In onda da settembre 2011 sulla CBS Person of Interest ha da subito saputo mimetizzarsi e allinearsi con le proposte procedurali del Network conquistando il pubblico amante degli episodi autoconclusivi, ma guadagnando contestualmente qualche puntata di tolleranza da chi si è avvicinato alla serie attratto dai nomi di Jonathan Nolan e J.J. Abrams dai quali ci si aspettava una storia ambiziosa raccontata attraverso un impianto narrativo più strutturato rispetto a una collezione di casi della settimana.
Gli amanti dei procedurali hanno avuto da subito ciò che cercavano: ogni puntata ha portato a conclusione il caso in oggetto tra scene d’azione spaccone sottolineate da battute ironiche sussurrate da John Reese, braccio armato di Mr. Finch, genio dell’informatica e guida morale, interpretato da un Michael Emerson emancipatosi da un personaggio ingombrante come Ben Linus interpretando un personaggio che, soprattutto all’inizio, ricorda proprio il Ben Linus di Lost. Il continuo riferimento al ruolo dei social che hanno riconfigurato l’idea di identità virtuale ormai equipollente a quella reale, l’insistenza sui sistemi di videosorveglianza sempre più invasivi in nome della sicurezza, sono facilmente passati per quegli accenti caratteristici necessari alla serie per distinguersi da altre proposte. La conclusione del primo episodio su una nota particolarmente malinconica, e tutt’altro che tranquillizzante, avrebbe però dovuto lasciar intendere che rassicurare il pubblico e intrattenerlo spensieratamente non era esattamente la vocazione né il destino della serie.
Gli spettatori disinteressati all’ennesima riproposizione del vendicatore solitario, ma curiosi di capire se e come Nolan, in team con Greg Plageman, e Abrams avrebbero reso la loro creatura qualcosa di unico hanno visto la loro attesa ripagata trovandosi a seguire quello che via via è diventato il miglior sci-fi attualmente in onda: come ogni ottimo prodotto sci-fi Person of Interest ha avuto la capacità, partendo da un’accurata e precisa comprensione della realtà, di descrivere un futuro non solo verosimile, ma anche possibile al punto da far ipotizzare allo stesso Nolan che parte del pubblico tendenzialmente attratto dalla fantascienza può non essersi interessato alla serie scambiandola per una riproposizione della realtà
Part of the reason that science-fiction fans may not like it is because they presumed it was true
“Toldja” è lo slogan scelto dallo staff di Person of Interest in occasione del San Diego Comic Con anno 2013 quando, a sorpresa, la National Security Agency americana ha funzionato da involontaria cassa di risonanza per la creatura di Jonathan Nolan, Plageman e J.J. Abrams. Il “Ve lo avevamo detto” è un esplicito richiamo al caso Snowden le cui rivelazioni sono state anticipate dallo show quasi come se la serie si fosse ispirata in primo luogo proprio al programma Prism. Il panel del San Diego Comic Con si apre con un montaggio, sul tema e nello stile dell’opening, in cui real footage e scene della prima e seconda stagione si alternano sconfinando l’uno nell’altra a formare un unicum indistinguibile tra realtà e finzione.
L’attualità della serie non si è esaurita con l’aver predetto il caso Snowden ma si rinnova anche nell’aver puntato su un altro tema fondante dell’odierno dibattito scientifico: “If the legacy of the Second World War was the atomic age, then what might emerge from the war on terror would be artificial intelligence.” (J. Nolan).
Il nome scelto per il sistema che raccoglie ed elabora i dati sui quali basare le previsioni è “The Machine” nome – spiega Nolan – volutamente “anòdino” ovvero sedativo, indolore, per dare l’impressione che le informazioni ottenute vengano trattate in modo asettico da una sorta di entità spersonalizzata per sedare, appunto, la percezione di essere violati nella privacy e manipolati nelle scelte. In realtà, come appare sempre più manifesto nella serie, The Machine nella sua peculiarità di “intelligere” è un’Intelligenza Artificiale, un essere senziente a tutti gli effetti in grado di autodeterminarsi al punto da mettere in atto ogni sorta di meccanismo di autodifesa: come ogni essere cosciente di sé è provvista di istinto di sopravvivenza, come ogni essere intelligente è in grado di apprendere e The Machine, dal contatto con gli uomini, ha imparato anche a mentire e valutare l’eliminazione fisica per il proprio interesse: “We don’t understand The Machine at all. Out of 43 versions, how many do you think there were that didn’t try to either trick or kill me? One, and I could only bring it to heel by crippling it. I put The Machine in chains, bereft of voice or memory. Now it has both, and it terrifies me.” (Mr. Finch)
Questa è la parte che potrebbe sembrare più fantascientifica ma anche in questo caso Person of Interest non ha che anticipato la realtà perfino nelle riserve espresse da Bill Gates in questi giorni. Il co-fondatore della Microsoft, nel corso di una sessione Ask me Anything su Reddit, interrogato proprio in materia di Intelligenza Artificiale si è detto sorpreso dalla scarsa preoccupazione dei colleghi nel considerare lo sviluppo delle intelligenze artificiali le quali, a suo parere, dopo una fase in cui mostreranno una proficua utilità, cresceranno fino a costituire un pericolo. Per Stephen Hawking è addirittura ipotizzabile “la fine della razza umana” a causa delle intelligenze artificiali.
Lo scenario che ci prospetta la quarta stagione di Person Of Interest, nel proporci l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, è una continua – poco rassicurante – esplorazione di una convivenza tra un essere senziente superiore e di chi prova a non esserne controllato, un confronto tra le eventualità ipotizzate da chi teme una IA senza vincoli e chi ne auspica la nascita. In definitiva, già da tempo la serie sta vagliando le preoccupazioni espresse da Eric Horvitz, direttore del Microsoft Research Lab, che seppure fautore dello sviluppo delle IA ne individua i pericoli dovuti a “errori di programmazione del software; cyber-attacchi ai danni della IA da parte di criminali, terroristi e hacker appoggiati dai governi; e il cosiddetto scenario da Apprendista Stregone che si verifica quando i sistemi di IA rispondono alle istruzioni impartite dagli uomini in modo inatteso (e forse pericoloso)”.
Nel frattempo Google, dopo aver acquistato per 400 milioni di sterline DeepMind azienda inglese specializzata nello studio delle intelligenze artificiali, ha continuato il suo shopping nel settore aggiudicandosi altre due aziende che fanno base a Oxford: la Dark Blue Labs e la Vision Factory. “Machine Learning is a technology whose time has come”, così il Profssore Mike Wooldridge dell’Università di Oxford ha commentato la capacità delle IA di apprendere nozioni, ma come la serie ci fa notare la qualità umana e morale di chi impartisce le lezioni è tutt’altro che irrilevante. Dopo essersi servito del gioco degli scacchi per insegnare a The Machine come elaborare una strategia, calcolare varialbili e prendere decisioni in anticipo sulle mosse dell’avversario, Mr. Finch annuncia che quella sarà l’ultima partita tra lui e la sua creatura: quello degli scacchi, spiega, è un eccellente mezzo per apprendere, ma anche un gioco che attribuisce un diverso valore ai pezzi rendendoli così più o meno sacrificabili in vista della vittoria sull’avversario e gli esseri umani non sono pezzi inanimati il cui valore è calcolato in base all’utilità per il raggiungimento di un fine.
Quel che Person of Interest cerca di capire insomma è se sia possibile aspettarsi da una “macchina” quel codice morale a cui spesso sono proprio gli uomini a non riuscire o volere attenersi.
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