Tommy Wiseau, eccentrico “artista” desideroso di sfondare ad Hollywood e Greg Sestero, giovane attore alle prese con le difficoltà di una carriera che stenta a decollare, si incontrano ad una scuola di recitazione e decidono di girare un proprio film, invece che provare inutilmente a battere alle porte di agenti e case di produzione: si chiamerà The Room e sarà un capolavoro…

Un elemento che contraddistingue gli USA da quasi ogni altro paese del mondo e che rappresenta forse più di tutti il fondamento del celebre “Sogno Americano”, è la gestione del fallimento. Anche dalla peggiore debacle può nascere qualcosa di buono e le vicende di Wiseau e The Room stanno lì a dimostrarlo. The Room è un filmaccio prodotto con non si sa quali soldi, uscito nel 2003 e graziato dalle stimmate di “peggior film mai girato“. Grazie a questa (s) comoda etichetta, l’opera finisce ovviamente con l’ottenere un bel successo in home video, trasformandosi in un “cult”, espressione quanto mai ambigua, perchè molto spesso associata a opere oggettivamente mediocri e miserabili che meriterebbero davvero l’oblio eterno e che invece non solo sopravvivono, ma finiscono per essere oggetto di apprezzamenti senza senso (e noi italiani ne sappiamo qualcosa, visto che sulla assurda rivalutazione “autoriale” di orribili western, commediaccie e “poliziotteschi” girati e recitati da cani, c’è gente che campa da anni).

The Disaster Artist racconta sostanzialmente due storie: da un lato descrive (tutto sommato efficacemente) il complesso rapporto amicale tra i due protagonisti, dall’altro ripropone paro paro la lavorazione di The Room, che il “saggio” Wiseau, nell’ennesimo delirio di onnipotenza, aveva fatto girare a mò di documentario dai membri della troupe.
L’operazione The Disaster Artist ha padri nobili, in teoria: in primis Ed Wood, il film di Tim Burton dedicato al “peggiore regista di sempre” (gli assoluti tirano sempre), ma in quel caso ampio spazio era dato alla caratterizzazione di tutti i personaggi e alla descrizione dell’ambiente e dei tempi in cui vivevano e lavoravano. Mentre in Burton c’era una sincera e genuina ammirazione per gli sforzi di Ed Wood e una certa compassione nei suoi confronti, Franco rappresenta Tommy Wiseau per quello che probabilmente è: un ciarlatano mitomane con manie di grandezza ma anche un discreto fiuto per gli affari, visto che con tutti i ricami che gli sono stati fatti sopra, The Room, oggi, è un grande successo.

The Disaster Artist, a differenza di Ed Wood, appare quasi sempre un’operazione furba e paracula: il film è fatto apposta per piacere, trabocca di camei degli “amici” della scuderia-Apatow (sempre molto affollata, un po’ come quella di Weinstein pre-scandalo, metti il caso che…), ammicca spudoratamente allo spettatore, che ovviamente si diverte un mondo a vedere Franco e compagnia fare gli scemi (e non solo il pubblico, visto per l’attore è arrivato anche il Golden Globe), ma il tutto appare un po’ troppo autoreferenziale e cinicamente costruito a tavolino.

James Franco è bravo a calarsi nella parte e dimostra un notevole talento nel replicare l’originale, tant’è che forse la parte più interessante del film sono i titoli di coda, con la sovrapposizione tra le sequenze di The Room e quelle rifatte ex novo dal cast di The Disaster Artist, che appaiono sostanzialmente indistinguibili fra di loro, roba da fare invidia allo Psyco di Gus Van Sant (che replicava frame by frame l’originale di Hitchcock, o almeno ci provava…). Tolto questo però, non resta altro che una simpatica e innocua commediola su due cialtroni che volevano fare cinema, riproposta da un team che sicuramente si sarà divertito un mondo a girarla, ma che non aggiunge nulla alla storia della settima arte, nè fa molto per provarci.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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