Oggi andare su internet subito dopo aver finito un episodio di una serie tv in cerca di un recap o di un approfondimento è una comportamento normale. La lettura post-visione è ormai entrata a pieno titolo tra le pratiche di fruizione collegate alla serialità televisiva, così come il binge watching. Quando Alan Sepinwall ha iniziato a recensire episodi di serie TV però l’idea di accendere un computer per vedere cosa ne pensassero altri sconosciuti di quei 40 minuti di TV non era così scontata. Per intenderci, il suo primo recap è apparso su Usenet dopo un episodio di NYPD Blue. Oggi pochissimi ricordano ancora cosa fosse Usenet, mentre Alan Sepinwall è il critico TV per antonomasia.
Ciò che ha permesso a Sepinwall di partire dall’apprezzamento di una manciata di utenti online e diventare il critico TV più autorevole del mondo è un’abilità rara, quasi unica. In giro per la rete si trovano tanti bravi critici televisivi – personalmente ne ho conosciuti di grandiosi su Serialmente.com e alcune di loro le potete leggere ancora sulle nostre pagine. Il talento di un bravo critico consiste nel saper cogliere ed analizzare i meccanismi narrativi di uno show e gli sviluppi psicologici dei personaggi che ne fanno parte, rendendone comprensibili i significati ai lettori.
Alan Sepinwall tuttavia ha qualcosa che nessun altro ha. È in grado di capire non solo se qualcosa gli piace o non lo convince, ma anche PERCHÉ ciò avviene. Sembra una cosa da poco, ma fermatevi un attimo a pensare perchè l’ultima serie che avete visto vi è piaciuta – o non vi è piaciuta – individuandone con precisione chirurgica e razionale freddezza i motivi concreti. Difficile, vero? Bene, Alan Sepinwall non solo è dotato di questa mirabile precisione, ma è anche in grado di giungere alla conclusione del suo ragionamento entro il termine dell’episodio, pubblicando poi online i suoi recap nel giro di poche ore se non minuti.
Non stupisce dunque che Sepinwall abbia presto abbandonato i gruppi di discussione di un internet ancora agli albori per esportare il suo modello di recap sulle colonne cartacee di The Star-Ledger, un quotidiano del New Jersey. Poi Grantland.com, quindi AOLTV.com, e ora HitFix.com dove è lead television writer. Nel mezzo le sue riflessioni sulla TV sono state ospitate sul Time, sul New York Times, su Variety, e sono finite in due libri considerati tra i più importanti oggetti di critica televisiva contemporanea: The Revolution Was Televised
A questo punto non dovrebbe stupire nemmeno il fatto che Abrams Press abbia deciso di raccogliere in un volume, intitolato Breaking Bad 101, le recensioni dei 70 episodi dell’omonima serie TV, né che Damon Lindelof (Lost e The Leftovers per citare due sue celebri creazioni) abbia accettato di scriverne la prefazione, nonostante Sepinwall non gli abbia certo risparmiato stoccate nel corso della carriera – soprattutto durante la terza stagione di Lost.
Pur di fronte al più autorevole e influente critico televisivo, può aver senso un critical companion dedicato a una serie televisiva? E perchè Breaking Bad? Parto dalla seconda domanda: perchè la creatura di Vince Gilligan interpretata da Brian Cranston e Aaron Paul è considerata da Sepinwall e da molti altri come il più fulgido esempio della Golden Age televisiva vissuta negli anni ‘2000.
L’innesto,secondo Sepinwall, è merito di quelli che lui definisce in-between moments, quelle sequenze che di norma film e serie TV omettono, o meglio danno per scontate. Interludi che possono essere raccontati con una semplice inquadratura all’apparenza casuale, o riassunti in un riga di dialogo fuori scena, ma che in Breaking Bad vengono trattati come momenti cruciali e occupano abbondanti porzioni di screen time.
Per fare un esempio, nei primi episodi [NdR: sto per fare uno spoiler, se vi ho incuriosito e volete iniziare a vedere Breaking Bad può essere una buona idea saltare al prossimo paragrafo] Walt e Jesse spendono una gran quantità di tempo prima per liberarsi del cadavere di Krazy 8 e poi del disastro chimico combinato nel frattempo. Questa impostazione narrativa è stata da subito il marchio di fabbrica della serie, ancora prima delle inquadrature à-la-Breaking Bad, al punto da aver fatto scuola e aver subito alcuni tentativi di imitazione in tempi recenti.
Breaking Bad 101 è – anche – il tentativo di Sepinwall di fare ammenda per non aver riconosciuto fin subito lo show che gli (ci ) avrebbe regalato alcune delle ore più memorabili nella storia della serialità moderna. Per questo motivo il libro non è solo una raccolta delle sue recensioni – e così facendo rispondo anche alla prima domanda di qualche paragrafo fa. Il volume si apre infatti con sette recensioni inedite, tutte quelle dedicate alla prima stagione, riscritte appositamente per l’occasione in sostituzione di quelle (cinque su sette episodi) scritte all’epoca, prima di avere le idee sufficientemente chiare.
Per una serie di motivi personali – ne scrivevo su Serialmente e questo è stato il mio primo articolo su queste pagine – mi sono ritrovato a riflettere spesso sui significati di Breaking Bad, sia al tempo della visione settimanale sia negli anni successivi. Ma per quanto le vicende di Walter White abbiano saputo nel tempo offrirmi nuovi spunti di riflessione, le analisi di Sepinwall contenute in Breaking Bad 101: The Complete Critical Companion
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