Metto subito le mani avanti: sono contento di star recensendo Halo: Infinite su Players e non altrove, dove avrei dovuto impormi un tono più distaccato. Qui invece posso sbilanciarmi e auto-denunciare da subito la mia partigianeria. Per Halo ho un debole, e fatico a mettere in campo tutta la mia obbiettività. Chiariamoci: succede a tutti, anche sui cosiddetti “grandi siti di settore”. Lo impara chiunque si sia ritrovato a insegnare in vita sua: era vero, i prof hanno le preferenze. E così anche i recensori, chi lo nega mente, sapendo di mentire. Poi certo la professionalità insegna a filtrare e tenere a bada queste preferenze. Ma ci sono e restano. 

Ok, ora che ho vuotano il sacco posso dirlo: per quanto mi riguarda, Halo: Infinite è un gran gioco. Lo dico come fan che ha passato centinaia di ore, per lo più notturne su Halo 3 (e dunque forse poco attendibile, perchè per me nemmeno 4 e 5 erano del tutto da buttare). Ma lo dico anche come redattore che scrive da più di dieci anni su i “siti di settore”, e in questo altro ruolo sono consapevole che ad Halo sia sempre mancato qualcosa per raggiungere davvero le masse. Per qualche motivo Halo non è sexy: forse manca la spinta giusta sul piano di marketing (e anche in questo caso il gioco esce un po’ in sordina), forse la sua impostazione viene percepita come troppo classica, chissà, ma al di là del terzo capitolo uscito nel periodo di esplosione di Xbox 360, Halo non è mai stato un brand capace di spostare le sorti della console war, purtroppo.

Halo: Infinite

Nel caso di Halo: Infinite certo non hanno aiutato le traversie che ne hanno accompagnato lo sviluppo. Tra rinvii, rivoluzioni nel team di sviluppo e trailer non all’altezza delle aspettative, l’arrivo di un nuovo Halo realizzato da 343 Industries è stato accompagnato da un po’ di scetticismo. Sono curioso, in questo senso, di capire come l’utenza reagirà all’approccio utilizzato dal team di sviluppo nella Campagna online, considerando che la presenza del gioco nel catalogo Gamepass aprirà le porte a una platea ben più vasta, composta da veterani e nuovi arrivati.

Rispetto alle classiche avventure di Master Chief, Infinite segna un netto stacco col passato, abbandonando la formula fatta da “corridoi”, ovvero missioni strutturate secondo percorsi più o meno obbligati, per abbracciare l’open world. Al termine del preludio, Master Chief si ritrova sullo Zeta Halo, in compagnia del pilota che l’ha salvato dall’ibernazione siderale nello spazio e da una nuova IA. Intorno a lui c’è un pianeta in lotta, dove le forze UNSC sono sparute e sull’orlo della sconfitta. Mappato da Arma, l’Intelligenza Aritificiale, il territorio è costellato da basi degli Esiliati e altri punti di interesse, rappresentati ad esempio alti ufficiali nemici o magazzini: è un modo per etichettare le missioni necessarie all’avanzamento della trama e differenziarle quelle secondarie.

La liberazione delle basi UNSC aggiunge via via strumenti al gioco, sotto forma di supporto alleato e rifornimenti richiamabili. Questa classica impostazione di sparatutto open world si integra però in maniera piuttosto armoniosa con gli elementi cardine di Halo, ovvero un intelligenza artificiale dei nemici che rende mai banali gli scontri, un ottimo feeling delle armi e una libertà di approccio che questo capitolo aperto non può che amplificare. Per rendere meno d’impatto il distacco dal tracciato, 343 si è curata anche di ripresentare anche tutti quei piccoli dettagli, per lo più sonori, che hanno accompagnato l’epopea di Master Chief. 

