“…it’s not gloomy but rather murky. You have no choice but to follow the path you took because the forest will get only darker with stormy weather“.

Killing Eve è una delle serie dell’anno e non perché sia terminata a fine maggio scontrandosi quindi con solo i primi mesi di programmazione, ma perché è uno di quegli incontri affascinanti, avvincenti e portatori della sensazione del nuovo, che non importa ciò che verrà dopo, sappiamo già che nella sua categoria non teme confronti.
L’apprezzamento è stato unanime ma, in modo curiosamente e bizzarramente appropriato, nel solco della vita che imita l’arte, il migliore pezzo di critica – di cui ho riportato una citazione in apertura – è stato scritto a insaputa dell’autrice del pezzo stesso. Passo a spiegare.

Kamila Aubre è una profumiera belga che di colpo vede impennare la vendita di un profumo in particolare che ha destato un’improvvisa quanto apparentemente immotivata ondata di curiosità. La creazione che ha suscitato tanto interesse è chiamata Villanelle, esattamente come il nome in codice di una delle due protagoniste della serie. Nel libro – Nome in Codice Villanelle, per l’appunto – la scelta è così spiegata

It’s called Villanelle – said the assistant. “It was the favourite scent of the Comtesse du Barry. The perfume house added the red ribbon after she was guillotined in 1793

Prima dell’inizio della lavorazione della serie non esisteva un profumo con questo nome, e da ricerca risulta che il preferito da Madame du Barry fosse l’Eau de Cologne, ma naturalmente chi ha seguito la serie non ha potuto fare a meno di chiedersi se esistesse davvero questa fragranza, partire alla caccia e procurarsela, tanto più che il profumo Villanelle, realizzato dalla omonima protagonista, ha un ruolo centrale nello snodarsi degli eventi raccontati.

La creatrice del profumo per la scelta del nome si è ispirata al titolo di una poesia e, nel dare un’idea dell’esperienza sensoriale che vorrebbe evocare, invita a pensare a una tempesta nel mese di maggio, al momento in cui la luce del giorno sfuma nel crepuscolo fino a cedere il passo all’oscurità, quando il cielo proietta un’ombra che intorbidisce l’umore e si ha la sensazione che qualcosa stia per accadere; la tempesta si avvicina e il sentiero che attraversa la foresta si fa sentire umido sotto i nostri piedi mentre il vento scuote gli alberi spargendo e unendo l’odore delle fronde, degli animali selvatici, della pioggia. Il profumo è stato realizzato in modo da suggerire un principio di oscurità.

Questa descrizione – che ho un po’ tradotto, un po’ sintetizzato – sembra catturare anche l’essenza di Villanelle, così giovane, fresca, apparentemente piena di vita come il mese di maggio, ma pericolosa e improvvisa come una tempesta dalla quale l’altra protagonista, Eve, non sa se dover fuggire o andare incontro elettrizzata dalla carica e dal fascino di qualcosa di così potente e primordiale.

Ecome un profumo, Killing Eve è seducente e femminile, a partire dal cast in cui brillano Sandra Oh (Eve) e Jodie Comar (Villanelle) i cui ruoli sono graziati dalla scrittura arguta, brillante e irridente di Phoebe Waller-Bridge che adatta personalizzando i romanzi di Luke Jennings. La serie, pur restando formalmente legata ai topoi dello spy thriller, supera e trascende il genere, rinnovandolo e cambiandone i connotati esattamente come il profumo giusto può alterare l’essenza di una persona senza di fatto cambiarla.

La chiave di lettura della serie ci viene offerta subito da Eve Polastri, l’agente del MI5 desiderosa di accedere alle indagini sul campo. Eve intuisce che il killer, a cui la sua agenzia sta dando la caccia con scarso successo, è una donna: lo ha dedotto dal vaglio di diversi particolari che si fondono nella constatazione – vera tanto per la fiction quanto per la realtà – che il mondo non percepisce le donne come una minaccia e questo pregiudizio regala alla killer una sorta di mantello dell’invisibilità. Le donne non vengono giudicate pericolose, dalle vittime come dagli investigatori, ma non certo perché al “gentil sesso” viene riconosciuta una natura superiore votata al bene: semplicemente – e offensivamente – le donne vengono sottovalutate perché l’essere nella posizione di procurare un danno, o costituire una minaccia, prevede una serie di abilità e qualità di cui le donne vengono giudicate prive. Forse una donna può incautamente innescare una situazione di pericolo, ma più per un atto colposo che per un preciso e deliberato calcolo. Villanelle ed Eve sono qui a dimostrarci l’opposto – ciascuna nel rispettivo ruolo di agente e assassina internazionale – e a dare una nuova, rinvigorente lettura all’espressione cherchez la femme.

