L’estate del 1993 me la ricordo bene per due motivi.
Il primo è che fu la prima che trascorsi da solo a Milano, dopo aver impacchettato i miei genitori e averli spediti a fare un tour del centro Italia in macchina. Il secondo è che la trascorsi a stragiocare Sim City 2000 e Day of the Tentacle su un Pc appena comprato con i soldi, grondanti sangue, ottenuti dalla vendita del mio amatissimo Amiga 500 espanso a 1 mega. Day of the Tentacle venne pubblicato il 23 giugno: in pratica mi urlava “Ehi, sto qui, adesso hai tutta l’estate per risolvermi”. A quei tempi Lucasarts era reduce da un paio di giochi killer (Indy and the fate of Atlantis e Monkey 2) che me l’avevano fatta diventare “software house preferita di sempre”, anche se contestualmente mi avevano fatto capire che per il mio Amiga i giorni di gloria erano finiti.

Avendo adocchiato il titolo dopo una preview letta su TGM, avevo corrotto il commesso di Pergioco, unico negozio di Milano dove si potessero trovare giochi originali ed un minimo di competenza ludica, affinchè mi avvertisse non appena avesse ricevuto le prime confezioni in inglese. Così fece e dai primi di luglio iniziai a trascorrere molte ore notturne immerso nelle tre linee temporali in cui finiscono i personaggi del gioco, tra dizionari, per cogliere ogni sfumatura dei dialoghi partoriti dalla sadica coppia Schaefer/Grossman e the freddi per allontanare il sonno e alleviare almeno parzialmente l’afa estiva milanese.

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Nel corso degli ultimi vent’anni ho sempre dato per scontato che tutti riconoscessero in Day of the Tentacle il miglior videogioco mai creato da mente umana e devo ammettere che mi stupisco ogni volta che come alternativa ne vengono proposti altri. Perché Day of the Tentacle è PALESEMENTE il miglior videogioco mai creato. Sine ulla dubitatione. Tuttavia, visto che Lucasarts non esiste più, che le nuove generazioni non conoscono l’originale e che da ieri è disponibile una scintillante versione Remastered, forse è il caso che torni a spiegare perché in Day of the Tentacle c’è molto, molto, molto genio. E altrettanta sregolatezza.

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Per capire meglio l’impatto devastante che Day of the Tentacle ebbe sul mondo dei videogiochi, bisogna sforzarsi e tornare, almeno mentalmente, ad un tempo in cui le avventure grafiche rappresentavano l’unico mezzo per veicolare una qualche forma di narrazione all’interno dei videogiochi. A differenza di molti titoli, anche attuali, le avventure grafiche (Lucas specialmente, ma non solo) rappresentavano una mirabile sintesi tra gioco e storia, offrendo il meglio di entrambi gli aspetti.

Il Pc, nell’estate del 1993 era da poco salito al potere, detronizzando Amiga ed ST e le console a 16 bit vivevano gli anni di massimo splendore, ma giocando, letteralmente, su piani diversi, così mentre qualcuno in Giappone pianificava la conquista del mondo, le avventure Lucas raccoglievano medaglie d’oro, top score ed elogi sperticati da tutte le riviste (cartacee) dell’epoca. Davvero, era un periodo fantastico: ogni mese scoprivi improvvisamente, aprendo le pagine di un mensile, che c’erano 2-3 titoli da avere assolutamente e altrettanti che “ad avere i soldi…”, oggi invece…vabbè, non divaghiamo.

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Day of the Tentacle è un chiaro omaggio di Tim Schaefer e Dave Grossman ai corti animati degli anni ’50, quelli realizzati da Chuck Jones e Tex Avery, in cui le gag visuali erano sufficienti a far scattare la risata senza bisogno di dialoghi a supportarle. Il miracolo dei due autori consiste proprio nell’unire sapide battute testuali a gag visive, mescolando il tutto con enigmi mai troppo frustranti, un’atmosfera gioiosamente idiota e un’ambientazione incredibile, frutto del ribaltamento delle tre unità aristoteliche di spazio, luogo e tempo.

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Punto di forza del gioco è la sontuosa e caricaturale grafica pensata da Peter Chan e Larry Ahern, che resero Day of the Tentacle unico, ma talmente unico nel suo genere, da risultare inimitabile, se non da Lucasarts stessa (in Sam & Max). Mentre tutti miravano al realismo, con risultati spesso imbarazzanti, Chan e Ahern guardavano ai cartoni animati, ai colori sgargianti, alle prospettive irregolari. Una scelta vincente: è vero che il 2d non invecchia e il 3d sì, ma nessun gioco è invecchiato bene come Day of the Tentacle, tant’è che la Remastered si è limitata a fare un upgrade alla versione originale per renderla gradevole e meno pixellosa sui tv HD, ma nulla di più (ben diversamente, per esempio, dalle nuove versioni di Monkey Island)

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Uno degli aspetti che maggiormente mi colpì ai tempi fu il commento musicale, che ho sempre faticato ad inquadrare in un genere specifico. A volte mi capitava di mettere in pausa il gioco e fare altro tenendo come sottofondo la partitura irregolare del gioco, uno degli esempi più fulgidi dell’efficacia del sistema iMuse, che adattava in tempo reale il commento musicale alle vicende narrate sullo schermo. Il mio brano preferito era (è) Green T And The Sushi Splatters, che incarna alla perfezione la follia sottesa all’intera operazione ludica.

E l’edizione Remastered? Beh, se avete avuto la forza di leggere fin qui posso premiarvi dicendovi che è venuta benissimo. L’edizione PS4, quella da me provata, non fa rimpiangere quella del 1993, grazie all’ottima gestione del menù, che invece di essere in basso con la scelta tra le varie azioni da compiere è circolare e mostra solo le azioni possibili con un personaggio o un oggetto, cosa che indubbiamente semplifica ulteriormente un gioco già facile (per chi è abituato alle avventure Lucas, cioè oramai pochissime persone). Lascia più perplessi  l’inventario, che una volta aperto si sovrappone all’immagine del gioco, ma ci si fa l’abitudine abbastanza in fretta. Ovviamente, come nei port di Monkey Island, è possibile passare dalla nuova alla vecchia grafica premendo un tasto e ci sono una valanga di extra interessanti (che da soli valgono l’acquisto del gioco, per chi lo conosce già a memoria):  un commento audio degli sviluppatori, con Tim Schafer & soci che raccontano una sacco di aneddoti sulla lavorazione del gioco e una gallery di bozzetti che ci permettono di capire il grande lavoro degli artisti Lucas. Ah, Maniac Mansion c’è, anche in questa versione.

Ho giocato a Day of the Tentacle così tante volte che oggi so finirlo con gli occhi bendati e le mani legate e pagherei volentieri una discreta somma alla Lacuna Inc, per farmi togliere dalle mente ogni ricordo del gioco, in modo da poterlo affrontare come feci la prima volta 23 anni fa. Difficile dire quanto possa interessare un titolo del genere alle nuove generazioni: la golden age delle avventure è finita da un pezzo e la presenza dell’interfaccia testuale rischia di far apparire Day of the Tentacle più vetusto di quanto non sia in realtà. Pur non essendo più campioni di vendita, le avventure grafiche continuano ad esistere, specie su Pc, anche se, per quanto ben fatte, non hanno il carisma e il fascino di quelle storiche eppure chissà, magari anche oggi, a 23 anni dalla sua release originale, Day of the Tentacle potrebbe diventare il gioco preferito di qualcuno che non l’hai mai giocato…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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