Paradiso è un romanzo di José Lezama Lima, scrittore e studioso cubano. La sua pubblicazione originale in volume risale al 1966, sebbene alcuni capitoli fossero già stati inseriti in giornali letterari dell’epoca.
L’edizione attuale (compresa quella italiana) invece è quella critica del 1988, basata sul manoscritto originale e su comparazioni filologiche con le altre trascrizioni corrette dall’autore stesso.
Il libro non ha una trama precisa, ma può essere descritto come una sorta di particolare testo di iniziazione sensoriale e culturale. Tutti gli eventi sono presentati come un cerchio, immagine ricorrente in Paradiso, disposto attorno a José Cemì, il quale rappresenta Lima da giovane.
Si può parlare solo di una multiforme rappresentazione di una misteriosa struttura poetica interna per le descrizioni della miriade di personaggi presenti nel libro, tutti reali ma al tempo stesso atemporali e assenti, perché flebili proiezioni dell’autore e della Storia (“Ai grandi monarchi come San Luigi, Fernando il Confessore… nei quali la persona giunse a costituirsi in metafora”).
Essi discutono continuamente delle prime influenze intellettuali di Lima con lo stesso idioma neobarocco, che procede con un intenso susseguirsi di complessi costrutti sintattici, peraltro ritmicamente accompagnati da un altrettanto arcano narratore che dissolve definitivamente l’apparenza del reale con infinite similitudini.
La prima parte del libro si chiude con la morte del padre e dello zio di Cemì, a cui segue l’introduzione, con una titanica fantasia carnale, del tema dell’omosessualità e dei due personaggi cardine della seconda parte del libro, Focion e Fonesis.
Le scene che riguardano quest’ultimi sono particolarmente crude, provocando l’intervento della censura, ma come sempre per Lima il concreto è un semplice referente a cui immediatamente accostare la sua simbologia esoterica, ed è Fronesis stesso ad affermare che l’omofilia sia una manifestazione della memoria ancestrale.
Questa forte tensione erotica, non del tutto ancora dissolta, sfocia inevitabilmente nell’orgia grottesca di violenza della rivolta studentesca avvenuta durante la dittatura di Machado. La rievocazione dell’evento è frammentaria e surreale, nel suo dinamismo di figure che si intersecano e dissolvono in uno spazio indeterminato come in un quadro di Paolo Uccello.
Ma è solo un breve intermezzo alle interminabili controversie teologiche, filosofiche, storiche di Focion e Fronesis.
In queste discussioni, sospese tra i dilemmi dell’intelletto e le tentazioni materiali (Focion è omosessuale e innamorato di Fronesis), Cemì inizia a sviluppare la sua personalità, tentando timidamente di dialogare con i propri maestri.
Questo percorso non è però destinato a concludersi: Fronesis è costretto ad andarsene per volere del padre, e Focion, impazzito, lo sostituisce con un albero al quale fare un strano rituale girandoci attorno; ma quest’ultimo viene colpito da un fulmine, liberando in questo modo “Focion dall’adorazione della sua eternità circolare”.
La parte finale dell’opera è dedicata ai sogni fatti dal protagonista dopo il decesso del padre e alla comparsa di Oppiano Licario, l’ultimo, misterioso, accompagnatore di Cemì (al quale sarà dedicato l’altro romanzo, incompiuto, di Lima), con il quale finalmente uscirà fuori dal suo Paradiso, ormai pronto a iniziare il suo cammino di pensatore (“Sentiva di nuovo: ritmo esicastico, possiamo cominciare”).
Si conclude con queste parole il testamento spirituale di un uomo che, nonostante si sia mosso dalla sua terra solo due volte, è riuscito a creare uno dei romanzi più significativi del nostro tempo.
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Questo articolo è tratto da Players 05, che potete scaricare dal nostro Archivio.
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