Se non avete mai sentito parlare Kristof Von Hofmann, siete in buona compagnia. In fondo, la vostra sola colpa è quella di esservi perso il primo volume di A casa prima del buio, straordinaria ricostruzione a fumetti della vita del più geniale direttore d’orchestra del Reich, realizzata splendidamente da Francesco Moriconi e Emiliano Albano: tranquilli, avete modo di recuperare.

La responsabilità per la rimozione dal ricordo collettivo delle opere e delle gesta di Von Hofmann si deve invece in buona parte alla sue azioni,  alle modalità attraverso cui ha deciso di condurre la sua vita durante gli ultimi anni del regime nazista, ma allo stesso modo anche a quel meccanismo di trasmissione della conoscenza che quasi sempre finisce per escludere dalle sue pieghe gli indesiderati, con tanta più facilità qualora la Storia abbia finito per bollarli come sconfitti o, ancora peggio, sconvenienti.

Se non fosse stato dunque per l’opera di recupero delle (poche) fonti disponibili compiuta da Moriconi e tradotta in immagini da Albano, il passaggio di Von Hofmann su questa terra oggi sarebbe quasi interamente cancellato, rimosso, ritagliato dal racconto più ampio del decennio più orrendo nella nostra storia recente, probabilmente perchè troppo complesso da inquadrare. Descrivere l’intreccio tra vita artistica e privata di Von Hofmann costringe, infatti, a fare i conti col comportamento umano, sia quello collettivo che quello individuale, rivelatore delle natura più recondita e degli istinti più profondi.

Al termine del primo volume avevamo lasciato la figura di Von Hofmann avvolta da numerose ombre e sospetti, sfaccettature che rendevano impossibile comprendere quale delle numerosi voci che avvolgono la sua fama fossero davvero fondate. Forse, semplicemente, tutte. Von Hofmann ha davvero lasciato che il Reich utilizzasse la sua figura pubblica per sfruttarne l’aura di grandezza e non si è mai davvero opposto all’orrore, nemmeno dopo averlo percepito in prima persona durante alla visita al campo di Mauthausen raccontata in questo volume.

D’altra parte, risulta chiaro come un’adesione quantomeno di facciata fosse indispensabile a Von Hofmann per evitare che la sua condotta privata potesse destare più sospetti di quelli comunque riservati a qualunque altra figura pubblica, vista l’abbondanza di segreti celati da chiunque tra le quattro mura domestica. La casa di Von Hoffman, tuttavia, nascondeva un segreto mortale: Ester, la ragazzina ebrea a cui il maestro concedeva lezioni di piano, rimasta nell’abitazione dopo aver assistito alla deportazione della famiglia dalla finestra. Uno slancio di umanità nel contesto di una relazione in cui lo squilibrio di potere è così forte da destare ovvie e comprensibili perplessità sulla purezza degli intenti.

La sequenza di apertura di questo Secondo Movimento, tuttavia, ci rivela come i segreti in casa Von Hofmann fossero decisamente più numerosi di quanto lasciato intendere in precedenza, nonché ben radicati non solo nel passato del direttore d’orchestra, ma anche nelle fondamenta di quella casa dove Ester aveva più volte colto il suo ospite addentrarsi in compagnia di prostitute.

Senza fare spoiler per non rovinare il grosso colpo di scena iniziale su cui poggia l’intero secondo volume, ogni nuova scoperta non fa che aggiungere un nuovo strato di complicazioni nell’opera di valutazione di Von Hofmann, la cui umanità emerge da queste nuove pagine in tutte le sue contraddizioni. Se le sfaccettature della figura umana di Von Hofmann spiccano così chiaramente lo si deve al dettaglio del contesto narrativo e storico tratteggiato da Moriconi & Albano e da cui la personalità del direttore d’orchestra si stacca.

