C’è un grave deficit che devo sottolineare nel trattare de Le ragazze nello studio di Munari
La volontà dell’autore è certamente il tentativo di cogliere e quasi enucleare in un elenco i poliedrici talenti di Munari e, a detta di chi scrive, di cogliere un’altra caleidoscopica molteplicità: la femminilità. Ne Le ragazze nello studio di Munari la maggioranza delle tavole ne lasciano intravedere altre, mentre l’assenza e la presenza del colore si alternano e le superfici ingannano o allietano il tatto. Un volume la cui fisicità stupisce e offre un ulteriore punto di vista sul ricordo del protagonista.
Fabio, libraio e collezionista di testi usati e di pregio (afferma di essere in possesso di volumi autografi di Italo Calvino e di Umberto Saba), ripercorre, a seguito di una delusione amorosa, un’ideale galleria. Una galleria che si compone di attimi e ricordi legati all’arte, al rapporto con l’altro femminile, con le idee e le teorie di artisti e registi italiani.
Il risultato è una sorta di chiacchierata che, al di là di Bruno Munari, riecheggia anche di altre opere: da La versione di Barney di Mordecai Richler al cinema di Michelangelo Antonioni, passando per consigli di grafica, design e comunicazione che invece sembrano richiamarsi a teorici quali Roland Barthes e Marshall McLuhan.
Un insieme che è retto dalla delicatezza di Alessandro Baronciani. Delicatezza narrativa che, tendendo una mano introspettiva, cerca di condurre il lettore a conoscere un protagonista dal carattere difficilmente apprezzabile attraverso la delicatezza del tratto grafico.
L’autore pesarese ha sempre avuto, a detta di chi scrive, uno specifico talento nel delineare corpi aggraziati, sono esaltati dalla natura biografica del racconto: Fabio non ci sta solo raccontando i suoi metodi di approccio, il suo modo di confrontarsi con l’altro sesso, ma anche come egli vede, sente, sfiora le donne.
Il riuscire a comunicare questa sensazione, quei piaceri minuscoli e peculiari che ogni uomo (e ogni donna, ovviamente) trova attraenti e desiderosi nell’altro è l’aspetto più affascinante de Le ragazze nello studio di Munari
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