Un cammino, ecco cos’è La Storia dell’Universo Marvel di Mark Waid e Javer Rodriguez. Un lungo cammino in cui attraverso una comune logica narrativa, viene ripercorsa fase per fase la genesi della Casa delle Idee.

In principio furono…

Pubblicata in Italia da Panini Comics, questa miniserie celebrativa originalmente in sei albi narra attraverso la voce del solo e unico Divoratore di Mondi (Galactus per i poveri blasfemi, ehm, per coloro poco familiari con la Marvel), l’origine di questo universo e con esso di tutto ciò che lo permea. Il seme primordiale è individuato secondo una formula dai tratti quasi biblici: dalle spoglie morenti di una precedente realtà furono generati i fondamenti del nuovo universo i cui echi energetici avrebbero dato vita a intelligenze assolute e dalla potenza incalcolabile, quali il Tribunale Vivente, Eternità, lo stesso Galactus, le Gemme dell’Infinito etc.

Con la successiva formazione di stelle e pianeti ha inizio l’epica – moderna – degli eroi e delle loro nemesi. Galactus, testimone vivente di ogni atto della Terra, racconta a Franklyn Richards, potentissimo mutante figlio di Reed Richards e Sue Storm, ciò che questo universo ha visto succedere dalla sua formazione. Qui, alla logica narrativa viene aggiunta la memoria storica e filologica del colosso editoriale americano; grazie a questo sputo narrativo infatti il lettore viene accompagnato attraverso le più importanti saghe dagli albori ad oggi, ciascuna cariche di un forte sottotesto iconografico. Maschere e volti entrati a far parte della moderna mitologia americana raccontano il mutamento in fatto di usi e costumi della società moderna. Troppo spesso dimentichiamo il valore sociale che il fumetto popolare incarna.

Dalla formazione della Terra, alla nascita di Asgard e i suoi abitanti, dai primi Nova Corps ai Kree e Skrull, tutto comincia a collocarsi laddove dovrebbe. Il tempo sulla Terra continua a scorrere, mostrando eventi in seguito entrati nel mito, come l’ascesa di Apocalisse, la comparsa dei primi Inumani e le loro Nebbie Terrigene o la nascita della Mano. Tutti elementi che in realtà hanno una genesi editoriale ben circoscritta, ma che vengono ugualmente inseriti all’interno del complesso e decisamente vasto ordine cronologico di questo universo fumettistico.

Ciò che realmente fu l’origine del noto impero editoriale viene raccontato non appena gli eventi narrati da Galactus giungono al ventesimo secolo. È importante sottolineare come in questo preciso contesto non ci limiteremo ad ascoltare una storia, una delle tante, ma il vero principio, quello che per un occhio attento alla filologia è l’origine stessa della Marvel, quando ancora era nota come Timely Comics.

Come accadde per il bellissimo Marvels di Busiek e Ross, il punto zero della nostra epopea moderna non può che partire dalle icone della Timely: Namor e la Torcia Umana (l’originale, quella di Carl Burgos). Dapprima nemici, impegnati a combattersi fra le strade di una New York post Grande Depressione, e soltanto in seguito, chiamati a proteggere l’America contro il grande nemico della prima metà del novecento: il Nazismo. L’introduzione del nazismo è innanzitutto fondamentale per la definizione dell’identità storica non solo della Marvel, ma anche dei suoi personaggi, primo fra tutti l’unico vero capitano: Steve Rogers a.k.a. Captain America. Possiamo dibattere a lungo sulla figura di Cap, ma il suo immaginario legato alla lotta al nazismo è semanticamente indiscutibile. Drammatica è anche l’introduzione di Magneto, al secolo Max Eisenhardt, ove viene mostrata la bieca e spregevole atrocità perpetrata contro la popolazione ebraica: dal confinamento (e quindi la fenomenologia della ghettizzazione) allo sterminio di massa.

La Seconda Guerra Mondiale non è però lo sfondo esclusivo di Captain America e i suoi avversari (Zemo, Teschio Rosso etc); come dimenticarci di Bucky, fidato compagno di Steve Rogers, nonché futuro Soldato d’Inverno. Sempre in quel periodo fa la sua comparsa anche un altro significativo volto dell’universo marveliano, il futuro direttore dello S.H.I.E.L.D.: Nick Fury.

La fine della Seconda Guerra Mondiale rappresenta l’ennesimo cambio di registro. Gli stili, così come i concetti, cambiano. Si assiste all’introduzione di figure oggi simbolo della mitologia americana: i Fantastici 4, Hulk, Iron Man, Ant-Man, Spider-Man, gli X-Men, Daredevil e ultimo, ma non per importanza, Thor. L’impatto iconografico che costoro tutt’oggi incarnano è a dir poco inestimabile. Il solo Spider-Man sarebbe capace di trainare l’intero gruppo editoriale. In termini puramente narrativi, l’introduzione di questi personaggi ha consegnato ai posteri alcune delle storie più belle della nona arte, saghe che Galactus qui narra con una certa nostalgia. La lacrima, per quanto mi riguarda, è scesa facile di fronte al primo scontro informale fra Hulk e la Cosa, agli Avengers di nuovo uniti, o all’arrivo dello stesso Galactus sulla Terra, con la conseguente apparizione di Silver Surfer.

Il Divoratore di Mondi Racconta però anche di debolezze e sentimenti umani. La rabbia e la disperazione che colpirono Peter Parker quando non riuscì a salvare l’amore della sua vita, Gwen Stacy, rapita da Goblin, sono l’esempio massimo. La morte fortuita della ragazza spinse l’amichevole Spider-Man di quartiere a bramare un sentimento mai provato prima: la vendetta. Questa accidentalmente arrivò, pur tuttavia non riuscendo a colmare il dolore e il rimorso che il giovane Peter covava dentro di sé.

Spendere anche solo un pugno di parole per ogni arco narrativo accennato in questo volume richiederebbe uno spazio eccessivamente prolisso. Vi basti sapere che vengono tirati in causa tutti i nomi di rilievo. Da Fenice Nera allo snap di Thanos, dalle Guerre Segrete volute dall’Arcano alla registrazione dei supereroi in Civil War: una raccolta impressionante delle epopee più affascinanti della storia moderna.

Il grande Mark Waid e Javier Rodriguez riescono nell’impresa di raccontare e celebrare l’estro di artisti come Stan Lee, Jack Kirby, Steve Ditko, John Romita Sr. John Buscema e tanti altri, il primo componendo i tasselli del gigantesco universo narrativo che questi maestri hanno costruito, il secondo sfoggiando un tratto che qualcuno definirebbe retrò, ma che io definisco splendidamente storico, pulito e assolutamente in linea con i meravigliosi ottant’anni della casa delle idee.



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