C’era una volta un’estate esce, ahinoi, in pieno autunno e con dicembre proprio alle porte, ed è evidente che un titolo del genere (per quanto l’originale con ripetizione The Way Way Back risultasse impossibile da tradurre senza far alzare qualche sopracciglio) possa contribuire a tener lontani i potenziali interessati/curiosi dalle gelide sale di questo novembre. Tuttavia, l’opera prima del duo Nat Faxon & Jim Rash (professione attori, autoironicamente presenti anche nel film) complessivamente vale lo sforzo.
Peraltro, il titolo italiano fa pure un po’ Stand By Me
Inizialmente, Duncan ciondola ingobbito e semi catatonico tra gli elementi disturbanti della famiglia ospitante (quella di Trent): la sorella un po’ schizzata Betty (Allison Janney: era la mamma antipatica di The Help
Poi Duncan conosce Owen, impiegato di un parco acquatico (è Sam Rockwell nella solita parte del cazzaro, che, c’è da dire, gli riesce benissimo), il quale diventa per lui una sorta di mentore ‘strafumato’ e atipico padre putativo, mentre il film si trasforma in una versione puberale di Adventureland, in cui il più adulto twenty-something Jesse Eisenberg aveva già salutato l’adolescenza e si preparava a spaccarsi la testa nella maturità, con il cuore totalmente in balìa dei mezzi sorrisi sbilenchi di Kristen Stewart (qui l’interesse amoroso è la dolce AnnaSophia Robb, che ricordiamo insopportabile viziata nella Fabbrica di cioccolato e adorabile sognatrice in Un ponte per Terabithia
Se in The Way Way Back (di nuovo, un titolo da non confondere col bruttissimo e manicheo The Way Back dell’un tempo grande Peter Weir) si riunisce la coppia di interpreti di Little Miss Sunshine
La pellicola d’altronde ha tutte le caratteristiche del classico indie americano, con gli adulti che sono soggetti da manicomio (ma non troppo e mai troppo sopra le righe) e/o adolescenti impenitenti, con personaggi minori sfiziosi (come il bimbo dall’occhio “che distrae le persone”) e valida colonna sonora a supporto.
Ne risulta un prodotto tenero, un po’ titubante, grazioso senza essere superficiale, via via leggermente annacquato, con qualche azzardo registico (all’interno degli scivoli dell’acquapark si scelgono prospettive quasi da 3D, con steadycam in stile documentario realista). Sconta inoltre una parte finale un po’ imprecisa, ma si risveglia grazie ad un’ultima inquadratura che fa da spiraglio ad una soddisfacente speranza futura.
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