La sera del 19 aprile 1989 la allora ventottenne Trisha Ellen Meili, che viveva nell’83ª strada tra York Avenue e la East End Avenue nell’Upper East Side di Manhattan, uscì per andare jogging a Central Park. Venne ritrovata il mattino dopo in coma, dopo aver subito terribili violenze e uno stupro. Nonostante l’assenza di prove furono mandati a processo con l’accusa di aggressione, rapina, rivolta, stupro, abuso sessuale e tentato omicidio, cinque ragazzi, quattro neri e un ispanico, di età compresa tra i 14 e i 16, che furono costretti a confessare fatti mai compiuti. La loro unica colpa era stata quella di trovarsi “al posto sbagliato, nel momento sbagliato”…

When They See Us, che racconta in quattro puntate e poco meno di cinque ore l’evolversi della vicenda dei protagonisti e del microcosmo in cui vivono (e crescono), non si propone come classico legal drama, ma cerca, con ottimi risultati, di delineare una storia di più ampio respiro: non calca la mano con sequenze eccessivamente drammatiche (altrove il corpo pesto e martoriato della povera XXX sarebbe stato mostrato con dovizia di particolari, idem dicasi per le scene di violenza nelle carceri), ma riesce comunque a rendere in modo assai efficace il dramma di cinque ragazzini catapultati loro malgrado all’inferno, per una serie di circostanze incredibilmente sfortunate ed un clima di ostilità frutto del letale mix di razzismo, pigrizia investigativa ed esasperazione.

When They See Us è una serie dichiaratamente antirazzista (ma mai retorica, tant’è che i protagonisti sono rappresentati sì come vittime del sistema giudiziario e del pregiudizio di larga parte dell’opinione pubblica, ma anche come persone “problematiche), ma dà il suo meglio quando dimostra come una singola, innocua, decisione sbagliata possa portare alla rovina una vita che altrimenti scorrerebbe tutto sommato tranquilla. Il contesto, fatto di Pm stolidi e poco interessati alla verità, poliziotti “sbrigativi”, carceri violente e media assetati di scoop ad ogni costo è immediatamente riconoscibile per lo spettatore medio. A questo però viene aggiunta una insolita dose di inquietudine, perfettamente incarnata dai ragazzini e relativi genitori, che si trovano all’improvviso in un tritacarne da cui non solo non sanno uscire ma che finiscono per rendere ancora più pericoloso e spietato.

Ava DuVernay, reduce dall’atroce A Wrinkle in Time, probabilmente il film più stupido, insulso e inutile che Disney abbia prodotto negli ultimi 10 anni (sì, peggio pure di John Carter e The Lone Ranger), riacquista una certa sobrietà e riesce a mantenere in equilibro la storia sfruttando il maggior tempo a disposizione datole dal formato della miniserie (oggettivamente il migliore, visto che non rischia di sbracare come capita spesso con le serie tv multistagionali e permette un approfondimento dei personaggi quasi impossibile da ottenere con un film di due ore). Gran parte del merito della riuscita della serie va tuttavia ascritto al magnifico cast, composto per lo più da nomi poco noti al pubblico mainstream, che conferiscono la giusta umanità ed empatia ai personaggi, sia nella loro versione “teen” che adulta.

In una di quelle sequenze che capita spesso vengano citate anche da chi non ha visto la serie e ne ha solo sentito parlare su siti generalisti, fa la sua comparsa anche l’attuale Presidente degli USA, Donald Trump, che ai tempi aveva speso ingenti somme per chiedere sui giornali la pena di morte per i cinque ragazzi, cavalcando l’onda mediatica e dimostrando di essere già ai tempi piuttosto “abile” (si fa per dire) nel far parlare di sè (anche a sproposito, qualità questa che gli è rimasta, tant’è che pochi giorni fa, a vicenda oramai chiarita e conclusa, ha riaffermato di essere certo della colpevolezza dei cinque “perchè avevano confessato”…oh, my!).

Assieme all’acclamato Chernobyl, When They See Us è una delle migliori nuove serie del 2019 e dimostra che, nonostante abbia dichiaratamente preferito la quantità alla qualità dei suoi contenuti, Netflix ogni tanto sa ancora proporre prodotti degni di lode.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , ,
Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

Similar Posts
Latest Posts from Players