Ci sono film che fondano il loro successo su una storia ben costruita, ricca di evoluzioni narrative, modulata sull’articolazione degli accadimenti che ne definiscono il ritmo e l’andamento (ne sono un esempio tantissimi prodotti di genere). Poi ci sono film che si disinteressano della storia come giustapposizione di eventi e informazioni, privilegiando una costruzione più libera e una rappresentazione essenzialmente emozionale dei rapporti personaggio/personaggio e/o ambiente/personaggio.

I film che ricadono in questa ultima classificazione, e che appaiono contraddistinti da un moderato intento intrattenitivo, posseggono una spiccata verve evocativa e una capacità di accarezzare i sentimenti più intimi dello spettatore. In genere, il dramma e la commedia costituiscono quelle categorie sommarie e trasversali in grado di adattarsi all’una o all’altra modalità rappresentativa, spesso legandosi o emancipandosi dai generi più codificati. Tra i diversi autori che si sono distinti per l’impegno su entrambi i fronti, dedicandosi al dramma e alla commedia sia nella loro foggia espressiva e rigorosa, sia nella loro disposizione impressiva e svincolata, Woody Allen resta senz’altro il più emblematico. Se Match Point (2005) e Scoop (2006) – che impiegavano modalità narrative diverse e sfruttavano atmosfere antitetiche – rappresentano esempi, pur personalizzati, di prodotti di genere; Midnight in Paris (2011) e Blue Jasmine (2013) – per pescare nello stesso lasso temporale – appaiono invece scompaginati e destrutturati, fluttuanti, fondamentalmente plasmati sugli stati d’animo. Magic in the Moonlight (2014), ad esempio, si attesta come sintesi eccezionale in perfetto equilibrio tra le due modalità ivi descritte.

Più recentemente, colui che meglio ha raccolto l’insegnamento e messo a frutto le strategie compositive alleniane è senza dubbio Noah Baumbach, regista raffinato e abilissimo nella stesura di sceneggiature preziose – dai dialoghi brillanti ma assolutamente autentici – e nell’esercizio e commistione dei generi. Inizialmente interessato alla commedia più o meno amara, Baumbach sembra aver man mano intrapreso un percorso personale in direzione del dramma, un dramma alleggerito da un cinismo arrendevole e pacato, capace di smussare anche gli accadimenti più tragici, ma segnato da un senso di greve ineluttabilità. Con The Meyerowitz Stories (2017) prima e Storia di un Matrimonio (Marriage Story, 2019) ora (su Netflix) il regista newyorkese sembra essere passato dal realismo poetico degli esordi, fortemente ispirato alla Nouvelle Vague, a un esistenzialismo di stampo bergmaniano.

Storia di un Matrimonio – che nella sua composizione episodica e frammentata ricorda proprio Scene da un Matrimonio (Ingmar Bergman, 1973) – racconta la dolorosa separazione tra Charlie (Adam Driver) e Nicole Barber (Scarlett Johansson), una giovane coppia di artisti (lui regista, lei attrice) domiciliati a New York. Tra frustrazioni lavorative e un figlio da crescere (possibilmente senza traumi), Charlie e Nicole provano ad allontanarsi civilmente e silenziosamente, ma scopriranno che il fragore del crollo è il prezzo da pagare per tornare a essere responsabili solo per sé stessi, per i propri successi e fallimenti. Come nel film di Bergman la storia è contraddistinta da una sequela di alti e bassi, di accettazione e rifiuto, di quiete e tempesta, il tutto orchestrato attraverso una messa in scena minimale, fatta di pochi e dosati movimenti di macchina, di lunghe e statiche sequenze di dialogo, di spietati primi piani.

Le due descrizioni iniziali in voice over, in cui i due coniugi si descrivono reciprocamente, sembrano introdurre due ipotetici e meta-cinematografici what if, una sorta di “cosa sarebbe successo se” Scarlett Johansson non si fosse stabilita a Los Angeles divenendo l’attrice famosa che conosciamo, e Adam Driver fosse rimasto a Broadway a occuparsi della compagnia teatrale di gioventù, richiami biografici che funzionano sia come movente simbolico, sia come premessa narrativa, tenendo perfettamente in equilibrio storia e discorso, che analizzano la forza della coppia tra spazio pubblico e privato, recita sociale e autentica intimità. Da non perdere.



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