Canicola Edizioni porta in Italia col titolo di Un ragazzo gentile l’antologia di Shin’ichi Abe pubblicata nei primi anni ’70 su Garo – a eccezione di Miyoko, l’aria di Tagawa, pubblicato per la medesima rivista nel ’90 -, dove viene esplorata la vita dell’autore attraverso una visione fortemente interiorizzata. Lo stile del watakushi inaugurato da Yoshiharu Tsuge viene sposato e tradotto da Abe seguendo una filosofia personale, in cui i lati emotivi vengono messi a nudo seguendo una linea narrativa priva di censure e dogmi. Le problematiche al centro dell’opera sono quelle di una vita vissuta attraverso gli stenti e le crepe comportamentali che non tenta mai di celare, così come i suoi dubbi esistenziali o i suoi problemi di alcolismo. Un mosaico di situazioni rappresentate da stili grafici non sempre uguali, che contribuiscono a distinguere peculiarmente ogni frammento della storia.

Intimismo e sessualità.

Un primo elemento cardine della narrazione di Abe è caratterizzato dall’espressione del suo rapporto con il sesso: le scene di sesso sono diverse e mai banali, mai gratuite, ma non hanno mai nulla a che vedere con la pornografia. In tutte traspare una finezza, ma anche una mestizia non indifferente. I volti delle due parti si intersecano in un gioco di espressioni, come è possibile notare in Spalle Leggere, dove l’amplesso viene consumato seguendo una progressione quasi annoiata, stanca. Una dinamica fortemente diversa rispetto a Nel Cuore di Asagaya, dove assistiamo a una scena prossima al voyeurismo. La carnalità è un tema ricorrente in questa antologia, spesso rappresentata attraverso forme anatomiche – prevalentemente femminili – quasi caricaturali, come in Vita Privata, dove il corpo femminile è indicato come il vero protagonista, assorto costantemente in una forte pulsione, un desiderio da soddisfare. Proprio in questo capitolo assistiamo alla sublimazione del rapporto fra Abe e la sessualità, osservando come la sua rappresentazione costituisca la crepa emotiva più evidente.

La riflessione sull’ambiente.

I palcoscenici che costituiscono il tracciato dell’intera antologia sono l’esatta idealizzazione del mondo di Abe. Luoghi intinti di tranquillità e solitudine, ma anche di un caos calmo assai diffuso nella vita del mangaka. Nel capitolo introduttivo, Il Ragazzo Gentile, ci viene mostrato questo luogo buio e innevato, i cui fiocchi rappresentano il moto degli eventi: lenti, e carichi di una grande calma. Il paesaggio innevato lascia presto spazio a un interno, forse un salotto, in cui il dialogo fra i due protagonisti viene circoscritto a un tavolo, non più un semplice oggetto, ma una dimensione ideale alla funzione dei dialoghi; infine, nuovamente l’esterno, ancora una volta innevato e ancor meglio distinto da campi decisamente più lunghi. L’elementarità di questo scorcio viene successivamente sostituita dalla caotica disposizione dell’abitazione mostrata in Nel Cuore di Asagaya, dove il pauperismo di Abe viene raffigurato attraverso un piccolo monolocale in cui sembra regnare il disordine – forse un’allegoria della vita dell’autore in quel dato periodo. Eppure, come scrivevo poc’anzi, si tratta di caos calmo; perché nonostante la confusione indubbiamente oggettiva, l’atmosfera emotiva che regna nell’abitazione è placida, quasi sospinta verso la noia. Tutti i luoghi mostrati nell’opera rappresentano indirettamente uno strato emotivo dell’autore, che spazia da ambienti soavi a strette vie buie. Ancora una volta, sono le sensazioni scaturite dalle immagini a parlare per Abe.

Quelle note musicali.

Parallelamente all’esternazione sessuale, Abe calca un altro stilema simbolo della propria vita: la musica. Pur non percependo alcuna musicalità, la componente musicale è una parte fondante dell’intero intreccio dell’antologia. Più specificatamente, è piuttosto ovvia la passione dell’autore per la chitarra, oggetto estremamente ricorrente nei capitoli dell’opera. Basti pensare che, nella pagina d’apertura, vediamo proprio l’uomo passeggiare sotto il lume di un lampione, armato di sola chitarra. Questa è onnipresente: imbracciata dal nostro protagonista, o sullo sfondo di uno scorcio. La musica e la sua identità sono la vera e propria costante temporale che permane di storia in storia.

 

Le emozioni attraverso le immagini.

Lo stile grafico di Abe è decisamente peculiare; questo incorpora dettagli ed estetismi che a tratti sembrano ricordare più un certo tipo di fumetto d’autore europeo piuttosto che giapponese; ciononostante, i richiami tecnici al fumetto orientale sono ugualmente presenti. La sua composizione è contraddistinta da svariate sfaccettature stilistiche: passiamo da uno stile più approssimato, quasi cartoonesco tipico del Kodomo, a rappresentazioni decisamente più realistiche, come le meravigliose tavole presenti in A un Passo dalla Solitudine, dove lo stile tipicamente manga viene esternato molto più palesemente. Le anatomie traducono al meglio l’essenza personale dell’opera, tratteggiando profili in pose e situazioni intimiste, ma anche ironiche, definendo di  conseguenza la poliedricità del nostro Shin’ichi Abe. Dal grottesco, al realistico, l’autore graffia gli spazi bianchi delle vignette con vistosi lineamenti traversi, conferendo un’ulteriore aggiunta stilistica a una già variegata gamma illustrativa.

Con uno stile intimista molto Nouvelle Vague, Shin’ichi Abe scrive e illustra un potente manga autobiografico o (attenendoci alla radice letterale) “manga su di me”, facendo scontrare il lettore con estratti di vita dura e, sotto certi versi, proibita. Una biografia forte, passionale e triste, in cui l’autore con un tocco discorsivo, ma a tratti caotico, sottolinea persino la precarietà di un paese (all’epoca ancora lontano dalla bolla economica degli anni ’80) in cui povertà e stenti, in particolare per chi faceva fumetto, erano pura quotidianità. Il watakushi manga è uno stile fumettistico meno desueto di quanto si possa immaginare, eppure, ancora anni luce lontano dai canoni mainstream del fumetto popolare; d’altronde, è proprio questa natura archetipa a rendere il watakushi un’esperienza in misura difficilmente arrivabile dalle grandi produzioni.



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