Certo, la fiction italiana è insulsa. Non tutta almeno. Esempi brillanti: Romanzo Criminale, Gomorra, Boris, Il Cacciatore. Si, la serie straniera è brillante. Lunga vita all’esterofilia. Solo che ho visto Il Processo e non so cosa fare: salire sul carro o alzare un muro? Non ho trovato dinamiche da soap, storie di mafia, Beppe Fiorello o eroi nazionali da Rai1, mi è andata bene. Doveva andare su Canale5, ha fatto flop: troppe “divergenze” tra le aspettative base del pubblico Mediaset e l’intrigo della storia.
Fedele alla “patria” esclamo: abbiamo il primo legal drama nazionale (su Netflix – 8 episodi)

Italian Crime Story a Mantova

Punto a favore: la città lombarda; “nuovo” centro noir italiano, luogo a tinte scure, luogo di segreti e delitti. La Mantova che sta sotto Palazzo Te, sotto la storia e la cultura, ma offuscata da potenti e losche famiglie borghesi. Scelta azzeccata.
Un omicidio efferato: una 17enne riaffiora dal grembo del fiume. C’è il reato. Si parte. Conosciamo la PM che coordina le indagini  (Vittoria Puccini, bravissima). Ha sicurezza nei propri mezzi, è stimata, ha relazioni sentimentali ingarbugliate, non trova pace. C’è l’avversario, l’ avvocato difensore ( Francesco Scianna, eccellente). Ambizioso, latin lover, cinico. Due personaggi magnetici, luci ed ombre, pregi e difetti.
C’è l’indiziato, inizia il processo. Mediatico e di grande impatto.

Un’Aula di Tribunale

La struttura legal è dinamica, non annoia. Ogni episodio un dibattimento, un’arringa. L’indagine è labirintica, non banale. Gli sforzi della procura per condannare il sospettato, l’arguzia della difesa per difenderlo: il ritmo è frenetico, la suspense è forte. Non c’è nessuna verità, permane il dubbio, sussiste l’incertezza. C’è il punto di vista dei protagonisti e fanno da collante ricostruzioni, testimoni, personaggi secondari, prove, controprove, colpi di scena e passi falsi. Lentamente si apre il chiavistello del Processo: la concentrazione dello spettatore aumenta. La storia funziona ed il pensiero corre a Law & Order, American Crime Story; si prende in prestito il linguaggio, la narrazione, il pathos. Una qualità di tutto rispetto in 8 episodi brillanti con una costante positiva: la recitazione. Dal primo all’ultimo dibattimento è assoluta bravura. Puccini e Scianna sono in forma, si integrano e si scontrano alla perfezione.

L’Italia ci è arrivata dopo, in un genere appena esplorato. Non è solo un processo, ma intuizione e sceneggiatura. Lo spettatore viene portato a spasso: deve costruirsi la propria verità, seguire il proprio intuito, perdersi tra interrogatori ed indagini. E questa finalmente è  una “novità”. Anzi, LA novità.

 



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Matteo Giobbi

Una classifica delle cinque descrizioni più memorabili del sottoscritto di tutti i tempi, in ordine sparso: 1) è’n zucchero, 2) è magggico, 3) è gajardo, 4) è Romano ma tifa Milan, 5) fa n’sacco de classifiche. Aggiungo, poi, cinematografaro e musicologo ad “artissimi” livelli. Mi trovate, facile, su Players.

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