Non amo il genere horror per svariati motivi che è inutile dibattere in questa sede, ma una cosa la voglio dire: chi ha bisogno della finzione dell’orrore quando la realtà offre vicende terrificanti come quelle narrate in Dr Death?
La miniserie Peacock, disponibile su Amazon Prime, mette in campo un cast di lusso davanti e dietro la telecamera (Jennifer Morrison) per raccontare la vera storia di Christopher Duntsch (Joshua Jackson), e di come sia riuscito a passare per brillante medico in carriera, pioniere nell’impiego delle cellule staminali, mentre nella realtà dei fatti è stato responsabile della mutilazione di trenta pazienti e della morte di due. Solo l’impegno di due ex colleghi – interpretati da Alec Baldwin e Christian Slater – ha impedito che il conto delle vittime salisse e che il chirurgo-macellaio continuasse a operare impunito.
“Sono stato fortunato perché ho trovato un medico bravo“. Questa è una delle frasi che ricorre spesso tra persone che discutono delle loro esperienze ospedaliere positive. Ecco, per me la quasi naturalezza con la quale siamo portati a sperare di trovarci di fronte a un bravo professionista è terrorizzante.
Un avvocato, un idraulico, un impiegato del catasto può permettersi di essere un mediocre, non un medico. Ogni professionista al quale ci rivolgiamo può crearci un problema, anziché risolverlo, di magnitudine variabile, ma i danni che può causare uno specialista preposto alla cura possono essere devastanti per la salute e rovinare quindi l’intera esistenza di un individuo, se non addirittura porre fine alla stessa. Nel campo medico dovrebbe esistere uno standard al di sotto del quale le capacità di chiunque si trovi all’interno di un luogo preposto alla cura non possano scendere. Nessuno è infallibile, ma se l’errore umano è accettabile, la negligenza se non la conclamata incapacità, no.
I pazienti del cosiddetto Dr Death credevano di essere stati fortunati, di aver trovato il chirurgo giusto al quale affidare la propria salute e recuperare una vita priva di dolore. Il titolo della miniserie, che prende le mosse dall’omonimo podcast, ci mette già sull’avviso: non è andata così.
Dr Death è una miniserie, composta da otto puntate e si origina da un podcast di successo condotto dalla giornalista Laura Beil specializzata in ambito medico scientifico. Da tre anni a questa parte la Beil racconta storie di malasanità, di medici truffaldini, o dolosamente incapaci, che sono riusciti a restare in attività per anni provocando danni irreversibili, quando non addirittura la morte, a numerosi pazienti.
Nella prima stagione, il caso in esame ha riguardato il neurochirurgo texano, Christopher Duntsch, protagonista della miniserie. Nel corso delle puntate vediamo come l’uomo sia riuscito a spacciarsi per un brillante neurochirurgo e a ottenere di operare all’interno di prestigiose strutture ospedaliere, corresponsabili dei fatti narrati. Le colpe personali di Duntsch sono evidenti, ma vanno infatti prese in esame le colpe di una legislazione che ha permesso ai centri di cura di disfarsi senza troppo clamore – e soprattutto senza conseguenze legali – del chirurgo una volta accortisi della problematicità dell’uomo.
Dr Death ci traghetta attraverso una tempesta perfetta formata dalla farraginosa legislazione del Texas, se non studiata per essere contro il singolo e a favore delle grandi cliniche che nel paziente vedono essenzialmente una voce di bilancio, fiducia mal riposta, e un sistema universitario che quasi inspiegabilmente ha fornito le credenziali di chirurgo a qualcuno che mai avrebbe dovuto mettere piede in una sala operatoria se non da paziente.
In questo ambiente si muove Duntsch. Joshua Jackson – che ha sostituito Jamie Dorman – dà prova di saper mettere da parte quell’aria da amabile impertinente a cui si vuole tanto bene, e che lo ha reso famoso nei ruoli di Pacey (Dawson Creek) e Fringe (Peter Bishop), per diventare un villain convincente villain, deprecabile e inquietante.
Il chirurgo è infatti una miscela di vanagloria e disprezzo per la vita altrui, con una sciagurata dose di pensiero magico: dal momento che lui vuole a tutti costi essere un dio della neurochirurgia, allora può esserlo. Ma nella realtà dei fatti, oltre la sua ostinazione, non c’è nulla che lo qualifichi come abile e capace. L’uomo ha solo un certo talento per il lavoro di ricerca e, se si fosse attenuto a quel campo, dietro una scrivania, probabilmente avrebbe guadagnato legittimamente la stima e l’ammirazione che evidentemente bramava.
La miniserie è un’appassionante, per quanto sinistra, indagine su come sia stato possibile che un medico come Duntsch esercitasse la professione per anni, e di come – fortunatamente (di nuovo la fortuna) – due medici, Robert Henderson (Alec Baldwin) e Randall Kirby (Christian Slater), siano riusciti attraverso un lavoro investigativo a tutti gli effetti ad aiutare la procuratrice a mettere in piedi un caso convincente per assicurare il Dr Death alla giustizia, anche se questo sarà di poco conforto per tutti quei pazienti di cui viene mostrato il calvario.
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