Idea lodevole, esecuzione tra l’osceno e l’imbarazzante.

Ecco in sintesi il giudizio sull’ennesimo, velleitario, tentativo della fiction italiana di uscire dalle paludi in cui trova più o meno da sempre. Sulla carta Curon poteva anche funzionare: location affascinante e misteriosa, con una incredibile storia da raccontare, un progetto lontano dai canoni della serialità italiana, che normalmente limita il suo perimetro d’azione a preti, carabinieri e investigatori che parlano in dialetto e un cast di quasi perfetti sconosciuti che, uno pensa, non potranno essere più cani dei tanti volti “noti” che occupano militarmente ogni produzione made in Rai o Mediaset. E invece.

Il primo, madornale, errore di Curon è lo scimmiottare alla lontana (ma in modo sufficientemente chiaro da farsi sgamare) quel capolavoro assoluto che è Dark (a proposito, mancano giusto due settimane alla terza e ultima stagione). Certo, mancano i paradossi temporali, ma Curon viene presentata come la Winden del caso, ci sono i teen problematici, le famiglie che celano segreti, misteri misteriosi e pure una sequenza in una grotta che sembra presa paro paro dalla serie tedesca. Pessima, davvero una pessima idea, perchè basta una manciata di minuti per rendersi conto dell’abisso qualitativo che separa i due progetti.

Una domanda che sorge spontanea è: ma chi scrive i dialoghi vive in mezzo alla gente o in un eremo isolato dal mondo? Perchè io non ho mai sentito degli adolescenti parlare come fanno i personaggi della serie, nè tra di loro, nè coi rispettivi genitori. L’effetto “attori che recitano”, con spontaneità zero, permea ogni minuto di ogni puntata. Per essere un thriller/horror Curon soffre di un altro, non irrilevante, problema: è mortalmente noioso. I patetici cliffhanger che chiudono ogni puntata, al massimo fanno incarnare qualche sopracciglio, visto che nei minuti precedenti il pathos è assente e che per i personaggi si prova un’empatia pari a zero.

Gli elementi peggiori però sono regia e cast: la prima, di una banalità sconcertante, dopo cinque minuti ha già esaurito le idee (ehi, visto che abbiamo la location fica inseriamola ad minchiam ogni volta che non sappiamo che fare) e sembra più adatta ad uno spot turistico, gli attori sono un’accozzaglia di cani e cagne maledette che ciancicano frasi dagggiovani banalissime o più spesso senza senso (ma coi soldi di Netflix non potevano iscriversi almeno ad un corso di dizione? Nemmeno le basi…). Il raffronto con gli incredibili interpreti di Dark o anche con quelli, eufemisticamente meno talentuosi, di una Casa di Carta qualsiasi è onestamente imbarazzante.

Che dire? Curon è l’ennesima occasione mancata di un’industria che, fatta eccezione per qualche colpo di genio isolato, non riesce a pensare e realizzare che fiction mediocri e dal fiato corto. Vien quasi da rivalutare le storie coi preti, carabinieri e investigatori che parlano in dialetto…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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