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Suicide Squad: tanta roba, troppo in fretta

Amanda Weller, mente e deus ex machina senza troppi scrupoli della Task Force X, un ente governativo che veglia sulla sicurezza degli Stati Uniti d’ America e del mondo, decide di ricorrere ad un gruppo di supercriminali, denominato Suicide Squad, molti dei quali sbattuti dentro da celebri supereroi, per portare a termine missioni ad altissimo rischio. Assemblato il team però, qualcosa va storto e la Squadra deve mettersi al lavoro ben prima di quanto originariamente pianificato…

La fretta, la fretta, la fretta. Dopo aver resettato più volte la partenza della propria saga cinecomica, Dc e Warner hanno evidentemente deciso di bruciare le tappe e utilizzare un paio di film per presentare un numero di personaggi che Disney e Marvel hanno spalmato nell’arco di dieci anni e una mezza dozzina di pellicole. Ecco il vero problema di Suicide Squad, che soffre di difetti non troppo dissimili rispetto a quelli che hanno depotenziato il valore di Batman Vs. Superman. La prima mezz’ora di film è epifanica: considerando che, Joker a parte, quasi nessun spettatore “casual” (oddio, speriamo di non dover iniziare a fare distinzioni anche qui) conosce i protagonisti della storia, Ayer e soci li presentano con uno dei più lunghi “spiegoni” della storia del cinema, non lasciando assolutamente nulla alla fantasia ed immaginazione dello spettatore.

Così veniamo a sapere che Deadshot (un ottimo Will Smith) sarà il cattivo ma, tenendo famiglia, alla fine farà il buono della situazione, che Harley Quinn (una Margot Robbie di abbacinante bellezza perfetta per una parte tutto sommato facile) sarà la scheggia impazzita e che buona parte del resto della banda sarà composta da comprimari con due o tre linee di dialogo, con l’unica notabile eccezione di Chato Santana / El Diablo, unico elemento che viene effettivamente costruito dalla sceneggiatura e ha un minimo di sviluppo nel corso del film. Basta paragonare questa partenza con l’incipit de I Guardiani della Galassia (dove si partiva da zero) per vedere la netta e forse incolmabile distanza in termini di scrittura, messa in scena e validità strategica dei progetti Dc e Marvel. A tutto vantaggio di questi ultimi, chiaro.

Suicide Squad è pieno di incertezze e rappresenta una clamorosa occasione mancata, perchè i personaggi sono, almeno sulla carta, tutti potenzialmente interessanti. Purtroppo la sceneggiatura di David Ayer (pessimo anche come regista) non riesce a valorizzarne che un paio e fatica a trovare spunti narrativi convincenti per la maggioranza del gruppo di antieroi (sostanzialmente inutili appaiono ad esempio George “Digger” Harkness / Capitan Boomerang e June Moone / Incantatrice, quest’ultima interpretata come peggio non si potrebbe dalla pessima Cara Delevigne, la cui carriera attoriale resta tutt’ora un mistero irrisolto). Menzione di (dis) onore per il tanto chiacchierato Joker interpretato da Jared Leto, che ha uno spazio minimo nel film e che in ogni caso impallidisce di fronte alle versioni Nicholson/Ledger.

Mattone fragile e instabile nella costruzione della saga Dc, Suicide Squad fatica a convincere anche come opera stand alone. La creazione del villain è sciatta e superficiale, spesso non vengono rispettate nemmeno le più elementari relazioni causa-effetto e anche stavolta al povero Affleck/Batman tocca il ruolo diretto o indiretto di collante tra pellicole che soffrono a causa di una strategia non accuratamente pianificata.

Una cosa però davvero eccelsa, Suicide Squad, ce l’ha: la musica. Compratevi la OST e passate oltre.



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