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The Avengers – Age of Ultron: Il giocattolo non si rompe

Che alla Marvel i team-movie riescano di solito meglio di quelli, pur validi, dedicati ai singoli eroi è oramai una tradizione consolidata. A confermare questa tendenza è il secondo episodio della saga di The Avengers che, pur tradendo in parte la sua funzione di film-ponte, necessario per far evolvere la continuity del Marvel Universe, conferma l’abilità registica di Joss Whedon, anche questa volta a suo agio nella gestione della quantità spropositata di personaggi che si trova a dover mettere in scena.

Age of Ultron è la cronaca del pasticciaccio brutto (e relative catastrofiche conseguenze) commesso da Tony Stark, che temendo che gli Avengers “non bastino” crea un esercito di robot capeggiato da Ultron, un mech dotato di un’intelligenza artificiale che si ispira a quella del suo creatore, ma che poco tempo dopo la sua attivazione prende coscienza di sé, rendendosi conto che la peggiore minaccia per la Terra sono gli esseri umani (la stessa conclusione a cui erano arrivati prima di lui Gaizok, Hal, Wopr, Skynet…). Il gruppo di eroi si trova quindi a fronteggiare un nemico cresciuto in casa e la squadra, fatalmente, rischia di sfaldarsi.

Sia che lo si consideri come film a sé stante o come l’ennesimo episodio di una saga oramai quasi decennale e le cui tappe future sono già ampiamente programmate, Age of Ultron funziona. O, per lo meno, soddisfa coloro che si aspettano intrattenimento brillante, tanta azione ed effetti speciali spettacolari (e sotto quest’ultimo punto siamo davvero arrivati a livelli insuperabili). Tutto questo c’è in abbondanza: un’opera più complessa rispetto al prequel, più dark, più spettacolare, altrettanto divertente e maggiormente omogenea sotto il profilo della narrazione (meno tempi morti e…più botte!).

Cambiano invece, e piuttosto radicalmente, le relazioni tra gli eroi ed il loro ruolo nell’arco narrativo. Se il primo The Avengers (che da queste parti era piaciuto parecchio) vedeva Iron Man leader indiscusso del team, stavolta il suo ruolo è più defilato e la sua verve ironica è stata saggiamente distribuita su tutti i personaggi.

Ottime e abbondanti le new entry. Ultron è un discreto villain (peccato però perdersi il doppiaggio originale di James Spader); Visione ha un enorme potenziale e permette finalmente al ciarliero Paul Bettany (ex-Jarvis) di mostrare finalmente il suo volto; contrastanti le performance dei due “superumani”: discreto Aaron Taylor-Johnson/Pietro Maximoff/Quicksilver (che perde la sfida a distanza con lo scanzonato e irriverente personaggio visto in X-Men e interpretato da Evan “American Horror Story” Peters ), convincente Wanda Maximoff/Scarlet, una Elizabeth Olsen carismatica e sensibile.

Whedon sa fare cinema popolare, nella sua migliore accezione, quello che “andiamo a vederlo un’altra volta?” e “hai visto quel dettaglio/chicca/particolare?”. Age of Ultron, pur non avendo molto a che fare con la sua controparte “reale” fumettistica, le rende pieno omaggio. Tutte le caratteristiche tipiche dei comics Marvel trovano una felice rappresentazione nel contesto cinematografico: c’è l’umano, il fantastico e l’inverosimile.

Considerando che, dopo qualche tentativo meno riuscito, oggi la casa produttrice è riuscita a trovare la perfetta armonia tra prodotti piacevolmente ipertrofici e testosteronici (Avengers ed eroi vari), scanzonati e sardonici (I Guardiani della Galassia) e più attenti all’”uomo” e alle motivazioni che spingono gli eroi a fare quello che fanno, meno allo spettacolo tout court (la serie di Daredevil), l’unica cosa che noi spettatori possiamo fare è sederci su una comoda poltrona, fare il pieno di popcorn e bibite e goderci lo spettacolo.



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