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Devs: Garland affascina trattando multiverso e libero arbitrio

The sense that you were participating in life was only an illusion.

Non sarà una miniserie televisiva ad avere l’ultima parola su questioni filosofiche, scientifiche e spirituali che dalla notte dei tempi tengono sveglio il genere umano e lo motivano verso la continua indagine dell’universo che abitiamo, ma Devs, a firma di Alex Garland (Ex Machina, Annihilation), regala una storia foriera di interessanti spunti di riflessione che in ultima analisi risultano ancora più avvincenti della serie stessa che purtroppo nel finale sconfessa in parte i suoi assunti.

Con Devs Garland confeziona una miniserie dotata di ammaliante eleganza con soluzioni visive che operano una perfetta sintesi tra lusso e funzionalità. Al mondo simmetrico, dorato e scintillante all’interno di Amaya, in cui albergano scienza e fisica, si oppone una statua gigante, inquietante e kitsch, di una bambina morta che sovrasta l’intera struttura come memento di un padre in lutto. In questo contrasto c’è la chiave di lettura della serie e dello stesso finale.

[Da qui in avanti SPOILER anche sul finale]

Forest è fondatore e capo di Amaya, l’azienda grazie alla quale ha messo a punto Devs, un sistema che consente di riprodurre e rendere visibile su uno schermo qualsiasi fatto o evento sia mai accaduto a partire dalla nascita dell’universo. Non si tratta però di semplici immagini proiettate come in un cinema: quello che viene mostrato è esattamente quello che sta accadendo. All’inizio le immagini sono sgranate e il suono sporco, ma grazie all’intuizione di Lyndon, uno dei giovani fisici di Forest, il problema viene risolto aggirando l’ostacolo. Lyndon si affida alla teoria dei many worlds  per la quale esistono infiniti mondi in cui si realizzano tutte le infinite scelte che non compiamo nel mondo di cui siamo coscienti. Pescando dagli altri universi Lyndon è in grado di avere i dati da integrare nel sistema. Stratagemma che gli costerà il licenziamento: gli altri mondi, per quanto possano essere praticamente simili, o indistinguibili dal nostro in alcuni momenti, non sono comunque il nostro. Cute party trick, Lyndon dice Forest specificando che la voce di Gesù che hanno appena ascoltato distintamente non è quella del Gesù della nostra Storia, ma di un Gesù da una Storia, anche se la differenza potrebbe essere impercettibile.

Concetto frastornante per le sue implicazioni, sempre lì lì pronto a sfuggire una volta che si pensa di averlo afferrato e Garland, purtroppo, rende il compito dello spettatore ancora più arduo quando decide di trivializzare Devs e di usarlo come mero device per illustrarci il passato di alcuni personaggi.

Il messaggio è che grazie a Devs non stiamo assistendo ai soliti flashback, ma esattamente a quello che sta accadendo nel momento in cui guardiamo. La finezza però è talmente pretestuosa da non far arrivare chiaramente il messaggio e così le scene che scorrono sono narrativamente indistinguibili dai classici flashback. Ma l’escamotage serve anche per unire due linee narrative: una molto interessante che riguarda ciò che accade dentro Amaya, e un’altra piuttosto banale che riguarda Lily, una ragazza brillante e tenace che indaga sulla morte del fidanzato avvenuta proprio all’interno dell’azienda. Peccato che Garland non riesca a far interessare alla coppia, e ancora meno alla sorte del ragazzo, e senza investimento emotivo la vicenda di Lily risulta una fastidiosa interruzione di ciò che avviene intorno a Devs. Per fortuna Sonoya Mizuno è dotata di un insolito magnetismo in grado di riscattare seppure parzialmente la sua storyline.

Lo sguardo della macchina non è solo all’indietro, ma si rivolge anche a quel luogo quasi filosofico di spaziotempo che chiamiamo futuro, e questo è possibile perché la teoria di Forest e del suo braccio destro Katie è quella di un universo deterministico e predittivo governato dalla legge di causa-effetto. Tutto ciò che avviene non potrebbe essere altrimenti che così – non esiste libero arbitrio – e quindi con sufficienti dati a disposizione e un sistema adeguatamente potente per elaborarli, le conseguenze di ogni più piccolo gesto o grande evento sono matematicamente prevedibili. Sempre. Non esiste nulla di casuale, di random, di inaspettato, non scegliamo ma eseguiamo.