Non solo, infatti, da grande appassionato di musica Moriconi è riuscito a scovare questa figura semi dimenticata, ricostruendone l’esistenza attraverso una meticolosa indagine, ma ha applicato lo stesso rigore all’ambientazione storica in cui la vicenda è immersa. Tralasciando per un momento Von Hofmann e lo stupore che accompagna ogni nuova pagina del racconto che lo vede protagonista, A casa prima del buio meriterebbe comunque una lettura attenta e approfondita anche solo per per l’attenzione con cui la Germania e l’Austria naziste sono ricostruite. Volti, personaggi e luoghi, ma anche gli eventi mondani e il comportamento della popolazione comune sono trasposti su carta dopo essere stati oggetto di studio e ricerca: di rado mi è capitato di cogliere in maniera così netta la passione e la cura di chi ha lavorato a un’opera. Discorso a parte, poi, meriterebbe il dialogo tra il fumetto e le fonti storiche: uno scambio costante che riporta alla mente La nave di Teseo di V. M. Straka o La casa di foglie di Mark Z. Danielewski (di recente ristampato da 66th&2nd), impreziosito per altro dagli editoriali che chiudono il volume, tra cui spicca il ricordo del primo incontro ddi A. Billotta (già autore di Mercurio Loi) con le partiture di Von Hofmann in gioventù.

Quello che emerge con forza dal resoconto in bianco&nero della vita di Von Hofmann sono i rapporti di potere in cui la banalità del male della società tedesca è stata coltivata. Un male superiore che è stato possibile raggiungere solo attraverso la collaborazione di tanti piccoli e a volte all’apparenza insignificanti mali minori: piccole crudeltà, sguardi rivolti altrove o disposizioni eseguite con compiaciuta meschinità. In una società che tollera solo la perfezione come modello a cui ambire, ogni impurità, ogni negligenza e ogni sbaglio devono essere custoditi quanto più segretamente è possibile, affinché la loro esposizione pubblica non conduca all’umiliazione, o peggio alla morte. Ma l’imperfezione è irraggiungibile: meglio dunque ungere gli ingranaggi dispensando favori e dimenticando dettagli, di modo da avere uno sguardo accondiscendente da riscuotere al momento opportuno.Un sottile gioco di influenze e ricatti, su cui si reggeva l’intera gerarchia del Reich e da cui era facilissimo scivolare, come scoprì a sue spese Von Hofmann stesso.

A casa prima del buio, però, lavora su più livelli, proprio come la coscienza di Von Hofmann, e alcuni di questi sembrano destinati a rimanere (almeno a me) oscuri. Si percepisce a pelle come l’opera lavori su piani sovrapposti, aggiungendo alla collaborazione tra parole e immagini ulteriori piani simbolici, che personalmente solo in alcune occasioni sono riuscito a svelare e decifrare, ma la cui presenza è rimasta costante e avvertibile. Da un lato c’è l’atmosfera, tesa, elettrica e palpabile, sorretta da un ritmo dosato alla perfezione da Moriconi che Albano traduce con altrettanta abilità in immagini che non sono estranee a suggestioni cinematografiche. A livello più inconscio però operano simboli e rimandi, di cui l’opera letteralmente trabocca, e di cui spesso si riesce ad avere percezione solo attraverso l’inconscio.

Viste le premesse del precedente volume era difficile salire di livello, ma A casa prima del buio: Secondo Movimento supera per impatto e coinvolgimento il primo capitolo, un’impresa per nulla banale o scontata. Il salto di qualità più netto questa volta è quello compiuto dal comparto grafico curato da Emiliano Albano: il disegnatore napoletano ha trovato un suo stile solido e di forte impatto, in cui non solo espressioni e architetture risultano valorizzate in ogni singola vignetta, ma anche la grammatica della narrazione per immagini è messa al servizio di ritmo e toni, con risultati spettacolari. L’unico rimpianto sono le portentose splash-page purtroppo poco fruibili nella parte centrale a causa della brossura perchè pensate in origine per la serializzazione su Lanciostory, rivista da edicola. Al di là di questo trascurabile dettaglio, tuttavia, A casa prima del buio si conferma una lettura capace di sorprendere, nonostante le pur alte aspettative basate sulla bontà della prima parte: in attesa del terzo e conclusivo capitolo, questo Secondo Movimento è già in ottima posizione per finire in cima alle migliori letture del 2020.

E se giunti a questo punto della lettura avete colto qualcosa di dissonante, come una nota stonata, in ciò che avete appena letto, bravi, avete un buon orecchio! C’è un dettaglio piuttosto grosso che non ho raccontato, ma se non sapete resistere alla curiosità vi basta andare alla parte SPOILER della recensione del primo volume cliccando qui.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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