Devo iniziare con una confessione: non sono il più grande fan di Zerocalcare. Preciso: non è che non mi piaccia, anzi, solo che a un certo punto della sua carriera l’ho lasciato andare per la sua strada senza seguirlo con la stessa passione con cui attendevo le strisce sul blog. Succede, non è un dramma. C’è uno Zerocalcare però che continuo ad apprezzare dal profondo: è lo Zerocalcare militante. Quello che non rifugge dalle sue origini che affondano le radici nella scena dei centri sociali e che continua a sostenere le sue idee e le sue convinzioni anche quando queste sono impossibili da coniugare con quelle che circolano negli ambienti patinati. Mi riferisco allo Zerocalcare che preferisce disegnare una vignetta per il  libro del comitato No-Tav piuttosto che farsi intervistare nello studio di un talk show, aggrappato a una coerenza che altri hanno cestinato dopo il primo flash dei riflettori, passando da Youtube agli inni di partito, dagli attacchi alla mediocrità dell’establishment alle lacrime nei reality, finendo a proprio agio nella prima fila delle sfilate di moda.

Ecco, posso non apprezzare del tutto le graphic novel di Zerocalcare, che trovo molto meno efficaci nel complesso delle zampate che riesce ad assestare nelle storie brevi, ma questa sua incrollabile coerenza me lo rende comunque estremamente simpatico. Parlo di coerenza in generale perché Zerocalcare è rimasto militante anche fumettisticamente parlando.(Ecco, per me questo Zerocalcare è Militant Z, un personaggio mentale tutto mio che volevo presentarvi; credo che Zerocalcare non si offenderà se ho deciso di ritagliargli un po’ di spazio in questo articolo).

Oggi che i suoi volumi dominano le classifiche di vendita, generando moti di invidia tra fumettisti e romanzieri, Zerocalcare tira mattina inchiodato alla sedia di qualunque fumetteria ospiti le presentazioni dei suoi libri per assicurarsi che nessuno dei fan presenti torni a casa senza una dedica. Addirittura si ostina ancora ad aggiornare con costanza il suo blog con nuove storie brevi e quando non gli riesce a causa di altri impegni si scusa con un post di giustificazioni!

Gli è successo di recente, quando insieme alla Staffetta Romana è partito per portare aiuti a Kobane, la cittadina sul confine turco-siriano che da mesi oppone strenua e fiera resistenza contro l’avanzata dell’Isis. Kobane è un punto strano sul mappamondo, nella storiografia futura potrebbe avere il peso di una Lepanto moderna, eppure la battaglia che si sta combattendo tra le sua casupole costruite col fango sfugge alla cornice con cui i media ci stanno presentando quella che è stata inopportunamente bollata come un “guerra di civiltà”. A Kobane sono i guerriglieri curdi ad opporsi alle milizie dell’Isis, uomini e donne – soprattutto donne – che difendono la loro libertà, conquistata attraverso una lotta sociale per i diritti. Ma è una battaglia di difficile inquadramento, con le donne mussulmane dalla parte dei buoni, l’ambiguo supporto turco e i bombardamenti americani meno intelligenti di quanto amino definirsi. E allora si fa come a scuola, nei temi non ci si va a impelagare riportando esempi che contraddicono la nostra tesi, si spera che la prof legga con un po’ di scazzo e non se ne accorga.

Zerocalcare Kobane 1

Zerocalcare però non è un giornalista, e non ne ha nemmeno le velleità, questo lo mette in chiaro subito, anche se sulla copertina del n.1085 di Internazionale le sue quaranta pagine a fumetti vengono definite come un reportage. Zerocalcare non ci prova a porsi al di sopra del situazione che vuole presentarci, la versione che racconta è quella dei curdi fuggiti da Kobane dopo la conquista della cittadina da parte dell’Isis, e non lo nasconde. Sono le persone che è andato ad aiutare ed è a loro che dà voce.

La complessità e il peso dell’argomento non spinge Zerocalcare fuori dai suoi binari abituali. Lo si capisce fin da subito, dalle onomatopee che usa per descrivere l’origine delle esplosioni che illuminano la nera notte di Kobane, eppure qualche differenza rispetto al solito c’è. Si vede negli sguardi nei suoi personaggi, negli occhi duri e stanchi dell’interprete curdo e nel viso dubbioso dello Zerocalcare disegnato.

Cuore – in tutti i sensi – e motore del racconto è una semplice domanda: “…come cazzo ci sono finito qua?”. Per trovare risposta Zerocalcare ripercorre i suoi giorni sul confine turco/siriano raccontandoci la normale vita vita di un (non)luogo in cui i giorni scorrono all’interno di una cupola di guerra cui il resto del mondo, anche quello a pochi km di distanza, riserva poca attenzione.

Caso ha voluto che la notte in cui ho letto la storia di Zerocalcare abbia incrociato su RaiNews24 un reportage da Kobane – mi perdoni la giornalista autrice del pezzo, ma non ho preso appunti e non ricordo il nome. Il video-articolo era confezionato secondo i migliori crismi giornalistici, i ragazzi e le ragazze con qualche impaccio raccontavano alla telecamera dettagli della loro lotta mentre le immagini si alternavano tra i loro volti e l’edificio decadente, un tempo una scuola, che ora accoglie la loro base operativa. Un esempio insperato di buon giornalismo.

Zerocalcare Kobane 2

Tra le vignette del racconto di Internazionale filtra invece tutto un altro rapporto. Zerocalcare usa la sua solita prima persona, ovvero quello di un ragazzo della periferia romana che può interfacciarsi solo con un interprete e che muore di paura quando scoppiano le bombe, per quanto potesse pensare di essere pronto. I personaggi del suo racconto non sono combattenti, anche se in un altro momento lo sono stati, ma in quell’istante che lui fotografa sono rifugiati in un campo di assistenza che ospita principalmente donne e ragazzi, ovvero chi non è impegnato al fronte. Figure che Zerocalcare non mitizza, ma di cui indubbiamente subisce il fascino, e a cui guarda con la soggezione dovuta a chi con la propria autorevolezza ci fa sembrare in confronto inadeguati come la rana dei Muppets.

Come nel suo solito stile, le parole abbondano tra le vignette, perché nonostante la stupefacente capacità di sintesi – concettuale e lessicale – di cui Zerocalcare è dotato, quel che sta accadendo oggi a Kobane è di una complessità da far tremare i polsi. Eppure le tante parole non soffocano le immagini. I disegni di Zerocalcare sono oggi più efficaci che mai nel raccontare le storie che i curdi portano sul volto, sguardi che diventano pugni allo stomaco nel potente climax che chiude il racconto, il cui apice è un primo piano sugli occhi di Zerocalcare sui quali è scritta a chiare lettere la risposta al suo quesito iniziale. Gli occhi duri, severi e determinati di un militante.

internazionale1085_copertina

Kobane Calling è stata pubblicata sul n. 1085 di Internazionale, ma visto il successo potete trovare la ristampa allagata al n. 1086 in edicola oggi. Qui trovate una postilla dell’autore a una settimana dalla pubblicazione.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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