Sine Mora è un gioco per vecchi. Non perchè necessita di uno stick monopulsante o perchè sfoggi una colonna sonora in puro MIDI, ma perchè solo un vecchio videoplayer pieno di rughe può cogliere tutte le citazioni ed omaggi che questo gioco contiene e generosamente elargisce.

Il prodotto Grassopphers/Digital Reality svolge più o  meno volontariamente la funzione delle madeleine di Baudelaire: pucciato nel thè di un pomeriggio primaverile risveglia ricordi di un gameplay ormai scomparso ed appartenente ai nostri anni di verga sempredura ed ormoni galoppanti provocando nell’attempato videogiocatore un vago sentimento di nostalgia unito all’incapacità di entrare in quei jeans.

Il primo livello che funge da tutorial mette subito le cose in chiaro: la struttura è quella di uno shooter a scorrimento dueddì, da sinistra verso destra, con sparo principale e secondario e nemici ad ondate. Il gioco è la versione moderna di un Thunderforce IV d’annata salvo qualche breve sequenza treddì che però si rivela puramente cosmetica e di intermezzo. La grafica è molto Sega-style, con cieli azzurri molto carichi e textures non incredibili ma molto pulite. Si ha subito l’impressione di un lavoro molto ben fatto ma soprattutto molto ben rifinito.

All’improvviso irrompe sullo schermo il barbuto Hayao Miyazaki sotto forma di folate nemiche fatte di improbabili aeroplani steampunk mossi da leve e meccanismi che non proporrei alla NASA in sede di curriculum. A breve giro di poligono irrompe un eccellente parlato che dopo averci pensato un po’ su uno dice: “è ungherese”. Inteso come sinonimo di incomprensibile. Ed infatti lo è. Scelta quasi obbligata visto che Digital Reality è uno studio ungherese, ma che si rivela geniale nel momento in cui si realizza che il magiaro è identico alla lingua immaginaria creata ad-hoc per i vari Panzer Dragoon e Ico e che calza a pennello in un videogioco fantasy come questo.

In questa fiera di ricordi e citazioni non potevano mancare i boss. Vagonate di boss, che si alternano in forma di mid-boss o boss ritornanti dopo una prima batosta tra le varie sezioni a scorrimento, che a loro volta si suddividono in sezioni outdoor -luminose, ariose, multicromate- e sezioni indoor -complesse, più scure nelle tonalità e più incentrate sulla manovrabilità.

L’incedere nella modalità Storia presenta i classici clichè del genere sparereccio. Livelli a base aria, fuoco e foresta si alternano al classico subacqueo e metropolitano in maniera sapiente rinfrescando e rinverdendo quello che rischiava essere un noioso dejà-vu e gettando solide basi strutturali su cui ricostruire un intero genere sull’orlo dell’oblio. Il tutto arricchito e variegato dalla possibilità di manipolare il tempo che ora è misura energetica e vitale nonchè timer entro il quale finire il livello.

Una cosa che non torna dall’oltretomba dell’old-school è l’inclemente livello di difficoltà. Sine Mora a livello normal aiuta il giocatore casual con un armamentario che si evolve in fretta, non lascia mai in balìa di avversari troppo forti e regala frequenti checkpoints. Livelli più elevati di difficoltà permettono invece ai fanatici dello shooter e dell’inferno di proiettili di gettarsi in una mischia furibonda e di trarne il loro masochistico divertimento.

Sebbene il team ungherese capeggi tutte le voci principali a livello di credits sia come direzione che come art design, c’è tanta storia giapponese in questo prodotto sia come design generale che come gameplay puro e semplice. Sono convinto che boss-design e level-design siano nati da una proficua collaborazione tra le migliori menti del team europeo e quello giapponese, creando una fusion artistica di elevata qualità che va davvero vista per essere apprezzata.

Il consiglio mio e di Players è: compratelo subito se avete amato gli shooter di Technosoft o i classici d’epoca a scorrimento, altrimenti potreste non trovare così affascinante questo pezzo di autentico modernariato.

Questo articolo è tratto da Players 14, che potete scaricare gratuitamente dal nostro Archivio.



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3 Comments

  1. Al massimo la madeleine è di Proust… patetico.

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