L’impatto resta comunque abbastanza straniante, perchè se da un lato le missioni secondarie non si avvertono come riempitivi e per fortuna sfuggono al classico schema del “uomo delle consegne” in cui troppi giochi ricadono, dall’altro il ritmo risulta abbastanza spezzettato e lontano dalla classica progressione cinematografica degli Halo. Il contesto in cui Master Chief è immerso, ovvero la guerrilla per la riconquista di un pianeta, si presta bene sia dal punto di vista narrativo che da quello delle meccaniche a una struttura aperta. Resta però un azzardo, considerando il conservatorismo della base di fan storici di Halo.

Dal mio punto di vista posso dire che si spara bene, e mi sembra la cosa più importante. Alla lunga una certa ripetitività si avverte, e forse avrei preferito i cari vecchi corridoi, ma l’approccio scelto da 343 è supportato da una realizzazione di buon livello e rappresenta una ventata di aria fresca. In questo senso si è rivelata particolarmente interessante l’introduzione del rampino, il cui utilizzo offre nuove e inedite opportunità tanto esplorative quanto strategiche, che una volta introiettate incarnano il naturale complemento ai nuovi scenari aperti.

D’altra parte, le esperienze passate hanno insegnato a 343 che forse è meglio sperimentare sul singleplayer e muoversi con più circospezione su versante multigiocatore. Dopo le nuove abilità introdotte su Halo 4, così profondamente criticate dalla fan base da estendere l’aura di disinteresse e sospetto fino a Halo 5 (che invece nel tempo si è rivelato un ottimo multiplayer), Halo: Infinite segna un vero e proprio ritorno alle meccaniche Bungie del terzo capitolo. Le abilità ci sono, oggi sarebbe impossibile e del tutto anacronistico escluderle. La loro presenza però è stata ricondotta alla formula dei consumabili da raccogliere periodicamente in punti specifici della mappa, come le armi più potenti. 

Sotto la nuova scocca fatta di missioni settimanali e pass estetici, mutuata dall’odierno panorama di giochi competitivi online, torna però a battere quel cuore duro e puro di Halo verso cui convergono arterie che pompano precisione e abilità. Un cuore che nemmeno la formula del free to play è riuscito a scalfire, questa volta (grazie anche alla saggia decisione di non vendere oggetti che regalino alcun tipo di vantaggio). Non c’è spazio al caso nel multiplayer di Halo: Infinite, e potete verificarlo già ora accedendo alla beta resa pubblica su Gamepass: vince il più forte, sempre. 

Questa intransigenza però è anche il segreto di un successo di un gioco che ti spinge a migliorarti, ad allenarti, a capire come fanno gli altri a batterti (no, non è lag, non è vero, lo sappiamo benissimo, anche se non smetteremo mai di urlarlo). Online si respira aria da Halo 3 e per quanto mi riguarda non potrebbe esserci notizia migliore: resta da vedere come la prenderà la massa di videogiocatori, ma ho il sentore che una combinazione di fattori (tra cui la perdita di interesse di altre formule e la presenza di Infinite nel Gamepass) possa rendere Infinite un posto abbastanza affollato nei prossimi mesi. 

Ah, prima di chiudere, una nota sulla grafica: buona parte delle sciagure produttive a cui è passato in mezzo Halo: Infinte nascono da uno sciagurato trailer in cui il gioco sfoggiava un aspetto ben al di sotto degli standard odierni. La versione finale è decisamente lontana (in positivo) e pur senza far urlarle al miracolo (come Forza Horizon 5, ad esempio), coniuga un’ottima profondità di campo con un’ottima pulizia, marchio di fabbrica dell’estetica e del design di Halo. Non è il gioco che farete vedere all’amico per spiegargli cosa si perde graficamente senza una Xbox Series X, ma il comparto visuale è decisamente funzionale a quello più prettamente ludico, mostrando uno scenario chiaro e perfettamente intellegibile in ogni situazione. Che poi è una sintesi della filosofia di Halo: la sostanza prima dell’apparenza. E forse è anche il motivo per cui la saga spesso ha ricevuto meno apprezzamenti di quanti ne avrebbe meritati.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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