Niente in natura manca del suo uso magico e Ginevra di Gasparo, in grado di sentire e vedere i fili dorati che tengono insieme uomini, donne, natura e destini, lo sa bene e lo sperimenta con naturalezza particolarmente attraverso l’uso delle gemme: l’eliodoro emette luce, ma solo per coloro che lo tengono in mano, lo smeraldo inciso con le parole sacre agli arabi garantisce riposo agli occhi ma regala anche la facoltà di vedere ogni cosa sotto una nuova prospettiva, l’ossidiana nera è ottima contro le febbri, e il corallo rosso – ovvero piante marine pietrificate dal sangue di Medusa – tengono lontano l’Occhio da ciò che vorrebbe maledire, ma “…se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, è anche vero che non è solo il malocchio a poterli utilizzare come portali ma anche l’amore” il problema, però, è che a volte è difficile distinguere le due situazioni perché anche l’amore può avere conseguenze simili a una maledizione.
Lo sa bene Ginevra che viene convocata a Firenze, città dalla quale era stata esiliata dieci anni prima con l’accusa di stregoneria. L’invito sembra arrivare dal ragazzo di nobile famiglia di cui era innamorata e che all’epoca l’aveva solo illusa per poi (forse) abbandonarla al suo destino. Siamo nel periodo della peste nera e Ginevra pensa che questa volta le sue arti di guaritrice verranno non solo caldeggiate, ma anche riconosciute: magia e arte medica, infatti, sconfinano l’una nell’altra così come i rituali religiosi assomigliano spesso a una serie di superstizioni ammantate di paramenti ecclesiastici.
In ogni caso, che si tratti di guarire, oppure ottenere grazie e protezione pregando reliquie o invocando santi, è sempre una questione di potere: chi somministra le cure e chi amministra le funzioni esercita un potere da cui le donne sono immancabilmente tagliate fuori, a meno che la situazione non sia così disperata da far sì che ci si risolva di ricorrere perfino a loro, come accade a suor Agnesa che amministra un convento nella cui ala segreta – ma ben conosciuta da tutti – vengono assistite privatamente le partorienti che diversamente darebbero scandalo con la loro gravidanza.
Con queste premesse, quello che si presenta inizialmente come una storia di magia e rivalsa, sorprende nel momento in cui capiamo di ritrovarci di fronte a un romanzo investigativo, un appassionante whodunnit in cui è l’autrice, Anna Rasche, a tirare i fili dorati che avvicinano, uniscono e separano i personaggi.
Il lavoro di ricerca e deduzione di Ginevra – che si ritrova a muoversi in una Firenze ridotta a un lussuoso sepolcro in cui le poche anime ancora vive si dividono tra avvoltoi e reclusi in lutto – è l’occasione per esplorare i temi dell’amicizia e della resilienza delle donne, là dove la resilienza non è semplice sopravvivenza alle avversità, ma la capacità di conservare un cuore generoso e imparare a usare la compassione come un’arte che, come tale, non è alla portata di tutti. In ultima analisi, La Strega delle Pietre è un intrigante mystery che parla soprattutto di seconde occasioni, quelle che ci presenta il destino ma anche quelle che ci procuriamo non chiudendoci nel dolore e nel risentimento.
Note
La Strega delle Pietre è pubblicato da Ne/oN, nuovo marchio editoriale di Edizioni E/O. La traduzione è a cura di Rosita Pederzolli
L’autrice, Anna Rasche, è una gemmologa e studiosa di gioielli antichi che ha trascorso alcuni mesi a Firenze studiando la storia della città e vagliando il materiale che le è servito a rendere la preparazione di Ginevra storicamente accurata, basandosi sui lapidari dell’epoca.
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