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Top of the Lake: Twin Peaks non è poi così distante

Avete notato che negli ultimi anni le miniserie non americane (inglesi, in particolare) stanno irridendo e ridicolizzando quelle yankees, arrivate generalmente alla millemillisima stagione? Personalmente, per quanto una serie tv sia ben fatta, l’idea che questa possa trascinarsi per anni o addirittura per un decennio mi inquieta e sconforta, perchè è impossibile che il livello qualitativo riesca a mantenersi costante nel tempo ed in ogni caso, dopo un po’ di tempo, personaggi, trame e sviluppi diventano troppo prevedibili. Un buon esempio di serie eccelsa sotto ogni punto di vista, breve ed autoconclusiva è Top of the Lake.

Una delle serie che hanno maggiormente influenzato la storia della televisione e dell’intrattenimento in senso ampio è Twin Peaks, vuoi per meriti propri, vuoi perchè nessuno è mai riuscito a replicarne il fascino, l’originalità e la complessità. Almeno fino a oggi. Top of the lake, ad esempio, ci va pericolosamente vicino. E per farlo, gli bastano sette puntate.

Top of the lake è una delle migliori serie del 2013. E’ prodotta dall’unione degli sforzi (e dei soldi) della BBC Two, della UKTV (australiana) e del Sundance Channel americano. Scritta e diretta da Jane “Lezioni di Piano” Campion e girata in Nuova Zelanda (paese che cinematograficamente annienta ogni concorrente, almeno in ambito locations), Top of the Lake racconta le vicissitudini della detective Robin Griffin, alle prese con la misteriosa scomparsa di una dodicenne incinta.

Prevedibilmente, lo spunto narrativo è solo l’incipit di una trama decisamente più complessa e intricata, perchè la Campion sposta quasi subito l’attenzione verso una moltitudine di altri personaggi, che popolano l’immaginario paesino di Lake Top, teatro della vicenda. E ce ne fosse uno normale. Vi ricorda qualcosa? Ecco appunto.

Il cast è, come dire, sublime: la protagonista è interpretata dalla brava e paffuta Elisabeth Moss, già vista in Mad Men e The West Wing, che dà volto e corpo ad un personaggio intrigante e misterioso, sempre in bilico tra il dover mettere in pratica il suo ruolo istituzionale ed il combattere i suoi numerosi fantasmi interiori.

Ancora migliori sono Peter Mullan e la rediviva Holly Hunter: il primo, padre della ragazzina scomparsa (evento che non lo urta particolarmente…) è la versione “oceanica” del classico redneck americano: un uomo ruvido, burbero e con molte cose da nascondere; la seconda è una santona serafica e di poche parole a capo di una folle comune composta da donne con problemi (sentimentali e non solo). A completare il quadro accorre David “Faramir” Wenham, detective locale e quindi pericolosamente assuefatto agli usi e costumi della (bifolchissima) comunità.

Scritto bene e recitato meglio, Top of the Lake viaggia a velocità di crocierà, senza sbalzi o scene madri particolarmente movimentate, ma lentamente riesce ad insinuarsi nella mente dello spettatore, che già alla fine della prima delle sette puntate, non può fare a meno di essere interessato alla sorte dei vari personaggi. Un’opera decisamente femminile (e non solo per il fatto che gran parte dei personaggi sono appartenenti a quel sesso), ma anche e sopratutto per la sapienza e la leggerezza con la quale vengono trattati argomenti delicati.
Alla fine, proprio come accadde oltre vent’anni fa in Twin Peaks, la risoluzione del mistero (cui si arriva dopo innumerevoli colpi di scena), diventa quasi (quasi) accessoria. Che dite, la merita una visione?



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