Villanelle può muoversi indisturbata e nascondersi in plain sight per il semplice fatto di essere giovane e bella, valutata di conseguenza come innocua o meramente funzionale al piacere maschile. Nel pilot ne abbiamo un esempio lampante. In una villa toscana un bambino prima, e suo nonno bersaglio di Villanelle dopo, non si allarmano minimamente per la presenza di una sconosciuta nella dimora in occasione di una festa in famiglia: per il bambino una donna, seppure estranea, è una presenza priva di alcun connotato di pericolo, per l’adulto la vista di una bella ragazza è sì motivo di sorpresa, ma del tipo piacevole e benvenuto, ed è un attimo che l’uomo valuti la bella estranea come “a sua disposizione”. Ovviamente questo sarà un errore di valutazione mortale.

Villanelle è gestita da Konstantin, con il quale sembra aver sviluppato quasi un rapporto padre-figlia, ma è lei a permettergli di farsi gestire perché quella è la via migliore per appagare il suo desiderio di vivere come una globetrotter dell’assassinio. Grazie a Kostantin può fare quello che le viene meglio e le procura maggior piacere, senza doversi preoccupare di dettagli fastidiosi, per poi tornare a vivere nel suo appartamento di Parigi e divertirsi nell’imitare la normalità affettiva delle persone comuni. Villanelle è infatti una psicopatica amorale ed egotica, priva di qualsiasi traccia di empatia, ma a suo modo irresistibile per via della sottile ironia, della giocosa impudenza, e quella leggerezza così attraente. A volte sembra quasi possa provare sentimenti, perfino dispiaceri, ma in realtà la ragazza è in grado di avvertire solo disappunto e contrarietà quando un piano subisce una battuta d’arresto, o essere ossessionata da una persona in un modo che può essere di primo acchito scambiato per passione o amore.

Eve è la prima a riuscire a essere sulle tracce di questa enfant prodige del crimine internazionale perché è la prima a individuarla, la prima a capire e credere che una donna – una giovane donna nondimeno – possa essere implacabilmente letale. Quando le viene offerta l’opportunità di far parte di una task force segreta costituita appositamente per dare la caccia a Villanelle, Eve non solo vede davanti a sé l’occasione della vita, ma non si lascia dissuadere neanche dal giustamente preoccupato marito: semplicemente la vita casalinga e il lavoro d’ufficio non la realizzano come persona e, pur non avendo alcuna preparazione per un incarico del genere, l’intraprendenza, lo spirito d’iniziativa, e il non accontentarsi della spiegazione più semplice unitamente a una propensione a fare di testa propria anche contro ordini diretti dei superiori, la porteranno a raggiungere Villanelle. Ma alla fine, più che una caccia, sembra quasi che le due si stiano preparando per un appuntamento tale è l’attrattiva e la curiosità che l’una esercita sull’altra.

Phoebe Waller-Bridge è stata enorme nell’orchestrare una serie il cui carattere più evidente è l’essere uno spasso, nonostante offra numerose uccisioni e una certa dose di sangue, ma per chi l’ha conosciuta in Fleabag questo elemento non è precisamente una sorpresa.

Fleabag è un dramma brillantemente travestito da commedia, dove l’angoscia, la paura e la lacerante insicurezza di una giovane donna sono genialmente mascherate da un atteggiamento allegro, sfrontato, leggero e facilmente bollabile come superficiale. Lo humor nero, e il talento nel catturare l’attenzione dello spettatore, sono riproposti in Killing Eve affinati e sublimati da un (evidentemente ottimo) materiale di partenza che ha permesso all’autrice di esaltare il suo stile misurandosi con un thriller internazionale che spazia tra Londra e Mosca, e da un casting particolarmente ispirato.

Affiancata alle protagoniste, una menzione d’onore va a Fiona Shaw, il leggendario agente MI6 il cui ruolo, come tutta la serie, sfida le convenzioni del genere. L’attrice interpreta una super spia che, oltre a essere versata tanto nel gioco d’astuzia quanto in quello di forza, usa disinvoltamente la seduzione: e fin qui nulla di nuovo se non fosse per il fatto di non essere di fronte alla solita bellezza giovane e conturbante, ma al cospetto di un’attrice di 59 anni che gioca in modo convincente su un terreno entro il quale da sempre vengono impiegate attrici giovani, come se seduzione, sesso e il potere/piacere che ne derivano possano essere prerogativa di uomini di tutte le età ma, al femminile, solo di donne giovani, canonicamente belle e mai in una reale posizione di potere.

Killing Eve è stata rinnovata da BBC America per una seconda stagione.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , , , , , , , , , , , , ,
Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

Similar Posts
Latest Posts from Players