Conor vive un’adolescenza travagliata: la madre sta per morire a causa di un cancro terminale, a scuola è vittima di bullismo e ha una pessima relazione con la nonna e il padre e l’unica cosa che gli dà felicità è il disegno. Una notte però, Conor incontra il Mostro, un albero gigante dalle fattezze umane, che gli offre “tre storie” per averne un cambio una originale ideata da Conor e figlia della “Verità”. Notte dopo notte, incontro dopo incontro , il rapporto tra il ragazzino e il mostro diventa sempre più stretto, fino ad una incredibile scoperta…
Stile spagnolo, talento americano: è mescolando questi due elementi che dal nulla sbuca A Monster Calls, ultima opera di Juan Antonio Bayona, che aveva iniziato benissimo con The Orphanage e poi si era un fatto parzialmente travolgere dallo tsunami hollywoodiano di The Impossible.
Ricco di metafore, allegorie e classicissima opera di formazione, A Monster Calls richiama pietre miliari del cinema per ragazzi come La Storia Infinita e altre, più recenti, come Pan’s Labyrinth, The Iron Giant e Un ponte per Terabithia, in cui il fantastico è un mezzo per permettere al protagonista per elaborare ed accettare la morte e la perdita. La messa in scena di Bayona è piacevolmente anticonvenzionale: si mescolano live action, stupende sequenze animate (caratterizzate da uno stile minimalista, colorato e molto efficace) e la CG del mostro, le cui “presenze” sono centellinate con parsimonia.
Il film, adattamento cinematografico del romanzo Sette minuti dopo la mezzanotte del 2011, scritto da Patrick Ness, anche sceneggiatore del film e vincitore di innumerevoli premi nell’ambito della letteratura per l’infanzia, ha come punte di diamante la straordinaria interpretazione del giovanissimo Lewis MacDougall, che conferma l’eccezionale vastità del bacino di raccolta anglosassone, quando si tratta di trovare nuovi talenti ed il “mostruoso” doppiaggio originale di Liam Neeson (senza dimenticare una Weaver legnosa, pedante ed efficace nel difficile ruolo di chi si trova a perdere anzitempo una figlia e non sa spiegare il perché al nipote).
Lo script non fa sconti e, nonostante alcuni momenti più umoristici e leggeri (molto pochi, a ben vedere) il senso di oppressione e disagio dovuto ai plurimi drammi vissuti dal ragazzo appaiono piacevolmente anticonvenzionali, specie in un panorama cinematografico che ha da tempo fatto dell’happy end un dogma indiscutibile. A Monster Calls invece, specie se visto assieme ad un genitore non distratto, può diventare per un adolescente un volano perfetto per discutere dei fatti (belli e brutti) della vita.
A Monster Calls è una favola esistenzialista di rara eleganza, che richiama il sapore dolceamaro dei classici di Grimm, ben diretta e magistralmente interpretata da un gruppo di attori in grandissima forma. Merce rara, di questi tempi. Tenetelo presente, se e quando uscirà nei cinema nostrani.
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