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A casa prima del buio – Terzo movimento: processo alla Storia

È arrivato il momento della resa dei conti per Kristof Von Hofmann, il direttore d’orchestra più celebrato durante il Terzo Reich, il cui passaggio su questa terra è stato via via eroso dai libri di Storia, quasi una condanna postuma per ciò che ha commesso in vita, fino ad essere quasi completamente dimenticato. Se oggi il ricordo di ciò che è stato Von Hofmann ha ripreso a circolare è merito di Francesco Moriconi ed Emiliano Albano che attraverso il loro A casa prima del buio (serializzato su Lanciostory e poi raccolto in volumi da Editoriale Aurea) hanno tradotto a fumetti un’indagine storica dettagliata e minuziosa. 

INTERLUDIO: se a questo punto qualcosa vi sta già suonando molto strano, è tutto normale. Per mettere un po’ in ordine le idee e fare un po’ di chiarezza forse è meglio fare un paio di passi indietro

Marcia al supplizio, sottotitolo del terzo e conclusivo volume, chiude la trilogia di Von Hoffman rimettendo tutti i pezzi del puzzle che Moriconi e Albano hanno abilmente allestito nelle centinaia di pagine precedenti. E alla fine, tutto torna. Mi auto-cito dalla recensione del primo volume:

“Leggendo A casa prima del buio ignari della sua natura si ha spesso la sensazione di avvertire una nota stonata, come un singolo strumento in un’orchestra numerosa che suona un’ottava più in alto, impercettibile eppure impossibile da ignorare. Segni, forme e parole che rimandano a un qualcosa d’altro, una costante sfida intellettuale a cui si è sottoposti a livello inconscio. Se di norma le opere di intrattenimento rivendicano il diritto di spegnere il cervello del fruitore, il meccanismo narrativo di Moriconi e Albano si impone di mantenere sempre attive e frenetiche le sinapsi del lettore.”

Quella nota stonata non fa riferimento solo solo alla natura di mockumentary, o scherzo geniale, in cui è possibile incasellare il racconto, ma anche ai fili di trama distrattamente seminati tra le pagine, abilmente lasciati cadere con noncuranza da Moriconi, e tirati tutti all’unisono in questa conclusione, sciogliendo un nodo che appariva intricatissimo, fino al momento in cui la mano invisibile dell’autore non ha iniziato strattonare impercettibilmente la giusta estremità. 

Risolti brillantemente gli snodi narrativi, restano quelli etici e morali che la figura di Von Hoffman porta con sé da sempre e la cui mancata risoluzione ha finito per condannarlo all’oblio, forse molto più delle sue colpe vere o presunte. Perché il processo storico di superamento dei fascismi post Seconda Guerra Mondiale ha richiesto un’individuazione precisa di eroi, vittime e carnefici: ma come si fa setacciare i milioni di essere umani coinvolti in una fase storica e incasellarli tutti? Per ragionarci può essere utile partire dalle parole di Viktor, gerarca nazista e amico di Von Hoffmann, riportate qui sotto.

 

La verità, e cito ancora, è che per un problema complesso c’è sempre a portata di mano una soluzione semplice e sbagliata. E quello di Von Hofmann è un problema incredibilmente complesso, perchè costringe a confrontarsi con l’umanità del male. Talento musicale e uomo mediocre. Intimamente anti-nazista, ma collaborazionista per convenienza. Salvatore di una ragazza ebrea o manipolatore di una ragazzina? E come coniugare il disgusto per gli orrori del fronte bellico, impressi nella mentre frantuma di suo figlio Detlev, e l’amicizia di comodo con un SS? 

Non c’è via d’uscita e nemmeno figure meno profonde offrono un appiglio. Prendiamo il poliziotto Vogel, buon nazista e al contempo integerrimo ricercatore della verità e cultore della legge, la cui convinzione che Von Hofmann sia un assassino, per altro suffragata da alcuni indizi circostanziali, conduce a uno degli sviluppi più tragici dell’intera vicenda. O padre Hass, disposto a violare il segreto del confessionale per onorare la giustizia, o per un mero gusto del meschino pettegolezzo? 

Il progressivo disvelamento del tragico, e a tratti casuale, flusso di eventi che ha caratterizzato la vita di Von Hofmann porta a confrontarsi con l’innata umanità di quella banalità del male così efficacemente definita da Hannah Arendt. Nessuno si salva nel movimento orchestrale di A casa prima del buio, nemmeno Ester, eppure il talento di Moriconi si riconosce nella capacità con cui sfugge al facile assioma “tutti colpevoli, quindi tutti innocenti”. 

Ci sono decine di sfumature di colpevolezza nella vicenda Von Hofmann e ciascuno deve gestire la sua, senza illudersi che le motivazioni, in taluni casi persino nobili, per cui ciascuno ha fatto ciò che ha fatto possano essere in qualche modo di assoluzione. Quella, al massimo, può arrivare solo davanti alla legge, quando un avvocato abbastanza bravo riesce a presentare un versione dei fatti che risuoni in sintonia con l’interpretazione degli stessi formatasi nella testa di un giudice. 

L’assoluta vastità e complessità etica delle tematiche trattate da A casa prima del buio, e di conseguenza delle domande e delle riflessioni che da queste inevitabilmente sorgono, fanno del fumetto i Moriconi e Albano una delle opere più interessanti del panorama nostrano degli ultimi anni, anche se come spesso accade in questi casi non ha goduto del seguito che meriterebbe. 

Altrettanto meritevole è l’evoluzione grafica di Emiliano Albano, qui giunta a pieno compimento. Le piccole incertezze del primo volume sono un ricordo del passato: Albano ha trovato un suo tratto e un stile, forte, deciso, che incorpora riferimenti fotografici e volti celebri, fusi in una rielaborazione personale che non lascia dubbi sul talento. Il suo approccio fatto di neri densi, in cui le scene notturne sono attraversate da un atmosfera densa e nebbiosa, rende riconoscibile e indimenticabile l’atmosfera che accompagna quest’ultimo volume di A casa prima del buio.

La tensione costante che lega questi episodi finale vibra attraverso i toni da film noir infusi da Albano nelle sequenze ambientate nel 1942 e si amplifica grazie all’efficacia delle espressioni che accompagnano i faccia a faccia tra i protagonisti, campi e controcampi in cui si dipanano tutte le questioni in sospeso. 

Conclusa questa epopea, con dubbio finale muto potente e di grandissimo effetto, non resta che attendere l’uscita in volume di questi ultimi capitoli (e perchè no, di una raccolta completa) per poi iniziare a fantasticare sui prossimi progetti su cui al momento Moriconi e Albano saranno sicuramente e segretamente al lavoro (insieme?). 

 



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