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SHOT DOWN IN FLAMES

Il flop di Silent Hill 4:The Room porta la serie a un periodo di stallo e il franchise riemerge solamente tre anni dopo, sottoforma di trasposizione cinematografica hollywoodiana. La pellicola è diretta da Cristophe Gans, che mostra un’amorevole cura nel riprodurre efficacemente in celluloide l’estetica e i contenuti caratteristici di Silent Hill.

Gans arriva talvolta a cedere divertito la propria poltrona al videogame stesso, lasciando che la regia segua i medesimi movimenti di macchina utilizzati in alcune sequenze dei giochi. Purtroppo, la necessità di arrivare a un pubblico eterogeneo fa sì che la sceneggiatura sia univocamente decifrabile, nessun aspetto viene lasciato in ombra e l’interpretazione data alla Collina Silenziosa è invasiva, nonché un po’ banale.

Il successo del film ha dirette ripercussioni sulle sorti del brand, che viene finalmente rilanciato in ambito videoludico, ma la gestazione dei giochi passa dal tradizionale Team Silent nipponico a vari sviluppatori occidentali. Questi ultimi prendono la pellicola di Gans come “canone” e plasmano gli aspetti narrativi attorno alla definizione di Silent Hill data dal regista, demolendo l’alone di mistero caratteristico dei precedenti episodi. Sia Silent Hill: Origins che Silent Hill: Homecoming (entrambi del 2007) nascono con la presunzione di narrare le origini di alcuni personaggi chiave della serie, ma finiscono solo per risultare un derivativo pastiche di elementi ripresi dal film e dai primi due videogiochi.

Anche sotto il profilo ludico, le innovazioni sono marginali e riguardano principalmente il combat system, rielaborato comunque in maniera poco incisiva e macchinosa. Sempre nel 2007, il brand si affaccia persino sul mercato coin-op, con Silent Hill: The Arcade, uno sparatutto su rotaie da giocare con light gun, che poco ha a che spartire con la filosofia della serie.

Silent Hill: Shattered Memories (2009) costituisce l’unica eccezione felice. Il gioco ignora la trasposizione cinematografica per inserirsi nel continuum narrativo della trilogia originale e lo fa attraverso una patina apparente di remake del primo Silent Hill, che viene grattata via con il procedere della trama, svelando, infine, risvolti inediti. Questi si risolvono in finali multipli, determinati attraverso scelte operate dall’utente in maniera pressoché inconsapevole.

È sufficiente soffermarsi a guardare alcuni dettagli dello sfondo o interagire troppo spesso con una determinata categoria di oggetti per venire giudicati attraverso un algoritmo in grado di restituire il profilo psicologico del giocatore, definendo, di conseguenza, il “peccato originale” che ha condannato il protagonista dell’avventura a vagare per Silent Hill (lussuria, alcolismo, ecc.). Il rapporto tra il subconscio dell’utente e il contesto virtuale fa variare non solo la storia, ma pure la natura dei mostri, i quali allegorizzano, sia nel comportamento che nell’aspetto, il tipo di colpe del personaggio. In questo modo, Shattered Memories compie un sensibile passo in avanti nell’ambito di quel dialogo sottile con l’io profondo del giocatore che è stato da sempre il motore primo del fascino e della paura di Silent Hill.

L’ultimo nato della serie è Silent Hill: Downpour, che è appena sbarcato nei negozi con la promessa di portare il brand a un nuovo livello, più adeguato ai canoni del videogioco contemporaneo. Sarà veramente così?

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Piero Ciccioli

Coniuga da anni la sua professione di ricercatore scientifico a quella di articolista e saggista specializzato in videogiochi, cinema d’exploitation, horror, fumetti e nei più disparati prodotti di entertainment d’origine nipponica. Nutre una viscerale predilezione per tutto ciò che è weird e sogna di radere al suolo una riproduzione in cartapesta di Tokyo, vestito da Godzilla.

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