Onestamente, mai avrei immaginato di dover scrivere di Oblivion, oggi. Avrei immaginato, piuttosto, di trattare prima o poi TES VI, sequel ufficiale dell’ultimo capitolo del franchise, Skyrim. E invece, con grande stupore di tutti (del sottoscritto sicuramente), pochi giorni fa abbiamo appreso che qualcos’altro stava per arrivare, o per meglio dire tornare. Dapprima diversi leak che rimbalzano per l’etere di internet (ormai alla stregua di una piaga), screenshot inequivocabili che rimandano a un immaginario ben preciso. Infine, a rompere ogni indugio, arriva proprio Bethesda, che con l’ormai rodata pratica dello shadow dropping, rilascia TES IV: Oblivion Remastered.
La mia reazione, a dire il vero, è stata piuttosto composta; il che è stato strano, considerato il mio rapporto con l’opera. Correva l’anno 2008 e Oblivion circolava già da un paio d’anni. All’epoca ero, per cause di forza maggiore, ancorato alla generazione a 128bit, eppure quando compì il salto, con tanto di copia di Oblivion, per me nulla fu più come prima. Premetto che non sono il tipo che costruisce altari attorno a qualcosa o qualcuno; l’agiografia non mi è mai appartenuta. Ciò nonostante, trattenermi dal sollevare Oblivion a opera religiosa è per me uno sforzo enorme: oltre mille ore di gioco cumulate fra il 2008 e il 2011. Giocato in ogni modo possibile e immaginabile. Memorizzato ogni anfratto e angolo di mappa, ogni dialogo, ogni oggetto e relativa posizione. Un’opera che oggi più di ieri rappresenta un autentico momento angolare: quando tutto è cambiato. Oblivion rivisitò larga parte dei paradigmi del gioco di ruolo, settando buona parte di quelli che sono gli standard odierni. Ma veniamo a oggi.
Remastered o Remake?
Come avrete sicuramente notato, non stiamo parlando di un remake, ossia di una rivisitazione globale dell’opera, bensì di una remastered, che tuttavia in questo caso valica quelli che sono i tradizionali valori produttivi di un’operazione simile. Bethesda, qui in veste di produttore, affida la responsabilità dello sviluppo a Virtuos, studio a me noto prevalentemente per un’altra rimasterizzazione di peso, quella di Dark Souls. Come dicevo, Oblivion Remastered non è una semplice remastered (perdonate la ridondanza), dove al netto di qualche miglioria tecnica e visiva si preserva l’opera originale, no, in questo caso l’intervento da parte di Virtuos è stato notevolmente più profondo. Cyrodiil è pulsante, viva e visceralmente attraente. I modelli facciali di chi la abita sono stati completamente rielaborati, donando a chi gioca un senso di freschezza del tutto inaspettato. Da cosa denotiamo, quindi, il suo non essere un remake? Unicamente dal gameplay. È senz’altro vero che a distanza di circa vent’anni, un comparto ludico come quello proposto da Oblivion potrebbe risultare goffo, o persino impudente, sia per chi nel 2006 non aveva l’età per concepire un’opera simile, sia per chi, passando anche per Oblivion, negli anni si è abituato alle evoluzioni del medium. Ma è così determinante non avere un gameplay più attuale?
La risposta è no, non in questo caso. È del tutto comprensibile il fastidio di un comparto di gioco datato, dopotutto l’evoluzione passa soprattutto dal cambiamento. Tuttavia non credo sia questo l’obiettivo ultimo di questa remastered. Al contrario, credo vivamente che il valore della riscoperta sia al centro di quest’operazione; ciò include, anche, quel gameplay oggi datato che ai tempi fece la fortuna della azienda americana. Chiariamo anche che Oblivion Remastered è tutt’altro che ingiocabile. I moveset, al netto dell’età, risultano tutto sommato ancora godibili, a patto di tenere sempre a mente la natura dell’opera.
Dannata nostalgia
L’operazione nostalgia si rivela ancora una volta la carta vincente. È facile, molto facile, giocare con i sentimenti delle persone, in particolare quando questi sono collegati ai ricordi, specialmente quelli dell’infanzia. Nel mio caso, per esempio, è stato così. Oblivion è legato a doppio filo alla mia adolescenza, e riscoprirlo a distanza di molti anni è stato un vero colpo al cuore. Non voglio dire che Bethesda abbia previsto tutto, ma resterei sorpreso se non lo avessero sperato. Sono convinto che questa Remastered sia stata pensata più per i vecchi aficionados anziché per un eventuale nuovo pubblico. Il riaffiorare di quelle musiche, ancora oggi meravigliose, scatena un’infiorescenza di emozioni difficili da descrivere; emozioni che solo chi ha vissuto l’epoca d’oro dell’originale può comprendere.
Detto ciò, per quel che mi riguarda Oblivion Remastered è un successo, e non solo per ciò che il gioco rappresenta per me. L’ottimizzazione grafica appare notevole e tremendamente appagante, così come il level design, immersivo e meravigliosamente suggestivo. Lato narrativo, ovviamente, non ci sono state alterazioni di rilievo, dimostrando, come se ce ne fosse bisogno, quanta bontà ci fosse vent’anni fa dietro la scrittura del gioco.
Era un’operazione necessaria? Assolutamente no, anzi, a essere onesti avrei sperato più in un Morrowind Remastered, ma poco importa, Oblivion è tornato, lunga vita a Oblivion (Remastered)!
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