Se narrazione e gameplay fossero due componenti divise da confini invalicabili, Spec Ops: The Line sarebbe un gioco mediocre con una gran bella trama. Evidenti le motivazioni del primo punto, dato che si tratta di uno sparatutto in terza persona non molto raffinato, ben distante, per qualità ludiche, dai migliori esponenti del genere.

Quanto al secondo, l’omaggiare pedissequamente Cuore di Tenebra di Joseph Conrad e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola facilita molto le cose, e la trasformazione di Kurtz, l’uomo da cercare tanto nel romanzo breve che nel lungometraggio, in “Konrad”, rende l’idea della delicatezza degli sceneggiatori.

Eppure il titolo di Yager Development stupisce per un’altra, insospettabile qualità: l’equilibrio generale. Le fasi d’azione, sebbene prive di guizzi particolari, beneficiano di una generale fluidità, e il collegamento con cutscenes e altri espedienti narrativi, soprattutto una riuscita caratterizzazione ambientale, mostra un’invidiabile confidenza con il mezzo. Che si tratti di campi diroccati o di torri sfarzose del centro città, l’arrangiamento globale riesce a mostrare la pazzia senza toglierci la facoltà di movimento, magari obbligandoci a transitare in una piazza rasa al suolo da bombe al fosforo, con tanto di cadaveri immobilizzati nell’istante finale.

Molto del fascino deriva anche dalla scelta e dalla rappresentazione di una città come Dubai, ben capace, grazie alle improvvise tempeste di sabbia – protagoniste di riuscite sequenze scriptate – e alla generale conformazione desertica, di restituire l’effetto di “inferno sulla terra”. Il riproporre l’atmosfera della pellicola americana è poi un altro punto che richiede una certa dose di talento, oltre che scelte compositive consapevoli.

L’accoppiare le fasi di gunplay con alcuni classici della musica rock americana, è una delle tante accortezze degli sviluppatori, graziati da una colonna sonora d’eccezione: basti citare, tra gli altri, artisti quali Jimi Hendrix, Deep Purple, Bjork e Mogwai.

Anche i dialoghi, sia quelli interni alle sequenze filmate, che quelli in game, contribuiscono a incrementare il fascino tutto americano del titolo. Certo, le tanto chiacchierate scelte narrative si riducono a bivi telefonati e decisamente poco eleganti, sebbene riescano nel complesso ad aumentare il coinvolgimento emotivo; e in generale la realizzazione globale non beneficia di valori di produzione sufficienti a supportare uno sforzo così ambizioso, ma i meriti narrativi, in questo caso, tendono a prevalere su tutto il resto. Poco conta che la trama sia derivativa: se per avere videogiochi dalla storia forte si deve sfiorare il plagio, allora ben venga anche l’omaggio spinto, a patto di riuscire a fonderlo in maniera efficace con il gameplay, risultato qui ampiamente raggiunto.

Anche il finale, che risolve le vicende con un ultimo colpo di scena e annesso spiegone – niente di paragonabile all’Extend Cut di Mass Effect 3, per intenderci – si contraddistingue grazie a eleganti scelte registiche, e aumenta il rammarico per la riuscita complessiva. Che sorte qualitativa sarebbe toccata al titolo 2K se avesse ottenuto una licenza importante, magari proprio quella di Apocalypse Now, e quindi beneficiato di una conseguente iniezione monetaria? Difficile dirlo, ma anche così com’è, Spec Ops: The Line rimane un titolo interessante.

Del tutto inadatto agli integralisti del gameplay, è tuttavia difficile, per tutti gli altri, sconsigliarne una prova diretta.



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2 Comments

  1. ho giocato la demo, non capisco perchè dubai è sommersa dalla sabbia fino alla punta dei grattacieli…

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