Capita, a volte, che alcuni personaggi secondari di un film restino più impressi nella memoria e “funzionino” meglio dei protagonisti. Nell’uniforme mondo dell’animazione a stelle e striscie il caso più clamoroso è quello di Scrat, il simpatico e sfigatissimo cercatore di noci, che riesce, con pochi minuti di presenza sullo schermo a sua disposizione, a cancellare tutti gli altri personaggi della saga di Ice Age.

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Lo stesso discorso si può fare per i Minions, nati come mere spalle del Cattivissimo/buon villain della bilogia made in Universal, che oggi possono sfruttare l’occasione offerta dall’essere protagonisti di un film tutto loro, per confermare una naturale vis comica.

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Minions, data la scarsa loquacità dei protagonisti, che si esprimono a versi quasi incomprensibili, è giocato interamente su gag visive, slapstick e una comicità basica che , quando funziona, non è affatto disprezzabile. La trama, che si regge sul giustamente demenziale presupposto che i minions siano nati per servire un “cattivo” (piuttosto convincente è in questo senso l’incipit del film , che vede i personaggi seminare scompiglio in varie “tappe” della storia umana), offre parecchi spunti per servire al pubblico questo tipo di umorismo. Non sempre però, gli assist vengono sfruttati al meglio.

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Nonostante la breve durata del film infatti, le gag valide tendono a disperdersi, ci sono parecchi momenti morti, tutti prevedibilmente coincidenti con l’entrata in scena di personaggi “umani”, e così l’intera stuttura rischia spesso di collassare su sè stessa. In parole povere, ci si annoia spesso.

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Quando si ride però, si ride di gusto e Minions riesce a rappresentare un ideale anello di congiunzione tra la comicità basata sul non sense, tipica di molte serie americane, dove però è asservita ad un linguaggio troppo poco consono ad un pubblico “familiare” (Griffin docet) e quella dei vecchi cartoni animati di una volta, della prima Disney o di Hanna & Barbera, basata su un ritmo forsennato.

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Difficile trovare un target preciso per il film (tecnicamente prodigioso, questo va detto): sicuramente piacerà più ai figli che ai genitori, ma è un prodotto fruibile un po’ da tutti. Certo che l’uscire nelle sale, almeno negli States, ad un paio di settimane dal miglior film di animazione americano di tutti i tempi, ne depotenzia parecchio il fascino e l’attrattività. Ma Universal non è Pixar, e si vede…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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