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Brothers – A Tale of Two Sons

Siamo in un’era che si interroga sempre di più sul complesso rapporto tra cinema e videogiochi. Sono due medium distinti e perciò ognuno dovrebbe mantenere la sua specificità oppure è possibile arrivare a una sintesi che racchiuda le caratteristiche migliori di entrambi ? Il qui presente Brothers: A Tale of Two Sons sembra essere il titolo perfetto per risolvere definitivamente la questione, visto che è stato diretto da un regista, tale Josef Fares, che è anche un hardcore gamer cresciuto con Zelda e Final Fantasy.

Certamente la sensazione di trovarci all’interno di film è potente fin dalle eleganti inquadrature che compongono la sequenza introduttiva. Ma è tutto il primo capitolo ad essere una sorta di lunghissimo piano sequenza, con la telecamera virtuale che riprendendo a volo d’uccello i due protagonisti attraversa interamente il loro villaggio.

Nessun dialogo rovina l’unità dell’immagine, in quanto gli abitanti comunicano tra di loro tramite ampi gesti e un linguaggio immaginario il cui significato non viene mai svelato. L’interazione con i personaggi non giocanti e l’ambiente circostante, di conseguenza, piuttosto che assistere il dipanarsi della trama, serve prima di tutto a rappresentare la cultura locale e le opposte personalità dei due fratelli: anche un’azione semplice ed opzionale come esaminare un scopa produrrà reazioni differenti.

La narrazione, che già parte da un incipit di tipo favolistico, vale a dire il dover salvare la figura paterna tramite il reperimento di un’acqua magica, è quindi affidata a singoli, archetipici, episodi, costruiti solitamente sulla fragilità del fratello minore, che necessita di protezione da insidie naturali come le rapide o gli animali feroci.  Egli  si rivelerà comunque essere il vero protagonista di un racconto circolare che simboleggerà il suo passaggio all’età adulta.

Nel corso dell’avventura la collaborazione fra i due fratelli sarà invece necessaria per il superamento dei i puzzle ambientali che costituiscono l’epicentro del gameplay di Brothers. La loro risoluzione non è particolarmente complessa o originale, spostando principalmente l’interesse sul rapporto simbiotico che si crea tra i due per la lotta alla sopravvivenza.

Ciò rende il titolo di Starbreeze particolarmente vulnerabile quando le situazioni tendono a ripetersi o mancano di un forte cornice emotiva che li accompagni, il che per fortuna non accade spesso in Two Sons, anche a causa della brevità dell’avventura, ma quando succede potrebbe portare rapidamente l’utente a considerare i puzzle solo un tedioso impedimento alla prosecuzione. ICO, una dalle produzioni alle quali TS chiaramente si inspira di più, ovviava al problema rendendo i singoli enigmi fondamentali per l’esplorazione di un’unica grande struttura come era il castello.

Brothers rimane nel complesso un’esperienza certamente degna di essere vissuta, ma che tuttavia non convince fino in fondo quando viene il fatidico momento di prendere il joypad in mano, che è la vera prova del fuoco per quei titoli che tentano anche coraggiosamente di unire videogioco e cinema.



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