Poteva sembrare difficile ma, anche senza l’acume creativo dell’autrice originale (la tolonese Fanny Herrero), l’impresa di creare una quarta stagione di Chiami il mio agente! che superasse le aspettative create dalle precedenti è riuscita.

Nel 2019 le redini sono passate a Victor Rodenbach e a Vianney Lebasque, che hanno cercato di guidare questo gioiellino della tv francese a quello che doveva essere un finale definitivo: le avventure professionali degli agenti dell’agenzia di star ASK si sarebbero avviate al capolinea. Il 2021, però, ha portato buone notizie ai fan: uno dei co-creatori, Dominique Besnehard, ha confermato poche settimane fa al magazine francese Télépro le voci secondo cui Chiami il mio agente! avrà un futuro. Che prevede anche una quinta stagione.

Sbarcata da pochissimo su Netflix per il pubblico italiano (France 2 ha sempre avuto la priorità in patria), la serie ha un titolo originale ancora più esegetico: Dix pour cent, ossia tradotto letteralmente Dieci per cento, la percentuale che le agenzie prendono sugli ingaggi degli attori che rappresentano.

Chiami il mio agente!

Chi l’ha seguita sa che Chiami il mio agente! punta i riflettori su chi di solito sta nel backstage: gli agenti. Nel cuore di Parigi (ripresa come i francesi sanno fare, vera, mai cartolinesca), la ASK è una delle agenzie-boutique più rinomate del cinema francofono. Quando, nel primo episodio della prima stagione, il fondatore Samuel Kerr muore per aver ingoiato una vespa durante una vacanza all’estero, a tenere dritto il timone restano i quattro agenti senior nonché soci minoritari di ASK: il calcolatore Mathias (Thibault de Montalembert), la granitica Andréa (Camille Cottin), il tenero Gabriel (Grégory Montel) e l’espertissima Arlette (Liliane Rovère). Quando la figlia segreta di Mathias, Camille (Fanny Sidney), cerca lavoro in agenzia per inseguire il sogno di diventare agente, le cose si complicano. Non solo per padre e figlia.

Il bijou incastonato nella struttura aurea di ogni puntata è la presenza di una vera star del cinema d’oltralpe che interpreta sé stessa, dando il titolo al suo episodio. E senza paura di prendersi in giro. Il parterre-de-rois delle prime tre stagioni è stato da capogiro: fra gli altri, Isabelle Huppert, Jean Dujardin, Nathalie Baye, Juliette Binoche, Fabrice Luchini, Cécile de France, Monica Bellucci e Isabelle Adjani.

Oggi la quarta stagione, forte del successo di pubblico e delle dorature fra cui la nomination agli International Emmy, non è da meno: le guest star a bordo includono Charlotte Gainsbourg, Jean Reno e una diva di Hollywood come Sigourney Weaver.

Chiami il mio agente!

Il quarto capitolo di Chiami il mio agente! inizia così dove il terzo si chiudeva. Mathias ha lasciato ASK dopo un intrigo di troppo, intraprende la carriera di produttore cinematografico insieme a Noémie (Laure Calamy), ormai non solo un’assistente. Camille è sempre più a suo agio nel districarsi fra il ruolo di agente junior e quello di assistente di Andréa, che è invece in difficoltà nel conciliare il ruolo di neo-mamma e le pressioni del lavoro. Gabriel fatica a superare la separazione da Sofia (Stéfi Celma), l’ex-centralinista di ASK che lui stesso ha trasformato in attrice in ascesa con tanto di nomination ai César, gli Oscar francesi.

Arlette continua a rappresentare un baluardo di serafica saggezza per un’agenzia sempre più stritolata dalle difficoltà finanziarie, accompagnata dall’adorato cagnolino Jean Gabin. E mentre l’assistente di Gabriel, Hervé (Nicolas Maury), accarezza il sogno di passare dall’altra parte della barricata e recitare, subdola si infiltra in ASK l’ombra caustica e marcia della concorrenza: quella di StarMédia, l’agenzia rivale di sempre impegnata in mefistofeliche manovre di sabotaggio. 

