Un uomo in cerca di un alloggio, che si presenta come Ter, si reca a visitare una open house, cioè una comune abitativa. Dopo aver ispezionato una poco invitante stanza e conosciuto superficialmente gli inquilini, si accorge di non poter uscire dall’appartamento: la porta non ha maniglia, le finestre sono murate, non ci sono mezzi funzionanti per comunicare con l’esterno. Inoltre Ter, che indossa una vistosa fasciatura sul cranio, si rende conto di ricordare del proprio passato solo vaghe e confuse nozioni. Le persone che vivono lì si rivelano ben presto legate tra loro da rapporti disfunzionali e malati: l’unica cosa che li accomuna è che sono rassegnati all’idea di rimanere chiusi lì dentro.
Soltanto Ter dedica ogni suo sforzo per cercare una via di fuga dall’appartamento, che scopre essere parte di un edificio chiamato The Abaddon, ma la soluzione di ogni enigma finisce per essere solo un dettaglio di un enigma più grande. Nel frattempo i sogni notturni gli rivelano quelle che forse sono scene della sua vita passata, che si rispecchiano in modo misterioso nella realtà claustrofobica in cui si ritrova prigioniero.
Questa è, per sommi capi, la trama di Abaddon
Koren Shadmi dichiara esplicitamente di essersi ispirato ad A porte chiuse, testo teatrale di Jean-Paul Sartre in cui due donne e un uomo si ritrovano chiusi in una stanza all’Inferno, torturandosi con reciproche accuse e incapaci di smettere (è qui che viene pronunciata la celebre frase “l’Inferno sono gli altri”). Lo spunto di questo fumetto è effettivamente molto simile, con la differenza che il luogo in cui si svolge non viene esplicitato (ma va detto che “Abaddon” è un termine ebraico che significa “luogo di distruzione”, usato nella Bibbia per identificare il Regno dei Morti) e che il protagonista riesce a ricordare solo sprazzi della propria vita passata.
Ciò che rende unica e coinvolgente la lettura di Abaddon
Anche la sceneggiatura è efficace, riuscendo nel difficile compito di mantenere sempre alta la tensione, nonostante la ripetitività di situazioni in cui il desiderio di fuga del protagonista viene sempre frustrato. La storia è divisa in due parti: una prima che approfondisce i rapporti di Ter con gli altri abitanti dell’appartamento, negli inutili tentativi di trovare con loro un modus vivendi. Nella seconda parte Ter riesce davvero a uscire, ma solo per trovarsi a visitare altri appartamenti che sono altrettanti microcosmi di ossessione e frustrazione.
È qui che forse risiede l’unico punto debole del fumetto: questa seconda parte, infatti, semina un grande numero di indizi sia sulla natura dell’Abaddon, sia sulla vita precedente del protagonista, portando il lettore a credere che alla fine della storia ci sarà qualche fulminante rivoluzione. Il fatto che il fumetto ritorni invece circolarmente sui suoi passi, pur essendo coerente con le premesse, lascia un fondo di insoddisfazione, facendo pensare che tutto ciò che l’autore aveva di importante da dire fosse già nella prima parte, mentre la seconda non è che una variazione sul tema.
Nonostante questa critica che gli muovo, Abaddon
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