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Aloha: occasioni sprecate

Ricordate il mega leaks di informazioni riservate che vide protagonista Sony qualche tempo fa? Migliaia di email interne vennero rese pubbliche e dagli armadi emerse un esercito di scheletri con registi che sparlavano di attori, attori che sparlavano di registi e produttori che si lamentavano di attori, registi e sceneggiatori. Tra le tante curosità finite in pasto ai cinici saccheggiatori di notizie e gossip che affollano il web c’erano quelle inerenti lo stato di lavorazione di alcuni film. Aloha, per esempio, ultima fatica di Cameron Crowe, nonostante la sua apparente innocuità, si scoprì essere stato oggetto di infinite e feroci discussioni e litigi tra team creativo e produttivo. Ora che il film è uscito (in Italia arriva il 24 settembre) ne se capisce il motivo.

Aloha è un brutto film. Peggio, è una clamorosa occasione sprecata. Formalmente è ineccepibile, come tutti i film di Crowe: fotografia fantastica, OST pazzesca, location amena, cast di extralusso. Purtroppo, a differenza di quasi tutte le opere precedenti del bravo regista e sceneggiatore, ha uno script terribile. Terribile. Fondamenta fragilissime che fanno cedere di schianto l’intero edificio.

La storia, strampalata, ruota attorno alla figura di Brian Gilcrest (Bradley Cooper) un ex soldato, ora contractor, ingaggiato da un miliardario megalomane (Bill Murray), che vuole investire nei satelliti e organizzare un lancio dalle Hawaii. Al suo ritorno nell’arcipelago, Gilcrest si trova inoltre coinvolto in un triangolo sentimentale con l’ex fidanzata (Rachel McAdams) ed un affascinante capitano dell’aviazione (Emma Stone) che dovrebbe fargli da supervisore.

Le maggiori perplessità riguardano proprio la caratterizzazione del personaggio della Stone, molto poco credibile sia come “nativa” che come professionista (un soldato con atteggiamento contemplativo e antimilitarista? Credici!). Gli altri protagonisti appaiono bidimensionali e un po’ sciatti. Lo script, che affastella confusamente folklore e mistica hawaiana, astronomia, romance, drammi familiari e flashback bellici, di certo non li aiuta a suscitare empatia o emozioni.

Crowe, che in passato aveva sempre avuto la capacità di scrivere dialoghi brillanti e ideare intrecci e personaggi credibili, semplici, attuali, stavolta pare non sapersi decidere sul tono da utilizzare per raccontare una storia fin dall’incipit assurda, troppo verbosa e poco convincente. Momenti surreali (i migliori, ma pochi) buttati a casaccio, personaggi poco rifiniti (Murray/miliardario è terribile), altri potenzialmente validi ma poco utilizzati (Baldwin), ritmo eccessivamente lento e compassato. Insomma, stavolta, sotto il cielo delle Hawaii non accade nulla di memorabile.



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