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Daredevil: Marvel rivoluziona anche la tv

Il nome Daredevil fino a qualche settimana fa era fatalmente associato al pessimo film del 2003 scritto (male) e diretto (peggio) da Mark Steven Johnson e interpretato (pigramente) da un Ben Affleck, allora ancora alla disperata ricerca di un’identità artistica, trovata solo di recente.

Passano dodici anni, ed il mondo dei comics e dei media è completamente stravolto: Marvel, sotto il cappello Disney, è diventato un colosso inarrestabile, il Marvel Universe rappresenta il più ambizioso progetto crossmediale della storia dell’intrattenimento, le serie tv offrono spazi infiniti per chiunque voglia cimentarsi con nuovi linguaggi, grammatiche e sperimentazioni e promettenti start-up come Netflix sono diventate multinazionali capaci di mantenere un certo nerdismo di fondo pur avendo modificato radicalmente il modo di fruire dei contenuti televisivi.

E Daredevil? Anche lui è cambiato parecchio. In meglio.

Daredevil è una serie tv di 13 episodi che Netflix (produttore assieme a Marvel) ha rilasciato integralmente (permettendo così la pratica del binge watching, cioè il potersi vedere tutti gli episodi di fila) il 10 Aprile. Bisognerebbe trattenere il respiro prima di fare un’affermazione del genere, ma la prima stagione non solo supera di gran lunga TUTTO quanto realizzato da Marvel negli ultimi anni (sì, film compresi), ma si pone come pietra miliare e di paragone per qualsiasi serie tv ispirata ai comics (e non solo) per gli anni a venire.

Com’è stato possibile? Tanto per cominciare, grazie alle due menti dietro allo show: lo scrittore/produttore/Deus Ex Machina Drew Goddard e lo showrunner Steven DeKnight, che hanno preso il personaggio, lo hanno spogliato di ogni eroismo posticcio e patinato, ne hanno narrato le vicende con uno stile secco, asciutto, realistico e con un taglio al tempo stesso ironico e pessimista. Il teatro d’azione di Daredevil, che inizia la serie senza tuta e prendendo (e dando eh!) un sacco di botte, è circoscritto al quartiere di Hell’s Kitchen, dove opera incontrastato il villain “storico”, Kingpin, che fa la sua apparizione durante la terza puntata. Nessun mondo da salvare, solo un grande e malfamato quartiere dove la gente cerca di sopravvivere giorno dopo giorno. Nessun super-potere o super-cattivo proveniente da un altro pianeta o lontana galassia: solo grandi scazzottate da strada e cattivi umanissimi (e quindi forse ancora più cinici).

Asse portante della serie sono i combattimenti: feroci, veri, magnificamente girati e coreografati. Vi ricordate la celebre sequenza di Old Boy? Beh, c’è una simile in quasi ogni puntata. Ogni episodio copre un genere cinematografico/televisivo diverso: si passa dall’action al thriller, dal drama al legal (di giorno Matt Murdock/Daredevil fa l’avvocato) senza soluzione di continuità. La regia non risparmia nulla allo spettatore, che si vede proporre scene violente (non a-la-Game of Thrones…ma ci andiamo vicini) e molto “graphic”, per usare un termine caro agli yankees, alternate ad altre più divertenti e leggere (ma non troppo…).

Altro elemento innovativo, specie pensando alle controparti filmiche o ad altre serie basate sulle gesta dei personaggi dei comics, è la massiccia presenza di lunghi dialoghi tra due persone, sempre interessanti, di grande spessore e capaci di conferire tridimensionalità anche a personaggi secondari se non addirittura semplici comparse. Lo script, per quanto valido, non sarebbe così convincente se il cast non fosse all’altezza, ma anche sotto questo aspetto Daredevil vince e convince: bravi Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, rispettivamente Daredevil e Kingpin, bravissimi i comprimari, a cominciare dal simpatico collega/amico di Murdock, interpretato da un sensibile e divertente Toby Leonard Moore e Deborah Ann Woll, la bella e intraprendente segretaria del duo, mentre risulta stranamente sottosfruttata la “vip” della serie, Rosario Dawson.

Alcuni, forse un po’ troppo disfattisti, sostengono da tempo che con la fine di alcune serie classiche (Breaking Bad l’anno scorso, Mad Men quest’anno) terminerà la Golden Age della televisione: la nostra sensazione è che si tratti solo di un passaggio di testimone, verso un’epoca in cui persino le serie sui supereroi potranno insegnare qualcosa ai classici del genere drama e comedy. E se non è una piccola rivoluzione questa…



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