Dopo la battaglia finale che ha visto gli Avengers sfidare Thanos e il suo esercito, Peter Parker torna a scuola e ritrova gli amici di sempre, con i quali parte per un viaggio in Europa. I guai però non sono finiti e l’eroe viene reclutato da Nick Fury per indagare sull’apparizione di nuovi, misteriosi personaggi…

Aveva proprio ragione Kevin Feige, il mastermind del Marvel Cinematic Universe, a sostenere che sarebbe stato Far from Home e non Endgame a chiudere il cerchio della decennale saga delle Gemme dell’Infinito. Sì, perchè se in Endgame si racconta la fine del percorso degli Avengers e la sconfitta di Thanos (possiamo dirlo adesso, vero?), in Far from Home sono le conseguenze dello snap e dello scontro finale a farla da padrone. Dalle battaglie universali alla vita di tutti i giorni, dall’ infinito all’ordinario, la “legacy”, l’eredità di Tony Stark e degli altri eroi passa sulle spalle dei più giovani e, nella fattispecie, su quelle di Spider-Man, ancora non troppo consapevole dell’impresa che lo aspetta.

Far from Home inizia lentamente (la prima mezz’ora è di una noia mortale), ma si riprende con l’arrivo di Nick Fury, di Mysterio e degli Elementali. Le sequenze a Venezia e Praga brillano per spettacolarità e il rapporto tra Mysterio e Spider-Man, col primo che sembra andare a colmare il vuoto affettivo e “professionale” lasciato da Stark, sorprende e incuriosisce. Il film cambia radicalmente tono rispetto agli spesso drammatici ed epici ultimi episodi degli Avengers, restando nel solco della commedia-teen-action proposta con successo ai tempi di Homecoming.

Gran parte del merito della complessiva, seppur non entusiasmante, riuscita di Far from Home va ascritto prevedibilmente a Jack Gyllenhaal, che conferisce al personaggio di Mysterio un’adeguata aura di carisma e ambiguità. Sotto un certo punto di vista il suo Quentin Beck/ Mysterio è la versione “light” del personaggio che aveva interpretato in Nightcrawler: mosso dalla stessa brama di essere riconosciuto e riconoscibile e adeguatamente paranoico. Anche Holland però ci mette del suo e riesce a giostrarsi bene tra microdrammi, commedia e romance (questa nettamente la parte più debole della storia), confermando l’abilità di Marvel nei casting delle proprie produzioni.

Far from Home funziona sia come cinecomic che come commedia action: nonostante lo script di Chris McKenna ed Erik Sommers abbia qualche lacuna e tenda ad incartarsi su alcune gag non troppo riuscite e i soliti spiegoni, il film è divertente, commovente e rientra perfettamente nel solco delle produzioni Marvel ben riuscite, anche grazie ai soliti pazzeschi effetti speciali e ai valori produttivi over the top. Certo, spesso si rimpiange la freschezza e l’originalità di Into the Spider-Verse, che resta di gran lunga il miglior Spider-Man movie mai realizzato e che Marvel dovrebbe osservare attentamente prima di procedere con altri progetti sul personaggio.

A dire la verità, alla fine del film, impreziosita da due delle sequenze di mid ed end credits più riuscite dell’intera storia del Marvel Cinematic Universe (non lasciate la sala, ne vale assolutamente la pena), il dubbio se Spider-Man possa davvero raccogliere il testimone da Iron Man e compagnia persiste. Davvero può esistere una saga di cinecomics senza IronMan, il Cap e gli altri Avengers? La risposta l’avremo a partire dal prossimo anno, ma noi ce la siamo già data.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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