Quando venne pubblicato nel 2011, 11/22/63 ricevette critiche entusiastiche (tra cui la nostra). Nel libro Stephen King riusciva, come raramente gli era capitato in passato, ad armonizzare alla perfezione period drama e fantascienza, offrendo al lettore un credibile, realistico e pulsante affresco della vita quotidiana nella provincia americana alla fine negli anni ’60, grazie ad un una meticolosa e certosina ricostruzione storica.
Grande attesa c’era quindi per la versione televisiva, una miniserie in 8 puntate interpretata da James Franco e prodotta dallo stesso King assieme al’onnipresente J.J.Abrams. Terminati i titoli di coda ed ammettendo che il giudizio è fatalmente influenzato dai ricordi entusiastici della lettura del materiale originale, si può dire che sì, 11/22/63 è un ottimo prodotto televisivo ma che, pur condividendone qualità e fascino, esce di poco sconfitto dal confronto con l’opera cartacea.
11/22/63 è un’opera che segue due strade parallele: da un lato c’è la vicenda principale, che vede il giovane professore Jake Epping scoprire l’esistenza di una macchina del tempo, ubicata all’interno della locanda del suo vecchio amico Al Tempelton, che porta esattamente alle 11:58 del 9 settembre del 1958 e che verrà utilizzata per provare a salvare il Presidente Kennedy; dall’altro la cronaca delle giornate vissute nel passato, le avventure personali del protagonista, corpo estraneo in un mondo a lui sconosciuto e la grande storia d’amore con la bella e brillante Sadie Dunhill.
La sceneggiatura è impeccabile e, fatte salve alcune piccole differenze, è assolutamente fedele all’opera originale. Le immagini tuttavia, nonostante gli evidenti sforzi produttivi, non riescono a ricreare il fascino delle lunghe descrizioni che King pennella sulla carta per descrivere una società altra rispetto a quella dal quale proviene il protagonista: il passo televisivo è fatalmente più spedito di quello letterario e questo sposta il baricentro dell’azione sulla complessa, macchinosa ed articolata strategia messa in atto da Epping per salvare Kennedy.
Anche il finale, che ai tempi avevamo definito “uno dei più coerenti e solidi mai ideati dallo scrittore“, pur occupando un’intera puntata non riesce a pareggiare la qualità, la suspense, il romanticismo e l’amara ironia dell’originale cartaceo. In particolare, quello che accade al ritorno di Jack dalla sua “missione” (evitiamo un doppio spoiler per chi non avesse avuto a che fare nè col libro nè con la serie) appare un po’ deludente e tirato via, rispetto alla controparte letteraria.
L’eccellenza del libro non deve però oscurare quanto di buono (tanto) offre la riduzione (termine un po’ inelegante ma perfetto per stabilire il rapporto tra i due medium) televisiva di 11/22/63: ottimi valori produttivi, regia agile e convincente, sceneggiatura capace di rendere coerenti ed omogenee molte delle sottotrame presenti nell’originale e un cast all’altezza. Piace il volto atemporale di James Franco, si ama incondizionatamente quello fragile di Sarah Gadon (già vista in altre serie e in Cosmopolis e Maps to the Stars di Cronenberg). Insomma, un’altra serie da vedere.
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