficiali.

the orville 2

Ma, come anticipavo, l’evoluzione del rapporto tra la dottoressa e Isaac assolve a una doppia funzione: oltre a ragionare sull’eventualità che un’ intelligenza artificiale possa provare dei sentimenti, il percorso di avvicinamento di Isaac al mondo umano non si esaurisce in questa avventura ma diventa decisivo nel momento in cui dovrà rientrare nei ranghi della sua specie, quella dei Kaylon. L’ufficiale, infatti, non è solo un membro dell’equipaggio ma anche la liason tra la Federazione Planetaria e la sua specie riluttante a unirsi alla Federazione e in attesa di un dettagliato rapporto di Isaac sulla sua esperienza a bordo della Orville per prendere una decisione. Le apparenti buone prospettive di accordo tra i Kaylon e la Federazione si trasformano lentamente e insidiosamente in una guerra di conquista le cui premesse poggiano proprio sul rapporto tra macchine e creatori delle stesse, autodeterminazione e libertà individuale, tematiche che The Orville padroneggia con tocco leggero ma efficace nell’arco dell’intera stagione, coniugando la fantascienza da space opera a quella più intima dell’indagine dell’essere umano e delle sue necessità in un’era di progresso tecnologico come mostrato anche dalle ultime due puntate di stagione.

The Orville è ottima fantascienza veicolata da valori produttivi che rendono facilmente felice l’occhio degli appassionati, per il definitivo salto di qualità manca solo qualcuno che spieghi a MacFarlane che far dare al protagonista un ultimatum alla propria ex moglie e primo ufficiale del tipo “Se non sei disposta a darmi una seconda possibilità allora io [inserire cosa sgradita alla diretta interessata]” non è sviluppo del personaggio ma è molestia, per di più molestia sul luogo di lavoro perpetrata da un superiore.

The Orville è trasmesso in Italia da Fox.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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