A breve – più precisamente il 24 marzo* – sulla piattaforma streaming più attesa dell’anno, ossia la nuova e fiammante Disney+, sarà reso disponibile Star Wars: The Mandalorian, la serie spin-off creata da John Favreau e prodotta dalla Lucasfilm. Favreau, reduce da una serie di prodotti di indiscussa efficacia espressiva e rinnovata confidence americana – che tanto piacciono alla Disney – scrive The Mandalorian con una cura rispetto all’universo di Star Wars e un’attenzione alla commistione di generi (perlopiù fantascienza e western) davvero inattaccabili, mettendo insieme un prodotto d’intrattenimento narrativamente solido e di grande effetto scenico, tanto che non ci si può non chiedere perché non abbiano pensato a lui per la recente e discutibile trilogia cinematografica…

The Mandalorian, che cronologicamente si situa cinque anni dopo Il ritorno dello Jedi (R. Marquand, 1983) e venticinque anni prima de Il Risveglio della Forza (J. J. Abrams, 2015) – politicamente dopo la caduta dell’Impero e prima dell’ascesa del Primo Ordine – racconta le avventure di un anonimo cacciatore di taglie, Din Djarin/Mando (Pedro Pascal), che viene assunto da un mefistofelico figuro chiamato Il Cliente (Werner Herzog) per portare a termine un’autentica mission impossible, impresa che causerà al mandaloriano numerosi problemi e qualche turbamento morale.

La prima stagione, composta da otto episodi relativamente brevi, si distingue per l’ottima caratterizzazione dei personaggi, per la qualità dell’azione e per la presenza dell’adorabile baby Yoda, vero motore narrativo e commerciale del franchise. Ma soprattutto si distingue per la capacità di replicare, forse anche fuori tempo massimo, il candore filosofico della trilogia originale, introducendovi però una “sana” disillusione tipicamente moderna. L’attenzione ai dettagli (di flora e fauna) e la fedeltà degli scenari restituiscono della cosmogonia di Star Wars tutto l’incanto, mentre la scrittura, minimale e graffiante, contribuisce ad alleggerire il peso narrativo senza risultare prostrante, ma anzi liberandoci una volta per tutte dalla trita ed eccessiva comicità piaciona che contraddistingue i prodotti Star Wars targati Disney.

La formula narrativa di The Mandalorian, che sulle prime appare piuttosto irregolare, è in realtà sempre più frequente nel panorama attuale delle serie tv. Si passa da una struttura seriale a trama orizzontale, che dispiega da subito la storia e ne definisce il ritmo, per passare negli episodi centrali a un taglio procedurale, con episodi autoconclusivi che rallentano bruscamente la corsa, almeno fino agli ultimi due episodi che riprendono il passo tirando le somme. Si tratta di una tecnica narrativa “mista” che permette di esplorare universi piuttosto ampi e potenzialmente infiniti – come può essere quello di Star Wars – senza perdere però il focus sullo sviluppo della storyline principale. Certamente questo modus operandi va, in parte, a limare l’epicità di una storia che discende dalla saga mastodontica che conosciamo, ma considerato che si tratta di un prodotto seriale e che non abbiamo ancora visto incrociare le spade laser, direi che il lavoro fatto fino a questo momento è da considerarsi quantomeno pregevole.

Una seconda stagione è prevista per il 2020, ma c’è da chiedersi se il mandaloriano non sia in grado di spingersi più in là del suo ruolo seriale, perché già così sembra sostanzialmente valere più dei suoi lagnosi corrispettivi cinematografici.

* Il pilot sarà trasmesso in chiaro domenica 22 marzo su Italia 1.



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