Un dettaglio dalla cover di Sullivan’s Sluggers

Sport e horror di rado coesistono nello stesso insieme, e le ragioni sono piuttosto facili da intuire. Ma il fatto che difficilmente i due argomenti convivano non lo rende impossibile. A tal proposito ci pensa Saldapress, che pubblica nel Belpaese una delle più divertenti proposte di casa Dark Horse Comics: Sullivan’s Sluggers di Mark Andrew Smith e James Stokoe.

Alle nostre latitudini il baseball non ha mai goduto di un vero seguito, diversamente dagli Stati Uniti, dove al contrario, seppur con alti e bassi, non ha mai perso la sua popolarità (grazie, graziella e grazie al ca… direte). Ed è proprio nel cuore rurale degli States, che il più tradizionale fra i loro sport incontra l’orrore e il grottesco. Una storia di eroici perdenti, di scappati di casa pronti a vendere cara la pelle; insomma, degli sfigati gettati nel tritacarne. Sullivan’s Sluggers è tutto ciò, un grand guignol del grottesco, con richiami estetici ai vertici del genere (Lovecraft, Barker etc), senza però mai limare la pesantissima vena ironica che permea l’intero fumetto. Sì perché in questo volume si ride molto e frequentemente, grazie a un gergo spesso colorito e personaggi sui generis.

Alcune vignette dagli interni di Sullivan's Sluggers.

Strutturalmente parlando Sullivan’s Sluggers non brilla mai, fortunatamente. Uno schema classico per una storia facile da assimilare e digerire. Si evitano le iperboli strutturali, così come i testi, mai criptici, mai ridondanti, sono semplici nell’esposizione e quasi sempre ridicoli. D’altronde Smith ci propone un parco personaggi poco avvezzo ai paroloni, forse ignorante, ma che rappresenta uno dei fondamentali punti di interesse di quest’opera. Ogni volto ha una sua particolare identità, un suo stile, un suo gergo. A partire da Casey Sullivan, giocatore decaduto un tempo stimato e rispettato, oggi confortato dalla sempreverde bottiglia. Allena la squadra itinerante protagonista della storia. Sullivan è senz’altro l’uomo sotto il riflettore, probabilmente il volto più ricorrente nelle vignette: turpe, volgarissimo e rissaiolo. Ma anche giusto e protettivo nei confronti del team. C’è poi Duncan, il “rookie”, il bravo ragazzo dall’anima pia e con un sincero amore per il baseball. Emotivamente molto legato al suo coach, rappresenterà uno dei numerosi archetipi presenti nell’opera.

Come in ogni buona storia di genere, Sullivan’s Sluggers entrerà nel vivo non appena la squadra si vedrà assediata da un’intera città di amenità che dimorano nei corpi dei suoi cittadini. Al calar del sole essi emergono, dando vita a una macelleria messicana colma di viscere e grida. L’intero comparto grafico qui gioca una partita di rilievo, imprimendo uno stile tutt’altro che aggraziato, ma estremamente appropriato, con bizzarrie deformi piene di denti, grottesche e “schifosamente” colorate da Rodrigo Avilés, che farà un largo ricorso al verde e al marrone, come per voler risaltare il lato vomitevole delle creature. Più in generale il disegno appare perfettamente amalgamato al concept della storia, a partire dai vari personaggi che compongono la squadra, tutti più o meno distinti da segni peculiari, siano essi gestuali (espressioni facciali, pose, etc.) o materiali (armi, occhiali da sole, berretti etc).

Alcune vignette da Sullivan's Sluggers.

Esistono davvero i mostri?

Ora però fermiamoci un attimo. È senz’altro vero che in Sullivan’s Sluggers si ride parecchio, così com’è senz’altro autentica la natura pulp del fumetto. Ma dietro questo intercalare Heavy Metal, c’è dell’altro. E credo valga la pena parlarne.

La storia americana passata e presente è costellata di persecuzioni a sfondo razziale, nulla che oggi rappresenta un mistero; ma cosa c’entra tutto ciò con baseball e demoni? Praticamente tutto.

Nonostante una forma marcatamente scanzonata e sopra le righe, il fumetto non rinuncia a del sano impegno civile, mostrando attraverso un flashback, l’ennesima deriva xenofoba e persecutoria in pieno stile Tulsa ’21. Smith infatti, pone alla radice dell’epopea horror proprio una persecuzione, quella che decenni prima un gruppo di avidi latifondisti bianchi perpetrarono ai danni di una famiglia nera rea di aver trovato il petrolio sulla propria terra: una società che ha faticato (e continua a faticare) ad accettare il riconoscimento dei fondamentali diritti alle persone di colore. C’è riluttanza, c’è indignazione, c’è disgusto nella comunità bianca. Per secoli hanno creduto (e sostenuto) in dottrine evoluzionistiche che ponevano l’uomo bianco all’apice della scala evolutiva, al contrario della popolazione nera, ovunque ritenuta a dir poco selvaggia. E quando il moto della storia ha cominciato a incrinare questa convinzione di superiorità, la violenza è esplosa in tutta la sua mestizia. Nacque il Ku Klux Klan, radicalizzati e “ammanicati” con un’ampia pletora di istituzioni, polizia in primis. In questo fumetto accade questo: dapprima molestie verbali, seguite da umiliazioni pubbliche e violenze. L’unico a opporsi fu un prete, che ebbe solo il tempo di maledire quei carnefici e la loro città davanti a Dio. Il resto è storia nota, non appena i raggi del sole lasciano la città di Malice, i mostri emergono dagli abissi dei suoi cittadini, colpevoli di essere stati a loro volta dei mostri.

In definitiva Sullivan’s Sluggers è un divertentissimo fumetto pulp dove la trivialità gioca certamente un ruolo di prim’ordine, senza però costringere in secondo piano il lato più riflessivo della sua storia, oggi ancora drammaticamente attuale. 

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Un giocatore di baseball, di spalle, in piedi, osserva dei mostri poggiando la mazza da baseball sulla spalla.



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