X-Men – Days of future past: tutti insieme appassionatamente?

Days of future past è considerata una pietra miliare nel mondo dei comics e, forse, la più matura, appassionante e sbalorditiva avventura degli X-Men. Portarla sul grande schermo era un’impresa quasi impossibile, pari forse solo a quella tentata (e parzialmente riuscita) anni orsono da Zach Snyder con Watchmen. Nonostante gli sforzi profusi tuttavia, a cominciare dalla riunione di un cast eccezionale, Bryan Singer non è riuscito del tutto a centrare il bersaglio.

In un futuro alternativo, le Sentinelle, originariamente create per distruggere i mutanti, grazie alla capacità di adattarsi ai loro poteri, hanno ridotto in schiavitù l’intero genere umano. Un drappello di eroi superstiti gioca l’ultima carta: far tornare la mente di Wolverine (primo, enorme ma comprensibile cambiamento rispetto al plot originale) nel passato per avvertire tutti gli altri ed evitare le catastrofiche conseguenze che le azioni di alcuni mutanti avranno nel futuro.

Comics e cinema sono media diversi, quindi non sarebbe corretto fare le pulci a Bryan Singer e Simon Kinberg (autore della sceneggiatura) per i cambiamenti apportati alla storia e al peso dei vari personaggi nell’arco narrativo. Tuttavia, valutando Days of future past non solo come pellicola a sé stante, ma anche alla luce del superbo X-Men – First Class, non si può nascondere un certo disappunto.

La prima cosa che colpisce negativamente è la discutibile gestione del personaggio di Quicksilver (qui interpretato da Evan Peters e che avrà invece il volto di Aaron Johnson nel prossimo episodio degli Avengers), presentato come meglio non si potrebbe e poi abbandonato nel nulla. Per quanto comprensibile poi, la dose di “spiegoni”, evidentemente ritenuti necessari per permettere a tutti di comprendere l’intreccio e mantenere una accettabile continuity, stavolta è davvero oltre i limiti tollerabili.

Anche il mega-cast, in linea di massima, è un po’ sotto tono. Quasi tutti i protagonisti della prima trilogia sono relegati a ruolo di semplici comparse, con l’ovvia eccezione di Wolverine, vero collante di tutto il film e de facto, dell’intera saga. Le “vecchie new entry” arrivano sulla scena senza presentazioni (Blink, Alfiere etc.) e non incidono minimamente sulla storia, idem dicasi per il pur bravo Dinklage nei panni di Bolivar Trask, villain ben poco incisivo. Il magico terzetto composto dalla Lawrence (bella senz’anima, stavolta) e dal duo McAvoy/Fassbender sembra meno convinto (e convincente) rispetto a First Class. Tra tutti svetta Hugh Jackman, molto bravo ad infondere umanità e una spiccata verve ironica al suo Wolverine, memoria storica del passato, del presente e del futuro, ed indiscusso protagonista di un finale emozionante e commovente.

Al di là dei grandiosi effetti speciali, di un’ottima seconda parte e dell’effetto wow per l’apparizione contemporanea di tante stelle hollywoodiane, X-Men – Days of future past sa di occasione sprecata: troppi personaggi vengono inseriti nel contesto solo per far numero e alcuni spunti potenzialmente interessanti (il razzismo antimutante di Trask) vengono appena sfiorati. Certo, a fare da contrappeso e a rendere comunque godibile il film ci sono sequenze altamente spettacolari e l’esilarante sequenza dell’evasione di Magneto, ma forse, date le premesse, era lecito aspettarsi qualcosa di più e First Class, pur meno ambizioso, resta ancora una spanna sopra. A questo punto non resta che aspettare l’Apocalisse…