L’acume vagamente spigoloso e il sarcasmo très français degli inizi si arrotondano, quasi giunti a maturazione: Chiami il mio agente! migliora con gli anni. La quarta stagione rifiuta (alcuni) eccessi che, soprattutto agli inizi, erano detonatori di comicità e sfuma i colori dei suoi protagonisti in un irresistibile mix agro-dolce. Sgombriamo il campo da dubbi: anche quest’anno si ride. Charlotte Gainsbourg finisce sul set di un orrendo film di fantascienza e non sa come uscirne perché il regista è suo amico. Jean Reno, deluso dal set di un improbabile film natalizio, pensa di lasciare il cinema. Sandrine Kiberlain vuole voltare pagina e darsi alla stand-up comedy. E Sigourney Weaver atterra a Parigi irresistibilmente attratta dalla prospettiva di girare una storia di amour fou con il sex symbol Gaspard Ulliel.

Chiami il mio agente!

Umane, troppo umane, ma anche coraggiose, le star e i loro ego diventano costosissime pedine da muovere nel gioco del cinema e della vita: vanno accudite e amate come i figli e i fidanzati, coccolate come i mariti, ma alle volte manipolate. Eppure gli autori evitano la satira e l’umorismo grossolano, dribblano gli stereotipi e, mettendone in scena le fragilità, rendono i divi ancor più adorabili.

Ma, come deve essere in una serie sugli agenti, il retroscena diventa più interessante del tappeto rosso di Cannes (rappresentato in modo quasi sacrilego nell’ultima puntata della seconda stagione, in cui Juliette Binoche ha problemi con un abito e un illustre stalker per poi finire la serata d’apertura mangiando pizza nella sua suite) o della cerimonia dei César. Ci sono maggiore consapevolezza e più di una presa di coscienza, e la normalità così straordinaria e così terrena di Mathias, Andréa & co. diventa ancora più ipnotica. Complice, probabilmente, la consapevolezza che la quarta rischiava di essere l’ultima stagione di Chiami il mio agente!.

Un rischio che oggi pare sventato e che (forse) rende il mélange di questa quarta parte ancor più irresistibile: perché alleggerisce anche la nostalgia.

Pur nei suoi guizzi sopra le righe questa seriale commedia-degli-equivoci chic non stanca, non stona: serenata molto colta alla magia del cinema, così atipica da farcelo amare anche se spesso non lo mostra. Perché sul set i nostri passano poco tempo, impegnati ad attraversare Parigi in auto o in moto per poi tornare in ASK, nell’elegante palazzo che chi frequenta Parigi riconoscerà all’angolo fra Rue Saint-Honoré e Rue de Marengo, a una manciata di metri dal Louvre.

I tempi comici del cast sono perfetti, anche nel dramma. Camille Cottin splendidamente ferrigna nel nascondere le ferite del cuore, Thibault de Montalembert finto cattivo che scopre un’anima, Liliane Rovère al profumo di Nouvelle Vague, e Grégory Montel incapace di occultare la sua bonaria spontaneità. Fanny Sidney è bella e funziona alla perfezione anche nelle situazioni più rocambolesche, Nicolas Maury dà un nuovo volto alla sensibilità che ribolle sotto la maschera farsesca e Laure Calamy è esplosiva nel tratteggiare un personaggio così naïve eppure così vivace e penetrante.

Chiami il mio agente

Se è passato un po’ da quando avete finito la terza stagione, fatevi un regalo e riguardate Chiami il mio agente! dall’inizio, prima di riprendere con questa quarta stagione: i dettagli da scoprire non mancheranno. Se siete a digiuno, siete fortunati: correte a vederlo ma dando dei tempi alla maratona, senza abbuffarvi. Il motivo principale della colonna sonora creata da Loïk Dury et Christophe Minck vi entrerà presto in testa, e faticherà a uscirne.



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