6 aprile, 1917. Blake e Schofield, due giovani caporali dell’esercito britannico, vengono scelti per una missione suicida: attraversare le linee nemiche e avvisare un plotone di commilitoni che sta per cadere in una trappola. Uno dei soldati che avrebbe salva la vita, in caso di successo, è il fratello di Blake, per il quale la missione assume quindi un carattere personale…

Fango e sporcizia, trincee e topi, armi, veicoli ed equipaggiamenti rudimentali: Sam Mendes con 1917 permette al cinema di fare un sensibile passo avanti verso la verosimiglianza nella rappresentazione della Guerra, girando un film che, crediamo, non sarebbe dispiaciuto a Stanley Kubrick. 1917 è infatti un film rivoluzionario e coraggioso: due ore totalmente in esterni, quasi senza montaggio, senza controcampi, girato come se fosse un unico piano sequenza (qualche “trucco” c’è, ma non si vede), che portano lo spettatore ad accompagnare virtualmente i due protagonisti nel lungo viaggio attraverso trincee affollate e campagne desolate, ma non per questo meno ostili.

La Morte può arrivare in ogni momento e presentarsi anche nel più bizzarro dei modi, ma non c’è tempo per metabolizzarla, perchè, anche per chi la scampa, ecco arrivare subito una nuova minaccia, un nuovo pericolo. 1917 guarda a Salvate il soldato Ryan, certo, ma si apre una strada tutta sua, specie dopo un particolare avvenimento, che cambia lo scenario e la prospettiva dei protagonisti. Mendes con 1917 crea quindi un’opera totalmente speculare alla sua altra incursione nel genere bellico, Jarhead, tutto basato sull’attesa beckettiana di un’azione che non arrivava mai: qui si è sempre in movimento (o in fuga), in un moto perpetuo che trova nello splendido finale anche una sua completa circolarità.

Roger Deakins, che si conferma il Dio pagano dei direttori della fotografia (la sequenza dell’”aereo sulla fattoria” è una delle migliori mai girate e tutto il film è clamoroso, da questo punto di vista) e l’eccelsa performance dei due protagonisti semi sconosciuti (George MacKay (Schofield) e Dean-Charles Chapman (Blake)) che “recitano” per due ore di fila senza apparenti interruzioni, conferiscono un plus di realismo, raro da trovare anche nelle produzioni più blasonate. Saggia è la scelta di circoscrivere il raggio d’azione degli attori più celebri (Colin Firth, Mark Strong, Benedict Cumberbatch, Andrew Scott): loro si trovano (nella vita e nel film) su piano più alto e quasi irraggiungibile, danno ordini, mentre il lavoro sporco spetta ai normali, alle reclute, agli spettatori paganti.

Dopo Dunkirk e forse ancora più dell’opera di Nolan, 1917 setta nuovi parametri nell’arte di raccontare la guerra, ma senza dimenticare pathos e cuore: la forma non soverchia il contenuto, il film è solido, appassionante, “credibile” e va dritto nell’olimpo dei migliori titoli bellici mai realizzati.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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