Tra tutti gli episodi della nuova ed eterogenea stagione di Black Mirror, Men Against Fire (Gli Uomini e il Fuoco) è, con tutta probabilità, quello più solido e misurato. Sia per quanto riguarda la sceneggiatura, articolata in tre atti scanditi in maniera equilibrata – l’azione incosciente, la presa di coscienza e la scelta – sia per ciò che interessa la riflessione sugli effetti psichici e sociali dovuti all’impiego delle nuove tecnologie e, soprattutto, sul loro ruolo etico.
Protagonista della storia è Stripe (Malachi Kirby), un soldato alla sua prima esperienza sul campo che ha il compito di individuare ed eliminare gli “scarafaggi”, individui contagiati da un imprecisato virus e altamente pericolosi. Nonostante il successo della missione, in cui Stripe affronta e uccide due scarafaggi, l’esito dello scontro si rivela più problematico del previsto. Dopo aver osservato una luce verde proveniente da un misterioso oggetto brandito dall’infetto, il soldato comincia ad accusare un senso di confusione che, se sulle prime sembra interessare unicamente la sua condizione fisica, successivamente arriverà a intaccare l’uomo più in profondità, nelle sue credenze e nella sua morale…
In un futuro distopico in cui, a prescindere dalle tecnologie all’avanguardia, si evidenzia un’insolita arretratezza delle condizioni di vita, l’esistenza si presenta come un bizzarro compromesso tra il conflitto e la quiescenza, una società tribale (a cultura plagiata) – i civili non vedono gli infetti come mostri, ma li emarginano sulla base di segnalazioni condivise – e una società militare (a natura artificiale) – i soldati indossano una “maschera” in grado di alterarne le percezioni –, una povertà materiale (in cui però sono garantite le facoltà umane) e una ricchezza strumentale (alla quale fa eco una miseria percettiva).
Le tecnologie, come suggerito, sono impiegate per far fronte a un’epidemia che trasforma gli uomini in creature disgustose e aggressive, senza però che venga mai offerta la possibilità di valutarne l’efficacia o i relativi benefici. Lo scenario, al contrario, non fa che istillare nello spettatore più di un dubbio, fino a renderlo un sospetto costante. Così, quello che inizialmente rappresenta un presidio mostrato come necessario, si rivela presto una misura segregazionista che vede legare a doppio filo i soliti timori di stampo razziale ad ambizioni eugenetiche.
Il passaggio dalla paura al sospetto e infine alla verità è raccontato in maniera fluida e convincente e, seppur quella di Man Against Fire non rappresenti di fatto una riflessione nuova o particolarmente originale – di minor impatto rispetto ad altre vicende raccontate in Black Mirror – l’episodio resta uno dei più duri e scioccanti, in cui a prevalere sempre e comunque è la meschinità dell’uomo, sulla quale sembra fondarsi la costruzione di un prossimo inquietante futuro…
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Black Mirror – Stagione 3 – Episodio 6: Hated In The Nation
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