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Doctor Strange: It’s a Kind of Magic

Stephen Strange è un brillante (ma anche saccente e borioso) neurochirurgo, che all’apice della sua carriera è vittima di un incidente stradale a seguito del quale perde l’uso delle mani. Nella disperata ricerca di una soluzione che gli permetta di guarire e tornare ad operare, intraprende un viaggio che lo porta in Nepal, dove incontra uno stregone, l’Antico, che apre i suoi occhi e la sua anima ad un Altro Mondo, fatto di speranza, nuovi poteri ma anche di una terribile minaccia…

Graziato dal miglior cast mai messo in piedi da una produzione Marvel (sedetevi: Cumberbatch+Ejiofor+McAdams+Mikkelsen+Swinton) Doctor Strange si stacca nettamente dalla classica continuity superoistica degli Avengers, per sposare un approccio più onirico, surreale e soprattutto più scanzonato e divertente (un po’ alla Ant-Man o I Guardiani della Galassiaon drugs). La sceneggiatura di Scott Derrickson e C. Robert Cargill si concentra particolarmente sul protagonista e sul personaggio della Swinton, mistico celtico e mentore del Dottore, e sul loro rapporto simbiotico. Derrickson viene dall’horror (e si vede) e riesce fin da subito a sganciare il film dal perimetro classico del “blockbuster hollywoodiano” per portarlo in una dimensione altra, aiutato anche dagli incredibili effetti speciali (che a onor del vero sono pesantemente ispirati a quelli di Inception che a loro volta dovevano tutto o quasi al genio visionario di Satoshi Kon e al suo capolavoro Paprika).

A conferire un’anima propria a Doctor Strange concorrono due elementi: l’umorismo e le interpretazioni. Quanto alle gag, non sono il massimo, ma il fatto che vengano recitate con aplomb british da un impeccabile Benedict Cumberbatch le rende irresistibili. Peccato per il doppiaggio italiano che ne appiattisce molto l’efficacia. Quanto al casting dell’attore, che dire? E’ la migliore scelta mai effettuata in casa Marvel dai tempi di Loki/Thomas William “Tom” Hiddleston e questo la dice lunga sull’aderenza tra divo e personaggio. Strepitosa, anche se il suo non può essere considerato un personaggio prettamente “femminile”, la performance di Tilda Swinton che conferisce al misterioso Antico un’aura inquietante, mistica e misteriosa, confermando di essere sempre una delle migliori interpreti sulla piazza. Occasione mancata invece per la la McAdams, totalmente sprecata e assolutamente irrilevante sotto ogni punto di vista, che va ad aggiungersi all’oramai nutrito elenco di “belle senz’anima”, tipiche delle produzioni Marvel.

Restano i soliti difetti: l’evanescenza di alcuni personaggi (Karl Mordo/Chiwetel Ejiofor che non viene adeguatamente sviluppato, oltre alla già citata McAdams) e lo scarso carisma del villain, che pur col volto dell’usualmente efficace Mads Mikkelsen non convince appieno (anche perchè non è nemmeno “il vero cattivo”…). Le carenze dello script, piuttosto lineare, vengono adeguatamente sopperite dall’orgia di effetti visivi, che in certi frangenti lasciano davvero senza fiato.

Se Marvel può essere soddisfatta per la creazione del primo episodio di un franchise molto promettente, sia in ottica di intersezione con le vicende degli Avengers, sia come saga stand alone, a vincere è comunque il pubblico, che può gustarsi finalmente un film “di supereroi” un po’ più intelligente e divertente della media, colorato e sgargiante, che offre una solida base per sequel, si spera, altrettanto validi. Ah, ricordatevi di restare assolutamente fino alla fine del film: ci sono due sequenze e la prima, quella subito dopo i “mid-credit”, è la migliore di sempre della oramai lunga storia dei Marvel movie.



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