Prima di iniziare vi devo una doverosa premessa: ritengo che vi siano pochi sceneggiatori statunitensi che possano essere paragonati, per bravura, a Brian J. Vaughan. A partire dai volumi pubblicati per le major Marvel e DC Comics, periodo che si concluderà con la pubblicazione per la Vertigo di Y: L’Ultimo Uomo
The Private Eye
Dopo il successo digitale, The Private Eye è stato raccolto e pubblicato in volume negli USA da Image Comics; da questa pubblicazione deriva l’edizione italiana sfornata dai tipi Bao Publishing, come al solito lungimiranti e attenti ad accalappiare alcune delle più interessanti novità nel fiorente sottobosco indipendente d’oltre oceano. Curiosamente, la realizzazione dell’edizione in hardcover, fedelissima nell’edizione italiana per dimensioni e formato alla controparte americana, è frutto di uno scambio di favori tra il duo Vaughan/Martín e la Image Comics, che ha portato alla scrittura e pubblicazione su Panel Syndicate di una storia autoconclusiva di The Walking Dead: The Alien ambientata nel ben noto universo narrativo creato da Kirkman.
Ambientato nel 2076, il racconto ipotizza che nel 2016 si sia assistito a un «diluvio universale» di dati, che ha reso pubblici i segreti di tantissime persone. (Un incipit che nel marzo del 2013 si poteva ancora ascrivere al genere fantascientifico. NdR) A causa dell’accaduto, internet è stato definitivamente chiuso e l’identità degli individui è divenuta nel frattempo oggetto di una severa salvaguardia; inoltre, tantissime persone indossano ormai capi d’abbigliamento, accessori, maschere per coprire i loro lineamenti, mentre in pubblico i più ricorrono ormai a nickname indispensabili per crearsi un’identità fittizia – solo in poche occasioni, quali quelle familiari o per i giovani sotto i 21 anni, è possibile mantenere la propria identità reale.
La Stampa ha subito una trasformazione, divenendo una forza di polizia e di investigazione effettiva, mentre il giornalismo d’inchiesta (e anche un’informazione indipendente) sono definitivamente scomparse. Eppure, nonostante i rischi che corrono, esistono delle persone che agiscono contro le identità alternative: sono definite Paparazzi e agiscono come degli investigatori privati a tutti gli effetti. La storia di The Private Eye ha per protagonista proprio uno di loro, che opera a Los Angeles con il nome di Patrick Immelmann.
Delineare la trama dell’opera di Brian J. Vaughan e Marcos Martín in poche righe costituisce, inevitabilmente, un tradimento della sua complessità. A una prima lettura, The Private Eye si presenta come un thriller di ambientazione fantascientifica leggermente distopica che, nelle prime pagine dell’opera, riunisce efficacemente ispirazioni e influenze provenienti da altri sottogeneri, in particolare il noir e l’hard-boiled.
Queste influenze iniziali finiscono però per essere immediatamente contaminate da altri temi, in particolare dall’emergere e dall’incontrarsi di due questioni: l’aspetto umanistico in relazione alla tecnologia e le questioni legate alle catastrofi, sia fisiche che virtuali. Qui risiede il lato più interessante di The Private Eye: Brian J. Vaughan, libero da qualsiasi direzione editoriale, può esprimere al massimo la sua capacità di sviluppare, sintetizzare e quindi rinnovare temi eterogenei e difficilmente conciliabili. Dando per assodato che la narrativa fantascientifica non sia vuota invenzione di futuro ma, piuttosto e quando ben congegnata, una metafora della contemporaneità, The Private Eye coglie e racconta le ansie, le preoccupazioni e le problematiche nascenti nel biennio 2013-2015 – angosce che oggi sembrano aver raggiunto la loro massa critica.
Su questo sfondo spiccano, in un’emblematica e ricercata riscoperta degli individui, i personaggi creati da Brian J. Vaughan e Marcos Martín. Che lo sceneggiatore di Oakland abbia una particolare abilità nel creare personaggi e costruire motivazioni, rapporti e relazioni credibili, è un dato che ormai si può dare per assodato. Se Saga non ne fosse stata una sufficiente dimostrazione,The Private Eye esalta ulteriormente questa capacità – menzione d’onore, oltre che per il duo di protagonisti, l’antagonista DeGuerre e il nonno di P.I.
Il tratto e il formato dell’opera prospettano altre questioni: Marcos Martín conferma anche in questa occasione l’abilità nel coniugare ambientazioni realistiche con individualità sopra le righe, riuscendo a ‘sfruttare’ la flessibilità della Los Angeles del 2076 per proporre figure, costumi e identità unici. Il formato dell’edizione Bao Publishing e di Image Comics mantiene i 16:9 originali, adottati in origine per semplificare la lettura da computer e divenuti nel loro strambo formato allungato un marchio di fabbrica delle produzioni targate Panel Syndicate. Una scelta volta a favorire la lettura da schermi, compresi i monitor di computer fissi e portatili, che però è occasione per il disegnatore spagnolo di proporre, attraverso l’uso di vignette quadrate e rettangolari che si sviluppano orizzontalmente, una costruzione della tavola peculiare ed esaltante.
Cosa aggiungere ulteriormente? Che dovreste leggere subito The Private Eye. Si tratta di un’opera che richiede a buon titolo attenzione e una buona dose approfondimento per dispiegare i molteplici piani di lettura insiti in essa e offrire appieno la sua straordinaria capacità di raccontare il nostro tempo e di descriverne preoccupazioni, crucci e spazi di possibilità.
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