L’adattamento televisivo dell’opera culto di Garth Ennis, The Boys, ha riscosso un’enorme successo di pubblico e critica, mostrando una totale avversione per un fittizio divismo legato al mondo supereroistico. Il processo di assimilazione dei superumani allo star system è l’elemento principe della narrazione che nella sua incarnazione originale presenta estremismi persino maggiori rispetto alla trasposizione derivata.

Nato dal connubio tra il geniale Garth Ennis e il non meno geniale Darick Robertson, The Boys narra le imprese di una squadra di individui impegnati nel contrasto dei supereroi. Un impegno dettato non solo dal dilagare di soggetti potenzialmente catastrofici, ma soprattutto da crociate personali che i noti protagonisti indicono contro l’intero sistema. Il totale diniego di Ennis nei confronti dell’iconografia supereroistica è evidente, lampante: una completa avversione per la mitopoiesi a cui il genere pare ammiccare, declinando l’immagine del supereroe a divinità moderna.

Può la figura del mutante, dell’esule alieno o del super soldato rappresentare una visione caustica della realtà? Garth Ennis dice sì, evidenziando come il loro sottotesto sia costituito però da puro edonismo. Ovviamente si tratta di una mera esagerazione stilistica, quasi divertita, d’altronde sarebbe ipocrita non considerare le innumerevoli letture colme di significato sociale che il fumetto supereroistico ha spesso affrontato (vedasi gli ideali positivi incarnati nella figura di Starlight); eppure Ennis sembra non volerlo considerare, soffermandosi sulla sua personale antipatia per maschere e mantelli.

In maniera non dissimile da quanto avviene nel Ruins di Warren Ellis, gli eroi che infestano il mondo creato da Ennis sono patologicamente sporchi, viscidi, dediti alla depravazione, più semplicemente stronzi. Una parafrasi della realtà hollywoodiana, dove la superficie mostrata non corrisponde quasi mai al vero, e che in realtà cela personalità tutt’altro che encomiabili. L’autore tratta le maschere come dei borghesi colmi di vizi, dipingendoli negli intenti più estremi ed esilaranti, orge comprese. Nella serie televisiva, la critica è rivolta primariamente all’intero conglomerato che gestisce gli eroi come un franchising, un vero e proprio brand milionario fatto di diritti sul merchandising e film al cinema; aspetti solo in parte presenti nell’opera originale, che al contrario cerca di decostruire e ricostruire l’immaginario di ogni singolo soggetto utilizzando la volgarità come veicolo per descrivere l’innato marciume del mondo supereroistico.

Per quale ragione Butcher e compagine si accaniscono così duramente contro i super? Lungi da me fare spoiler, non è la trama che voglio raccontare in questo approfondimento, ma è impossibile trattare i Boys senza definire la loro costruzione stilistica. Robertson tratteggia innanzitutto i loro volti in maniera peculiare: Butcher per esempio viene raffigurato perennemente con questo sorriso beffardo, a tratti inumano, quasi a sottolineare una sottintesa insania o una profonda repressione emotiva; il Francese è un joker nel senso stretto della parola, visivamente gracile e glabro, ma de facto estremo, forte e violento, aggettivi utilizzabili anche per La Femmina, apparentemente importata direttamente da un classico dell’horror giapponese.

Integrità morale e attitudine sono ciò che al contrario distinguono Latte Materno, il lato ragionevole e strategico del gruppo. Al di là del quartetto originale, la costruzione più rilevante è riservata poial piccolo Hughie, simbolo vivente dell’immoralità dei super, –  sono gli eventi che susseguiranno il tragico prologo a far avvicinare Butcher a Hughie – un volto carico di innocenza e incoscienza, introdotto dalla forza degli eventi in un gioco fatto di oscenità e ingiustizia. Sarà infatti l’ingiustizia a essere catartica, quasi propedeutica per il nostro Hughie, convincendolo che porre un freno alle scorribande dei super sia la cosa giusta da fare.

Volendo attenerci a un qualsivoglia manuale di scrittura creativa, dovremmo definire i nostri ragazzi degli antieroi, individui né di qua né di la, non immorali, ma privi di quel forte senso dell’etica che il decoro (e qualche dogma censorio) riserva agli eroi. Mai distinzione fu più giusta. Il gruppo non trattiene i colpi, spesso ricorrendo a bassezze degne del più vile fra i vili: istigazione, ricatto e pugni, soprattutto i pugni. Una forma mentis quasi anti-sociale quella adottata dai Boys, ed è proprio questa loro natura ideologica a rispondere alla domanda di cui sopra: perché perseguitano i supereroi? Costoro, i super, rappresentano un sistema, una bolla di pensiero in cui l’adorazione di false divinità definisce appieno il decadimento di un popolo, costantemente edulcorato dai sgargianti (e spesso provocanti) costumi bicolor dei propri eroi e delle proprie eroine.

Eppure Ennis non si limita a tradurre questa adorazione hollywoodiana, ma si sofferma anche su un altro grande elemento di questa realtà: la vergogna. Dal caso Weinstein alle accuse a Kevin Spacey passando per Polanski abbiamo appreso quanto questo sistema possa essere ostracizzante e perentorio. Indipendentemente da colpevolezza o innocenza, questo mondo necessita di sacrificare qualcuno all’onta della vergogna mediatica, una sorta di macabro rituale moderno, un simbolismo fortemente presente anche in The Boys. Proprio la vergogna risulterà essere il più potente deterrente nelle mani di Butcher. Non a caso, ogni qualvolta le perdizioni dei super vengono rese pubbliche, la seguente rassegna stampa indetta dal relativo supergruppo porterà sempre e comunque alla designazione di uno di loro quale capro espiatorio: la vittima sacrificale. Dopo di che squadre di copywriter redigeranno storie ad hoc per smontare la faccenda senza far ricadere la scure mediatica sull’insieme, mostrando quindi la complicità di un sistema giornalistico fin troppo addomesticato.

Proprio la costruzione dell’identità del super mostra un’ulteriore aspetto che Ennis intende portare all’attenzione: l’ennesima falsità del mito. Parodiando proprio il canone fumettistico, dove il Superman di turno altro non è che un rifugiato di un mondo distrutto, in The Boys è invece la multinazionale a definire questa paternità, costruendo l’origine di individui altrimenti comuni. Non molto diverso da un brevetto commerciale. D’altronde l’unico scopo della Vought American è quello solito: far soldi.

Ovviamente non occorre che vi dica che l’immagine mostrata dei super è a sua volta una parodia; una sorta di caricatura idiota dei più celebri volti di Marvel e DC (proprio la casa di Burbank ritenne The Boys dannoso per la vendita dei suoi prodotti). Queen Meave, A-Train, Abisso, tutti volti traslati direttamente dal immaginario collettivo e tutti profondamente corrotti per prendere parte all’opera di Ennis. Ho tralasciato Patriota per ovvie ragioni: questo non solo rappresenta la commistione dei due fra i più celebri volti del panorama fumettistico, ma già solo nel nome – in originale The Homelander – incorpora la megalomania e il fascismo che di fatto il personaggio suggerisce.

Ho sempre sostenuto che la penna di Garth Ennis sia una delle più politiche di sempre, spesso ridotta a pura critica sterile da parte di chi riesce a limitarsi dalla scurrilità. Eppure con The Boys, e molto più brutalmente con Crossed, ha dimostrato come estremizzazione e scandalo riescano a funzionare anche come veicolo di impegno civile. Ennis ci salverà tutti dalla pochezza.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , , ,
Similar Posts
Latest Posts from Players