La teoria dell’universo deterministico è quella su cui Forest punta tutto sé stesso, come scienziato e come uomo: ha bisogno di dimostrare che non esista libero arbitrio e che le scelte sono sono un’illusione perché solo così può sopportare il senso di colpa per aver involontariamente causato la morte di moglie e figlia.

Quando i sentieri di Forest e Katie da una parte, e quello di Lily dall’altra, finalmente si incontrano per giungere a una conclusione, la serie dà finalmente il meglio di sé concentrandosi su Devs, e trattando le implicazioni scientifiche, esistenziali ed etiche della sua esistenza. Nel momento in cui i tre protagonisti sono riuniti hanno a disposizione una conoscenza del futuro che va da quel momento a pochi minuti successivi, perché per qualche motivo imperscrutabile il sistema non riesce ad andare più in là nel futuro. L’evento che impedisce a Devs di vedere più in là è l’atto di disobbedienza di Lily che, contrariamente a ogni aspettativa e predizione, compie una libera scelta anche se il risultato porterà alla conclusione predetta.

Quindi è possibile agire in modo imprevedibile, l’universo ammette decisioni imperscrutabili, oppure Devs è stata condizionata dalla soluzione many worlds di Lyndon? La mia interpretazione punta su quest’ultima soluzione, lo stesso Forest dice infatti a Lyndon prima di licenziarlo “Every time you run the system, you’ll get a different outcome” anche se magari diversi per un dettaglio trascurabile. Ma non è sempre detto. Garland, però, non solo non fornisce una risposta, ma a questo punto sposta il baricentro della discussione per chiudere con un finale pressoché identico sia a quello di San Junipero che alla puntata di Black Mirror USS Callisterepisodi che però partivano da premesse completamente diverse da quelle di Devs.

Lily e Forest sono morti, ma le loro coscienze continuano a vivere all’interno di Devs che le ricolloca in un universo identico a quello conosciuto in cui però entrambi hanno avuto ciò che desiderano: Forest la sua famiglia viva e felice, e Lily la consapevolezza dei fatti futuri e quindi la possibilità di compiere la scelta giusta (lasciare Sergei e tornare da Jamie). I due vivranno quindi in una simulazione al computer indistinguibile, per loro come per tutti gli altri che la popolano, dalla realtà. A queste condizioni la scelta di Forest – chiedere a Katie di farlo rivivere in questo universo dopo la sua morte – sconfessa le premesse della serie e abbandona di colpo ogni indagine scientifica e filosofica perché i protagonisti hanno avuto, in un mo(n)do o in un altro il loro lieto fine. Per citare Forest: “Cute, Garland, cute party trick”.

Note

Viene rivelato che Devs è in realtà da leggersi Deus, la U è infatti scritta a carattere romano. In questo modo Garland gioca metatestualmente con il suo di Ex Machina visto che sappiano che la citazione completa è Deus ex machina.

Nell’ultimo episodio lo scambio mostrato da Devs tra Lily e Forest riguarda le figure messianiche. Forest dice:  “You know what happens to messiahs, right? They get resurrected”. Ma quando si manifesta uno scenario diverso, quello in cui Lily  getta via la pistola, la ragazza dice a Forest  “You know the thing about Messiahs, don’t you? They’re false prophets.” Il primo evento storico a cui assistono è la crocifissione di Gesù ma a nessuno viene in mente di sincerarsi della sua resurrezione o meno, che è l’unico vero evento importante della vita di Gesù: non che sia nato, abbia predicato, e sia morto crocifisso. La religione cattolica si fonda sulla resurrezione, tolta quella non esiste nulla. Parimenti di Forest non vediamo la resurrezione, da vero Messiah, ma lo vediamo artefice di un mondo a cui però qualcun altro può staccare la spina.

A interpretare Lyndon, personaggio cis di sesso maschile, è un’attrice, Cailee Spaeny. Garland cercava un ragazzino, dai lineamente delicati e che non desse l’idea di farsi la barba tutte le mattine. Non è riuscito a trovare un attore che avesse quell’aspetto ma al contempo la maturità artistica giusta per interpretare il ruolo. La scelta è quindi caduta su una ragazza e Spaney è stata scelta immediatamente.



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