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Sherlock – The Lying Detective: It’s A Mess

Alert: major spoiler. Considerazioni sul secondo episodio della quarta stagione in vista di una recensione finale più corposa in cui fare il punto della stagione. Qui trovate le considerazioni sul primo episodio

“Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.”

Ho un po’ barato, nel mio processo deduttivo ho eliminato solo il ragionevolmente impossibile, tutte quelle spiegazioni a cui Mulder crederebbe in un battito di ciglia, per intenderci: sostituzione di persona – Moffat e Gatiss – da parte di extraterrestri, sostituzione di persona con sosia per misteriosa morte dei due showrunner, complotti per distruggere la BBC dall’interno, e quello che è rimasto deve essere la verità. L’unica spiegazione per The Lying Detective è che gli autori siano in realtà Jack Thorne e John Tiffany, i due a cui dobbiamo Harry Potter e La Maledizione dell’Erede, l’imbarazzante testo teatrale diventato l’ottavo libro della saga. Riconosco il modus operandi.

Potrei adattare agilmente entrambe le recensioni per la Maledizione dell’Erede a questo episodio di Sherlock tanto sembra scritto da qualcun altro, da un autore con una conoscenza approssimativa del materiale a cui sta dando seguito, o semplicemente inabile nell’intendere il funzionamento dei meccanismi che hanno reso la serie eccezionale.  I temi portanti sono stati fraintesi come cliché e proposti come tali, la velocità di esecuzione è stata scambiata per frenesia, il gusto nel piazzare red herring  è diventato un continuo e confuso rimescolamento degli elementi narrativi. Si fatica a conciliare il tono fuori misura, i tempi narrativi farraginosi, la prevedibilità pedestre, con le peculiarità della serie che è riuscita a produrre qualcosa di stimolante anche quando Moffat e Gatiss tracimavano compiacimento.

Il villain dell’episodio è una enorme cortina di fumo per sviare la nostra attenzione dal personaggio che si rivelerà essere il terzo Holmes – una sorella: sorpresa! – ma questo non giustifica il fatto che Culverton Smith debba essere un avversario privo di grandezza, fascino e soprattutto sprovvisto di una reale distruttiva oscurità. In nessun momento si teme sinceramente per la tenuta mentale di Sherlock, in nessun momento Culverton riesce a essere più di un grottesco e caricaturale cattivo di cartapesta, in nessun momento il dramma personale di Watson giustifica appieno il rancore indirizzato verso l’amico.

Rispetto alla Maledizione dell’erede, The Lying Detective ha però un’aggravante: se nel caso di Harry Potter attori, regia e messa in scena nobilitano in parte il testo di partenza, in Sherlock Benedict Cumberbatch, Martin Freeman, Una Stubs e Mark Gatiss si producono nella peggior prova attoriale offerta nella serie, e la regia non aiuta se non nel far rimpiangere Paul McGuigan ed Euros Lyn.

L’ultimo episodio, potenzialmente finale di serie, sarà da guardare indossando la spilletta “I Believe in Sherlock”.

Nota

Ho apprezzato il fatto che durante la prima mirabolante esibizione deduttiva di Sherlock in A Study in Pink, tutti gli elementi teorizzati dall’investigatore fossero giusti, tranne uno: Harry Watson era in realtà il diminutivo di Henriette, John ha una sorella e non un fratello. Allo stesso modo noi ci siamo lanciati in ipotesi sul terzo Holmes dando per scontato si trattasse di un fratello escludendo in partenza una sorella. E questa è l’unica voce presente nella lista “Elementi Apprezzati”.



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