Partiamo subito con un concetto banale: nella narrativa, il realismo non è affatto fondamentale. Che si tratti di un libro, di un film oppure di un videogioco. Il realismo è solo uno dei tanti mezzi per raggiungere lo scopo che gli autori, di volta in volta, si sono prefissati. Un videogioco può essere pensato come una simulazione, per essere il più realistico possibile: simulazioni di volo, di guida, di sport, di appuntamenti romantici. Ce ne sono per tutti i gusti, alcuni più realistici di altri. Ma il realismo è importante solo se il giocatore sta cercando quel tipo di esperienza. Troppo realismo in un gioco che vuole essere rapido, semplice e divertente, può risultare controproducente.

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Prendiamo come caso esemplare Call of Duty, un videogioco FPS che punta tutto sul realismo: anche se non si può parlare di una vera e propria simulazione, l’intento è quello di ricreare un’ambientazione militare e far provare al giocatore le stesse emozioni della guerra vera. Bastano pochi colpi subiti per morire, bisogna stare attenti ai movimenti, studiare le tattiche e freddare i nemici in pochi colpi.
Call of Duty usa il realismo per coinvolgere ed emozionare il giocatore. La gratificazione, in questo tipo di videogioco, non è data dall’uccisione di orde di mostri come può accadere in altri FPS più frenetici e dalle ambientazioni meno realistiche, ma dall’utilizzo delle strategie di guerra. Non è realistico che un soldato sconfigga da solo tutto l’esercito nemico!

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Una situazione di questo tipo può essere completamente rovesciata in altre tipologie di videogiochi. Diablo, ad esempio, non pone molta attenzione ai dettagli realistici. I giocatori possono affrontare mostri fiammeggianti a colpi di meteore infuocate; nessuno si lamenta se uno spettro armato di pugnali eterei lascia cadere un’ascia a due mani come ricompensa. I dettagli realistici, pur presenti in altri giochi di ruolo fantasy, non sono uno strumento utile in Diablo a raggiungere la gratificazione. Si tratta infatti di un gioco d’azione in cui è necessario uccidere rapidamente orde di nemici, cercare oggetti magici sempre più potenti e superare i livelli di difficoltà più duri.

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Il realismo è importante per chi lo cerca, è soltanto un mezzo utilizzato dall’autore per dare maggiore profondità e dettaglio alla propria opera. Un’opera di narrativa, libro o videogioco che sia, non deve essere necessariamente realistica per appassionare l’utente. Non deve neppure puntare necessariamente alla verosimiglianza, nei casi del fantasy o della fantascienza: è importante che il livello di realismo sia adatto allo scopo, allo stile di gioco o alla logica narrativa sottostante. Per rendere la narrazione più realistica e appassionante, si può per esempio aumentare la profondità dei dettagli e creare un’ambientazione complessa e articolata. Sono i dettagli a fare la differenza tra una storia credibile (e quindi memorabile) e una storia mediocre (condannata all’oblio).
Mass Effect, la saga di fantascienza della Bioware, è stata apprezzata per la sua profondità e per la sua attenzione ai dettagli. Si badi bene, per dettagli non si intendono easter eggs o piccole chicche per appassionati: per dettagli si intende la profondità della trama, dell’ambientazione e dei personaggi, veri punti di forza della serie. Sembrano solo aspetti secondari della trama, rispetto alla minaccia dei Reaper che incombe sulla galassia: dettagli, appunto. Ma sono i dettagli a rendere una storia credibile e a farci emozionare.

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L’amore per il dettaglio non rende una storia soltanto credibile e memorabile, ma anche verosimile: una storia che continua a vivere senza il suo narratore. In questo caso, i dettagli permettono la creazione di un’ambientazione. L’universo di Mass Effect vive anche senza la sua trilogia: nelle opere derivate (libri, fumetti) nelle opere future (altri videogiochi in arrivo?) e soprattutto nelle opere degli appassionati, dalle speculazioni sulla trama alle fanfiction. Se Mass Effect si fosse limitato a far compiere al giocatore le scelte maggiori della trama, trascurando i dettagli, sarebbe stato un buon prodotto. Il suo meritato successo, tuttavia, è frutto dell’amore per i dettagli narrativi. Strettamente collegato alla profondità della narrazione c’è poi il tema delle scelte lasciate ai giocatori, che è poi l’impianto che permette ai videogiochi di acquisire tutta la loro dignità e originalità nei confronti delle altre opere di narrativa.

Cominciamo con una constatazione: nella narrativa classica, la scelta è compiuta dall’autore. Libri, fumetti, serie tv e film: in tutti questi casi le scelte narrative sono compiute dagli autori, che decidono la trama, i personaggi, l’intreccio e la risoluzione degli eventi. Gli utenti finali usufruiscono delle loro scelte in maniera passiva, senza partecipare al processo creativo. Le eccezioni più famose a questa regola sono i giochi di ruolo, in cui la componente narrativa è solitamente condivisa tra i vari giocatori. L’autore della storia non è colui che la conduce (il master), non è l’unico autore che può compiere tutte le scelte, ma condivide questo potere narrativo con tutti gli altri giocatori. Nei videogiochi la situazione si fa più complessa, rispetto alla narrativa tradizionale: la possibilità di scelta è molto più presente e frequente, anche in virtù del particolare media che la veicola, che permette una maggiore interattività. Anche in questo caso, sono sicuramente i GDR a farla da padrone: sono i videogiochi con la più alta possibilità di scelta individuale.

Pensiamo alla serie di The Witcher come caso esemplare: le scelte che il giocatore compie cambiano in maniera decisiva la storia, i rapporti tra i personaggi e l’ambientazione, spesso con conseguenze tragiche. Queste scelte non si limitano ai dettagli secondari, alle sottoquest o alle opzioni di dialogo, ma arrivano a influenzare il gameplay in maniera decisiva.

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La maggiore interattività rispetto alla narrativa classica ha portato a possibilità di scelte individuali in diversi sottogeneri di videogiochi: FPS, RTS, puzzle game e così via. Anche tralasciando i GDR, nel mondo dei videogiochi possiamo notare come la scelta individuale dell’utente sia più presente rispetto alla narrativa classica. Questo perché l’interattività è una delle caratteristiche principali del videogioco, che manca a gran parte delle altre tipologie di narrativa. Permette di creare un impianto narrativo dall’ambientazione approfondita, con grande attenzione ai dettagli, lasciando ai giocatori la possibilità di scegliere l’andamento della narrazione e vivere esperienze personalizzabili. Non è importante che l’opera videoludica sia obbligata a essere realistica, per essere credibile: è importante che abbia coerenza interna, che ci trasmetta delle emozioni, che ci dia la possibilità di sentirci parte attiva della storia. Che sia, in poche parole, memorabile.

to be continued…



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