Ci voleva Checco Zalone per stigmatizzare la figura dell’italiano medio? A quanto pare sì, visto che dai tempi del miglior Villaggio/Fantozzi nessuno c’era riuscito (forse anche perchè nessuno c’aveva provato…). Così, dopo aver affrontato i temi dell’integralismo religioso e del parassitismo statale, Zalone, pardon, Luca Medici (meglio tenere le due “persone” separate), decide di mescolare il tutto in un film a volte sconclusionato, meno divertente dei suoi precedenti, ma decisamente più coeso, efficace e caratterizzato da una seconda parte di rara arguzia, ferocia iconoclasta e intelligenza.

Il protagonista, lasciata l’Italia dopo aver accumulato debiti causati dalla malagestione di un locale, si rifugia in Africa che, almeno inizialmente, non è quella dei “migranti”, ma quella edulcorata dei villaggi turistici, popolati da italiani ricchi, cafoni e disonesti. Zalone conoscerà anche l’altra Africa, pur senza perdere il suo atteggiamento ignorante e vanesio, lungo un viaggio che lo porterà fino a casa, dove lo attendono uno Stato ipocrita (con politici che fanno rapida carriera, pur senza saper usare i congiuntivi) e parenti serpenti.

Tolo Tolo ha sufficiente materiale per far incazzare sia i fascisti (ce n’è un po’ in ognuno di noi ed è come la candida, esce con lo stress e il caldo) che i fascio-progressisti (i grotteschi “festival delle contaminazioni”, i reporter d’assalto milionari che si arricchiscono raccontando le storie sui migranti e poi fanno da testimonial a creme di bellezza), distribuendo, tra una risata e l’altra, sberle a destra e sinistra.

Nonostante la sceneggiatura sia firmata da Medici e Virzì (guarda caso, gli unici due autori capaci di realizzare film di vera denuncia contro i mali e i vizi italiani, vedi Quo Vado o Il Capitale Umano, così’ diversi ma per certi versi così simili), la sensazione è che il primo abbia preso il sopravvento: la prima parte di Tolo Tolo è un po’ sconclusionata, non dissimile dai precedenti film dell’autore, più una serie continua di gag che un film vero e proprio.

E’ nella seconda parte che Tolo Tolo prende coraggio e lavora di fioretto e sciabola con sequenze assolutamente geniali e iconoclaste (i naufraghi che ballano nell’acqua del Mediterraneo come fossero in un musical di Esther Williams, la divisione delle quote migranti trasformata in una versione moderna di una lotteria con tanto di jingle di Ok, il prezzo è giusto, le coperte isotermiche sfruttate come specchi abbronzanti) e un paio di canzoni perfette (la già nota “Immigrato” e un’altra sulle “cicogne strabiche che portano in bambini in Africa”, messa in scena con un tecnica che mescola live action e animazione, altrettanto esilarante e sapida) che lo trasformano da semplice film comico in una satira attuale, pungente ed efficace.

Tolo Tolo incasserà sfracelli (ma, a naso, meno degli ultimi film di Zalone) e metterà a dura prova l’intelligenza degli spettatori e degli Italiani Medi (nell’accezione macciocapatondiana del termine), che probabilmente non si renderanno conto di essere loro, i veri bersagli di un film umanissimo, antirazzista e mai qualunquista.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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