Non sarei troppo lontano dalla verità, se dicessi che decidere di non comprare Apple, oggi, sarebbe una scelta sensata e, in un certo senso, acuta. Però i fatti mi smentiscono, e tutti vorremmo un iPad, ma siamo poveri.

Un mio amico è diventato talmente bravo a fare finta che il suo telefono da 19 euro sia uno smartphone (grazie a una perfetta coordinazione tra la mano destra, con cui finge di sfiorare lo schermo, e la sinistra, con cui preme i pulsanti), che la gente gli chiede sempre di rifarlo.

Detto questo, Steve Jobs è indiscutibilmente una figura chiave per la piena comprensione della storia recente. Contro Steve Jobs è un saggio breve in cui Evgeny Morozov, blogger, ricercatore universitario e collaboratore di alcuni dei principali quotidiani del mondo, analizza e riassume alcuni degli aspetti meno conosciuti della casa di Cupertino e di Steve Jobs, ignorati da ogni biografia agiografica post-mortem.

Steve Jobs è stato il portabandiera di un antagonismo intellettuale light, di una controcultura all’acqua di rose, in cui quello che sembri conta (di nuovo) più di quello che sei, e quello che dici più di quello che fai. Non è un mistero, che fosse una specie di tiranno, e i suicidi nelle fabbriche Apple asiatiche (taciuti quasi sempre, e anche, imperdonabilmente, in questo libro) stanno sempre lì, a dimostrarlo.

Ma facciamo finta che siano cose che capitano, e che alle altre aziende succeda tutti i giorni: alla Apple non dovrebbe succedere comunque, stando a quello che ci raccontano. Morozov scompone il mito Apple e ne distrugge le parti, contestandone gli aspetti più celebri (il design, copiato da Braun e dal movimento Bauhaus), ma anche dimostrando come, in questa storia, i fatti si siano storicamente scontrati sempre con le parole.

Steve Jobs ha preso un immaginario (quello hippie), o la sua parte meno urticante, e se ne è servito per apparire migliore, mentre si comportava come gli altri. C’è da dire che, a tutto questo, Apple ha accompagnato da sempre una qualità effettivamente superiore dei suoi prodotti, ma Morozov pesca dall’intera storia aziendale (e personale, di Jobs), per farci capire meglio che qui non è la qualità, a essere messa in discussione, ma tutto il resto.

Questo pamphlet riesce a convincere sempre, anche quando cede a visioni catastrofiste del futuro prossimo e quando si ripete, perché Morozov scrive con onestà, che poi è quello di cui stiamo parlando.

Titolo libro: Contro Steve Jobs
Autore: Evgeny Morozov
Editore: Codice Edizioni

Anno: 2012
Prezzo di copertina: 6,90€
Pagine: 104
Versione: Italiana



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6 Comments

    1. dopo la tua segnalazione l’ho preso e… inserito nel nook mi da 54 pagine, di cui 10 sono fuffa e solo all’undicesima inizia il libro. a parte questo non è che mi stia convincendo molto. dopo un inizio interessante si dilunga troppo nello spiegare la scuola bauhaus. mi mancano una manciata di pagine ma mi sono addormentato :P vederemo come conclude…

      1. le ultime pagine sono piacevoli anche se le riflessioni non sono certo originali. la critica sulla morte del web per mano delle applicazioni è roba trita e ritrita. in sostanza si limita a riportare le opinioni di vari studiosi del web. un po’ caro ma tutto sommato come riepilogo ne vale la pena, ma solo in ebook sia chiaro!

  1. fino a pochi anni fa apple la conoscevano in pochi…dal boom di iphone è stato un crescendo di popolarità.
    questo mi fa capire molte cose, visto il titolo del libro credo che gli darò un occhiata.

  2. i suicidi nelle “fabbriche apple” non sono tali perchè le fabbriche non sono apple, ma foxcon, azienda cinese a cui apple (e tutti i maggiori marchi tra cui samsung) si affida per la realizzazione in serie dei prodotti.
    che jobs fosse un tiranno non è messo in dubbio, ma a cupertino, con i suoi collaboratori alla apple, non in cina con gli operai di un’altra azienda che si sono suicidati per ben altro.
    un po di informazione non guasterebbe sopratutto per un magazine così ben fatto come players.

    1. Sì, vero, diciamo che è un’imprecisione. Le fabbriche sono Foxconn e la Foxconn è utilizzata da molti altri, come ad esempio Amazon e Nintendo. Fatto sta che Apple (come gli altri) ha il dovere di monitorare le condizioni di lavoro presso i suoi contractor, e per un lungo periodo non l’ha fatto. Che poi i media si siano concentrati solo sulle responsabilità di Apple è un dato di fatto, ed anche una dimostrazione di come il giornalismo sia spesso e volentieri poco più che gossip.

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